Una sera piovosa, mentre riordinava vecchie cose nella casa dei genitori, Elisabetta si imbatté in una conversazione che le avrebbe cambiato la vita. Era seduta nella sua stanza quando la voce preoccupata della madre arrivò dalla cucina:
“Elisabetta, perché non torni da lui? Hai lasciato tutto e te ne sei andata così, senza pensarci…”
“Mamma, ti ho detto che è solo temporaneo,” rispose lei stancamente. “Gli inquilini lasceranno presto l’appartamento del nonno a Palermo, mi trasferirò lì. Non voglio disturbare voi.”
“Ma come fai a disturbare?” la voce della madre tremava. “Vivevi con Andrea, avevate una bella vita. Non beveva, non tradiva. Cosa ti mancava? Dovete imparare a tollerarvi, non è il primo anno insieme!”
Elisabetta sorrise amaramente guardando fuori dalla finestra, dove la pioggia cadeva leggera. Sentiva una tempesta montarle dentro. Come spiegare alla madre che il suo matrimonio era come vivere sotto gli occhi indiscreti di tutti?
“Mamma, non sai come ho vissuto tutti questi anni,” iniziò, e la voce le tremava per l’emozione repressa. “Tu chiudi le tende la notte? Tu e papà siete soli in camera da letto o circondati da vicini? Se volevate intimità, lo sapeva tutto il condominio? No? Eppure io sì! È come vivere in un vetrina, dove ogni mio passo, ogni respiro, è sotto controllo. Non mi stupirei se tutto il quartiere sapesse di che colore è la mia biancheria o…” esitò, “cosa facevamo notte dopo notte. E tu credi che sia normale?”
La madre tacque, sconvolta. Elisabetta proseguì, incapace di fermarsi:
“E sai chi lo raccontava a tutti? Mio marito! Quello da cui sono scappata e a cui non tornerò mai. Non sa tenere la bocca chiusa! Gli dicevo: ‘Andrea, questo resta tra noi,’ e un’ora dopo era già notizia pubblica. Lui, candido: ‘Ma l’ho detto in confidenza, che male c’è?'” Elisabetta serrò i pugni. “L’ultima volta ha fatto una scenata, urlando che era abituato così, che sua madre non lo faceva per male, solo per preoccuparsi. Ma dimmi, perché sua madre dovrebbe sapere il giorno in cui avremmo provato ad avere un figlio?”
La madre sbatté una mano sulla bocca.
“Sì, mamma, è successo davvero!” Elisabetta quasi gridò. “Mi chiamava sua madre per chiedermi come era andata, diceva che voleva nipotini. È persino andata da una fattucchiera per darmi erbe da infilare nel tè! È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non posso vivere così! Cammino per strada e la gente sorride come se sapesse cosa abbiamo fatto ieri notte. Sto impazzendo! Sua madre mi chiama e mi chiede se ho dormito bene dopo… beh, hai capito. Non ne posso più!”
Elisabetta tacque, ansimando. La madre la fissava, terrorizzata e senza parole.
“E i regali?” riprese Elisabetta, più piano. “Non potevo averne uno senza che lo sapessi già. Me ne faceva uno, e io già sapevo da un mese cosa avrebbe comprato, grazie alla vicina. Sì, bravo, non beve, non tradisce, lavora sodo. Ma quella sua lingua… Non ce la faccio, mamma.”
Il padre, solitamente silenzioso, intervenne all’improvviso:
“Basta, donna, lasciala in pace!” La sua voce era ferma. “Se dice che non può, non può. Chi la sosterrà se non noi? Vivi pure qui, piccola, finché vuoi.”
Si girò verso Elisabetta, addolcendosi:
“Ho conosciuto tipi come il tuo Andrea. In squadra ce n’era uno, lo chiamavano Ciarlone. Nessun segreto era al sicuro con lui. Diceva che era di famiglia, ereditato da suo padre. Forse mentiva, chissà. Ma vivere con uno così è una tortura.”
Elisabetta annuì riconoscente e tornò in camera sua. Amava quella casa accogliente, dove tutto era curato con amore. Ma vivere con Andrea, la cui loquacità distruggeva ogni privacy, era insopportabile.
Bussarono alla porta. Era la madre, che si torceva il grembiule tra le mani.
“Elisabetta, chiederai davvero il divorzio?”
“Fammi pensare,” sospirò lei. “Ma probabilmente sì. Lui non cambierà.”
“E se si ravvedesse?” chiese la madre speranzosa.
“Non lo farà,” tagliò corto Elisabetta. “Credi che sia facile per me?”
La madre se ne andò, ed Elisabetta si sdraiò sul letto, lasciando scorrere le lacrime. Non si aspettava che il suo matrimonio con Andrea, così affascinante, affidabile e gentile all’apparenza, finisse così. Già prima del matrimonio c’erano stati segnali: una volta avevano passato la notte in campagna, e il giorno dopo tutte le vicine la salutavano con sorrisi complici. La suocera aveva persino commentato che “le ragazze di oggi sono leggere, ma Elisabetta è una brava ragazza, pura.” Anni dopo, durante un litigio, la suocera aveva sbottato che sapeva della sua verginità già prima delle nozze.
“L’hai detto a tua madre?!” aveva urlato Elisabetta.
“E allora? Era così felice!” aveva risposto Andrea, senza capire la sua rabbia.
Quello era stato il punto di non ritorno.
Passarono tre mesi. Elisabetta si trasferì in un altro quartiere di Palermo, lontano da casa, per ricominciare. Non si aspettava di incontrare Andrea lì.
“Ciao, Betta,” lui era sotto il suo portone, agitato.
“Ciao,” rispose fredda.
“Possiamo parlare?”
“Hai acceso il registratore?” lo canzonò. “Per ripetere tutto parola per parola dopo?”
Andrea arrossì.
“Volevo scusarmi. Ho capito, Betta. Basta stupidaggini. Senza di te sto male. Cambierò.”
“Anch’io sto male senza di te,” ammise, ma aggiunse subito: “Ma hai fatto la tua scelta. Se non sai stare zitto, è finita.”
“Hai chiesto il divorzio?” chiese lui piano.
“Sì.”
“C’è qualcun altro?”
“Nessuno,” tagliò corto. “Ma spero ci sarà. E lui, a differenza tua, terrà la bocca chiusa sui nostri affari. Vattene, Andrea.”
Si girò e se ne andò, sentendo il cuore spezzarsi. Tutta la sera aspettò chiamate dalla suocera, amici, vicini—tutti avrebbero dovuto rimproverarla per aver lasciato un “perfetto marito” come Andrea. Ma il telefono rimase muto. Né quel giorno, né quello dopo.
Andrea, però, ricomparve. Sotto casa, al bar all’angolo.
“Che ci fai qui?” chiese un giorno.
“Sono in vacanza, Betta,” rispose, guardando altrove.
Le vacanze finirono, ma lui rimase. La suocera chiamava per chiederle come stava, ma non parlava mai del figlio. Fino a quando non cedette:
“Elisabetta, hai visto Andrea? Come sta?”
“Eccoci,” pensò Elisabetta, ma disse:
“Bene. Lavora. Ci vediamo ogni tanto. Non preoccuparti.”
“Oh, bene,” si rasserenò la suocera. “Ma non dirgli che te l’ho chiesto. È diventato così chiuso, non racconta più niente.”
Elisabetta rimase sorpresa. Forse Andrea era cambiato davvero. Decise di dargli un’altra chance, ma non lo disse a nessuno.
Tornarono insieme nel loro paese natale. Genitori, amE alla fine, mentre il loro bambino rideva tra le braccia di Andrea, Elisabetta capì che a volte le persone cambiano davvero, basta dargli tempo e spazio per crescere.