Caro diario,
«Se riesci a sistemare questo motore, ti do il mio ruolo», disse il capo, ridendo.
Io, Ginevra Bianchi, non ho sorriso come gli altri.
Conosco quel ragazzino. Ogni settimana appare con una vecchia borsa chiedendo le riviste tecniche che vanno a finire nella spazzatura, sperando di portarsi a casa manuali strappati, cataloghi datati, qualsiasi foglio con un disegno di parte o uno schema elettrico.
Allinizio alcuni venditori lo prendevano in giro.
Bambino che raccoglie rifiuti, intralcia i clienti
Ma non ho mai permesso che lo cacciassero via.
Adesso, se avessi la metà della curiosità che ha lui, la concessionaria sarebbe già doppiata. Lo guardo accovacciato davanti a un motore che sembra un mostro smontato. Gli occhi stretti, le dita sottili toccano ogni componente come se volessero percepire una storia invisibile.
Sospirando, prendo la bottiglia dacqua e scendo in officina.
Non hai ancora pranzato, vero? chiedo, appoggiandomi a una colonna senza invadere il suo spazio.
Luca si sobbalza alla mia voce. È talmente immerso nel groviglio di cilindri, tubi e sensori da aver dimenticato lo stomaco.
Signora Bianchi balbetta, imbarazzato. Non ancora. Volevo approfittare che gli altri fossero a pranzo per mettere ordine qui.
Guardo il banco. I pezzi, un tempo sparsi a caso, ora sono classificati: viti secondo dimensione, anelli di tenuta disposti a collana, ingranaggi più grandi stesi su panni puliti.
Hai un metodo commento, colpita. Non è solo coraggio, è anche cervello.
Lui sorride a mezza bocca.
Nei libri si dice che chi non capisce la logica si limita a memorizzare. Quando arriva un problema diverso, si perde risponde. Io preferisco capire, perciò impiego più tempo allinizio, ma poi
Si interrompe, incerto se dire troppo.
Apro la borsa e tiro fuori due panini avvolti in carta da forno.
Prendi offro. Li ho comprati per me, ma tu ne hai più bisogno oggi.
Luca esita.
Non ho i soldi per pagare.
Pagami quando sarai direttore, allora ribatto, ironica. Mangia subito, prima che il signor Alessandro torni con quel sorriso insopportabile.
Il ragazzino non ha più bisogno di spintare. Mentre morde il pane, lo osservo. Vedo non solo un ragazzo magro in abiti semplici, ma ricordo la signora Giulia, anni fa, che entrava nella concessionaria con un panno in mano e occhi stanchi chiedendo lavoro da addetta alle pulizie.
«Basterà finché il bambino non cresca», mi disse con voce umile che nascondeva la durezza della vita.
Ora quel bambino è davanti a me, fissando il motore più costoso come se fosse un enigma, non una condanna.
Luca lo chiamo, quando ingoia lultimo boccone. Sai che Alessandro lo ha detto per scherzo, vero? Non crede davvero che tu possa ripararlo.
Lo so risponde, pulendosi le mani sui pantaloni. Ma so anche che, se non ci provo, resterò sempre fuori. E inspira profondamente sono stanco di guardare.
Il mio cuore si stringe.
Tua madre sa che sei qui? chiedo.
Lui alza le spalle.
Sa che vengo a prendere riviste. Non sa del motore. Se lo sapesse, mi farebbe un salto di cuore, penserebbe che voglio far saltare lofficina.
Ridemmo entrambi.
Allora proviamo a far funzionare prima che lei faccia esplodere il direttore dico. Se ti serve qualcosa attrezzo, manuale, caffè chiamami. Non capisco i motori, ma capisco chi merita una possibilità.
Luca annuisce.
Grazie, signora Bianchi.
Risalgo, lasciandolo con un po più di pane nello stomaco e molta più coraggiosa nellanima.
I giorni seguenti sono una maratona silenziosa. La mattina Luca va alla scuola pubblica del quartiere, prende appunti con la stessa intensità con cui osserva i motori: annota tutto, domanda quando nessuno chiede, assorbe. I compagni lo chiamano Cervellone, non per lusinga ma per differenziarlo; a lui non importa.
Nel pomeriggio aiuta la signora Giulia a casa: porta secchi dacqua, ripara un cassetto, rattoppia una sedia.
Lavori con queste cose come se fossero carezze commenta la vecchina, osservandolo sistemare il piede del tavolo. Il tuo vero padre doveva essere meccanico o falegname.
Luca rimane silenzioso su quel punto; non ricorda nessun padre, né madre prima di Giulia. Sa solo di essere stato trovato avvolto in una coperta davanti alla porta, in un freddo pomeriggio.
Il resto è immaginazione. Forse un giorno avrà il coraggio di chiedere a Giulia se cè altro da scoprire. Per ora ha abbastanza motori da smontare senza smontare il proprio passato.
Nel tardo pomeriggio, il sole inizia a calare dietro gli edifici bassi del quartiere e lui si dirige verso la concessionaria. Alessandro non gli ha dato alcun badge, nessuna autorizzazione formale, ma io gli ho sussurrato ai guardiani:
Lasciate entrare il ragazzo. Sta aiutando su un lavoro. Se il direttore si oppone, può parlare con me.
Così, ogni pomeriggio, Luca si infiltra nellofficina. Alcuni meccanici ridacchiano.
E allora, direttore? Hai trovato la parte miracolosa?
Lui finge di non sentire. Altri, poco a poco, si avvicinano.
Ragazzo, hai mai visto questo tipo di iniezione elettronica? chiede uno, curioso.
Non da vicino, solo nei diagrammi risponde Luca, indicando i fili. Ma qui credo qualcuno abbia collegato il fascio al modulo sbagliato. Guardate i segni.
Il meccanico, incuriosito, si avvicina.
Hmm non lavevo notato.
Con piccoli gesti, Luca inizia a guadagnare rispetto, qualcosa che Alessandro non aveva immaginato.
Nella terza notte, dopo aver smontato mentalmente il motore una decina di volte, Luca nota qualcosa di strano: graffi in posti improbabili, segni ripetuti come se qualcuno avesse forzato lo stesso pezzo più volte. Una vite diversa, testa schiacciata, non corrispondente allo standard.
Qualcuno ha risparmiato sul pezzo mormora.
Sa cosa significa: concessionarie che sostituiscono parti originali con equivalenti più economici per aumentare il profitto, poi incolpano i tecnici quando qualcosa va storto. Trattiene il pensiero, respira, ma decide di riparare.
Il venerdì, due giorni prima della scadenza, Alessandro entra in officina di cattivo umore.
Dove è il ragazzino? domanda, guardandosi intorno.
Un meccanico indica il retro. Luca è inginocchiato, la testa quasi dentro il vano motore, a armeggiare con lelettronica. Alessandro si avvicina, le scarpe costose contrapposte al pavimento untuoso.
E allora, genio? Hai già preso il ruolo di direttore o giochi ancora a Lego? provoca.
Luca si alza, asciugandosi la fronte.
Mancano pochi minuti, signor Alessandro dice con rispetto. Ho individuato il problema principale e uno secondario.
Alessandro alza un sopracciglio.
Due problemi? Certo risponde sarcastico. Sempre cè un problema secondario quando non sai cosa fare. Indovina: se lauto non parte, è colpa del secondo problema.
No risponde Luca, cercando di mantenere la voce ferma. Se non funziona, è colpa mia. Ho accettato la sfida. Sarebbe bello averla accesa di fronte a lei e al proprietario.
Alessandro resta in silenzio, poi accetta a malincuore.
Daccordo.
Quando esce, incrocia me, con le mani incrociate e quellespressione che tradisce troppe parole ascoltate.
Ginevra, mia cara prova a usare il soprannome, credendo di esserle affettuoso. Non dovevi gironzolare nellofficina. Hai troppi documenti da gestire al piano di sopra.
I documenti li gestisco rispondo, senza sorridere. Quello che mi preoccupa è questo motore e quel ragazzo.
Alessandro fa un gesto sprezzante.
Se fallisce, chiamo il carro attrezzi della casa madre. Mandano un tecnico, costiamo una fortuna, e il proprietario non saprà nulla del casino.
E cosa gli hai promesso? insisto.
Che cosa? finge di non capire.
Il suo sguardo si stringe.
Se ripari quel motore, ti do il mio ruolo. Ero nella sala pausa quando hai detto ciò, Alessandro. E ho sentito altri ascoltare.
Alessandro sbuffa.
È stato un modo di dire, Ginevra. Solo una battuta.
Divertente commento. Non ricordo che ti sia stato giocoso con il figlio del proprietario, solo con chi non ha cognome importante.
Alessandro perde un po di colorito.
Non mescolare le cose.
Non mescolo replico, avvicinandomi. Tu mescoli ego e affari. Se quel motore non è pronto entro domenica, il contratto con il signor Salvatore va a rotoli. E non sarà solo un meccanico a perdere il lavoro, ma tutti qui, me compresa.
Il nome Salvatore è la pietra al tallone di Alessandro da settimane. Il veicolo non è solo costoso, è lauto personale di Ruggero Salvatore, titolare di una catena di concessionarie e proprietario di gran parte degli immobili commerciali di Milano.
Salvatore ha lasciato un semplice messaggio:
Se riuscite a risolvere il difetto che nessuno risolve, firmo un contratto esclusivo per la linea lusso. Altrimenti cerco la concorrenza.
Alessandro sa che, se fallisse, la sua carriera qui potrebbe seppellire con il motore.
Per questo aveva messo il miglior meccanico sul caso non appena era arrivato. E quando il motore ha continuato a tossire e a spegnersi dopo tre tentativi, ha licenziato quel tecnico. Non sopportava lincompetenza, soprattutto quando minacciava la sua stessa testa.
Il fatto che un ragazzino di quattordici anni fosse ora al centro della soluzione lo turbava più di ogni altra cosa.
So bene cosa dipende da questo contratto dico, sentendo il sudore sul retro, nonostante il condizionatore. Ma non consegnerò il comando a un ragazzo, anche se compie questo miracolo.
Alessandro mi fissa.
Nessuno ti chiede di cedere rispondo infine. Ma la tua parola è stata data. E, se la infrangi, non si perde solo il contratto con il signor Salvatore, ma anche il rispetto di tutti qui, compreso il mio.
Alessandro resta in silenzio, poi guarda fuori dalla finestra, la città che scivola sotto il cielo crepuscolare, mentre il ragazzo continua a piegarsi sul motore. Conosco quello sguardo: lavevo già visto nello specchio, anni prima, quando ero solo un venditore con sogni di gestione.
Sabato mattina è grigia. Luca arriva presto, gli occhi rossi per la mancanza di sonno. Ha passato la notte a rivedere lultimo diagramma, a rimontare mentalmente il motore dieci volte. La signora Giulia lo vede uscire con lo zaino.
Vai presto oggi, figlio mio? chiede.
Aiuto una persona in concessionaria, mamma risponde, baciandola. È importante.
Lei annuisce, sospettosa ma fiduciosa. Sa che non è il tipo che si combina con i guai, solo con le viti.
Nellofficina il motore lo aspetta, montato, lucido, silenzioso, quasi a deriderlo.
Oggi è il giorno, direttore scherza un meccanico, passando. Se funziona, ti chiamo dottore.
Luca sorride, ma lo stomaco si gira.
Pochi minuti dopo, arrivo anchio con caffè e bicchierini.
Ci sarà pubblico avviso. Il signor Salvatore ha chiamato ieri. Vuole vedere lauto oggi.
Luca ingoia a tratti.
Lui stesso? chiede, tremante.
Sì, lo stesso confermo. E, se ti manca il coraggio, ricorda: tutti hanno paura. Il coraggio è ciò che chiamiamo quando facciamo lo stesso nonostante.
Alessandro entra, visibilmente teso, senza la cravatta impeccabile. La camicia è ben stirata, ma i primi bottoni sono aperti.
Allora? domanda, evitando il tono beffardo. Pronto?
Luca annuisce.
Sì, signor Alessandro. Ho ricontrollato tutto due volte.
Tre è meglio.
Lho fatto tre volte risponde, mezzo sorridente.
Alessandro indica a un operatore di avvicinare lauto. Il berlina bianca, elegante, sembra una bestia addormentata.
Luca si siede al volante, sfiora il volante in pelle. Per un attimo immagina la città vista da quel bolide, poi scuote la testa. Non è lì per sognare, è lì per dimostrare.
Alessandro e io restiamo in piedi, fianco a fianco, osservando. Alcuni meccanici e venditori formano un cerchio discreto, quasi sacro: il momento prima del primo accordo di unorchestra.
Luca gira la chiave. Un attimo eterno, nulla. Il cuore si ferma con il silenzio. Poi il cruscotto si illumina. Uno ad uno i sistemi prendono vita. Il motore tossisce, poi riprende, con un rombo stabile, rotondo.
Le lacrime bruciano gli occhi di Luca. Alessandro rilascia un sospiro che non sapeva di trattenere. Io applaudo, emozionata.
È perfetto, ragazzo commenta un meccanico accanto. Sembra uscito dalla fabbrica oggi.
Luca rimane immobile, il suo cervello continua a controllare invisibili verifiche. Guarda il cruscotto, nessuna spia accesa, ascolta il suono, niente rumore strano. Spegne, riaccende, per sicurezza. Il motore risponde, docile.
Allora sentiamo passi decisi nella officina. Ruggero Salvatore entra, accompagnato da un venditore e da un giovane assistente.
Io mi raddrizzo, il volto serio. Alessandro asciuga le mani sui pantaloni.
Buongiorno, signori saluta il proprietario, voce ferma. Dove è il mio problema da milioni di euro?
Alessandro sorride forzato.
Stiamo aspettando, signor Salvatore indica il berlina. Penso non è più un problema.
Salvatore si avvicina, esamina il veicolo con occhio che conosce più il ferro del profumo dei fiori.
Il motore era inutilizzabile commenta. Almeno è quello che mi dicevano in casa madre. Compra un altro. Ho detto: Prima di buttare, vediamo se qui a Milano cè chi sa parlare con il motore, non solo con il computer.
Pone la mano sul cofano.
E allora? chiede. Chi è il temerario che ha osato intervenireIl ragazzo, con il sorriso di chi ha appena riscritto il proprio futuro, rispose: «Sono stato io, e ora, insieme a tutti voi, dimostriamo che il vero motore è la volontà di non arrendersi mai».





