«Se non permetti a mia madre di vivere con noi — chiederò il divorzio»: e lui lo fece…
Un uomo che giura amore eterno può diventare uno sconosciuto in un attimo. Soprattutto quando ti trovi a scegliere tra salvare la famiglia o salvarti dall’essere schiacciata. Io l’ho vissuto.
Quando io e Luca ci sposammo, non avevamo una casa nostra. Vivevamo con i suoi genitori in un bilocale: stretto, ma sopportabile. Finché un giorno il patrigno non tornò a casa e trovò sua moglie, Luisa, con un amante. Più giovane, arrogante, che le sussurrava di orizzonti nuovi e «montagne d’oro». Ma con una condizione:
«Vendi l’appartamento. Trasferiamoci in un’altra città. Ricominceremo da zero.»
Cercammo di far ragionare Luisa:
«Ti sta ingannando. Rimarrai senza un tetto.»
Ma lei rise sprezzante:
«Siete solo invidiosi della mia felicità. Non immischiatevi.»
Una settimana dopo, eravamo per strada con un neonato. L’appartamento era venduto e noi, cacciati. Luca lavorava giorno e notte, io stavo a casa con il piccolo e scrivevo tesi per studenti fino a tardi. A malapena riuscivamo a pagare l’affitto, ma resistevamo per il futuro.
Stavamo per chiedere un mutuo, quando il destino ci sorrise: morì mia zia, senza figli. Nel testamento, mi lasciò un appartamento a Bologna. Spazioso, luminoso, con finestre sul cortile. Con i soldi risparmiati per l’anticipo, facemmo qualche ristrutturazione. Finalmente, potevo respirare.
Ma la pace durò poco.
Una sera, mentre lavavo i piatti dopo cena, bussarono alla porta. Era Luisa. Il viso gonfio di pianto, gli occhi da cagnolina maltrattata.
«Figlioli… mi ha cacciato… Ho perso tutto. Sono qui con una valigia. Aiutatemi…»
Io e Luca ci scambiammo un’occhiata. Vidi il suo sguardo farsi tenero. La prese per le spalle, la fece sedere in cucina, le versò un caffè. Io rimasi immobile, sentendo solo un dolore sordo. Avevamo cercato di avvertirla, di supplicarla. Lei non ci aveva ascoltato, anzi, ci aveva cacciati quando ancora potevamo essere felici.
Luca mi guardò:
«Non può farcela da sola. Non possiamo abbandonarla. È mia madre.»
Stringevo le labbra:
«Ci ha gettati via come spazzatura. E ora vuoi che viva con noi? Qui, dove finalmente abbiamo ricominciato?»
Luisa non stette zitta:
«Figlio mio, non posso vivere per strada… Aiutami… Ho capito, non lo farò più…»
E lui pronunciò le parole che mi spezzarono:
«Se non accetti che mia madre resti con noi, ti lascio.»
Per un attimo, il mondo si fermò. Ma rimasi calma. Si dice che prima della fine, l’anima tace.
«Bene» dissi. «È la tua scelta. Ma lascia le chiavi. Qui vivrà solo chi mi rispetta.»
Una settimana dopo, chiese il divorzio.
Se ne andò. Con sua madre. In un appartamento in affitto. Io rimasi sola, con mio figlio e il cuore a pezzi. Ma non ho rimpianti. Perché non ho aperto la porta a chi mi aveva tradita, né ho permesso a un uomo di decidere con chi condividere la mia casa.
L’amore non dovrebbe imporre condizioni. Soprattutto queste.
Ora so che la famiglia non è solo sangue. È rispetto. È saper tracciare confini. È la scelta che fai quando tutto va male. Luca ha scelto. E io anche.