Se sapete allargare le gambe, potete anche assumervi la responsabilità: altrimenti, è meglio rinunciare al bambino

“Se riesci ad aprire le gambe, allora puoi anche prenderti la responsabilità. Altrimenti, è meglio rinunciare al bambino.”

Per Livia e suo marito, questo bambino era il primo e tanto desiderato. Marco laveva protetta per tutti i nove mesi, accompagnandola e riprendendola dalluniversità. Soprattutto quando cera ghiaccio, le aveva proibito di uscire di casa. Pochi giorni prima del parto, però, lo mandarono in trasferta. Avrebbe potuto rifiutarsistava per licenziarsi appena il piccolo fosse nato. Non era giusto che viaggiasse per lavoro lasciando Livia sola con il bambino.

Le contrazioni iniziarono appena Marco partì. Non solo il dolore era insopportabile, ma lui non cera. Non aveva immaginato così il momento di accogliere il suo primo figlio.

Il neonato era sano, ma Livia non aveva voglia di raccontare nulla a Marco. Se ne era andato, poteva scoprirlo dagli altri.

Guardò la stanza dospedale. Di fronte a lei cera una donna di quarantanni. Accanto, una ragazza parlava al telefono. Vicino alla porta, unaltra piangeva, rivolta verso il muro.

Dopo il travaglio, Livia cadde sul cuscino blu con il timbro triangolare e sprofondò in un sonno pesante.

“Lo allatterai?” sentì dire in lontananza. Si girò sorridente.

Linfermiera era accanto alla donna che piangeva. “Perché non rispondi? Prendilo almeno in braccio. Guarda comè bello.” La donna rimase immobile, senza voltarsi.

“Se sapete solo aprire le gambe, ma non volete prendervi la responsabilità, è meglio rinunciare.” Linfermiera, dopo unesitazione, se ne andò.

Fu la quarantenne a parlare per prima. Anna, senza freni: “Credi che lo volessi? Ho quarantatré anni, mio figlio è sposato. Tra poco avrò un nipotino, e invece Che faccio ora? Il bambino non ha colpe. Se non lo volevi, perché sei arrivata fino a qui? Ora finirà in un orfanotrofio? Hai pensato a come si sentirà, tradito appena nato?”

Elisa scoppiò in lacrime ancora più forte, senza più nasconderle.

“Piangere non serve a niente,” insisté Anna. “Prendi il bambino, allattalo e smettila di fare la stupida.”

“Forse lhanno violentata,” ipotizzò Beatrice, mettendo giù il telefono. “O il padre è un familiare, o il patrigno”

Livia ascoltava, sentendosi in colpa come se fosse sua la responsabilità. Lei era fortunata: Marco la amava, i suoi genitori pure. Eppure trovava sempre motivi per essere scontenta.

Mentre questaltra donnae la sua bambinanon avevano nessuno. Una neonata innocente, già rifiutata.

Crescerà piena di rabbia. Perché i suoi genitori bevono. O perché luomo che amava e che le aveva promesso matrimonio le ha voltato le spalle appena ha saputo della gravidanza.

Niente palloncini per la bimba, né fiori per la madre. E ora la mamma non sa dove andare, con una neonata tra le braccia.

Provò vergogna e pietà. Alla fine, chiese: “Se avessi un posto dove stare, la prenderesti con te?”

Elisa la fissò come se fosse pazza: “Certo, ma non succederà mai.” Prese quelle parole per uno scherno, si girò verso il muro e non parlò più.

Due ore dopo, Livia annunciò solenne: “Tu e la bambina vivrete nel dormitorio. Mia madre è la custode. Lavorerai lì, e vi daranno una stanza.”

“Oh, ho un nuovo corredino per la dimissione,” disse Beatrice, staccandosi dal telefono. “Chiamo mio marito. Ne abbiamo due, a che serve tenerli?”

“E io porterò delle cose,” aggiunse Anna. “Sono della mia figlia maggiore, non nuove ma in ottimo stato. Le ho lavate e stirate. Tanto a noi non servonoho un figlio maschio. I nipoti avranno tutto nuovo.”

Il giorno dopo, altre donne iniziarono a portare vestiti, coperte, un passeggino.

“Non ho nulla da dare,” disse una ragazza da unaltra stanza, “ma posso comprare del latte in polvere. Se non ne avete abbastanza.”

Elisa scoppiò di nuovo in lacrime, stavolta di felicità.

“Restituirò tutto, troverò un lavoro,” borbottò. Le altre la rassicurarono: “Lo restituirai a qualcun altro che ne avrà bisogno.”

Quella sera, prima di addormentarsi, Livia pensò che tutto era andato per il meglio. Elisa ce lavrebbe fatta. E sua figlia avrebbe avuto una vita serena.

Ora sarebbe stata con la mamma. Cosa cera di più importante?

Se vi è capitata una storia così, raccontatela nei commenti.

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