Segreti di Famiglia e il Percorso verso la Felicità

I segreti di famiglia e la strada verso la felicità

Vera Rossi aveva comprato un cesto di fragole mature e profumate al mercato del paese di Bellavista e decise di portarle al figlio e alla nuora. Era sabato, dovevano essere a casa. La porta del loro appartamento nel vecchio palazzo di mattoni era socchiusa, ed entrò senza bussare. Stava per chiedere se ci fosse qualcuno, quando sentì Isabella, la nuora, piangere disperata al telefono. “Cosa sarà successo per farla piangere così?” si preoccupò la suocera. Si avvicinò in punta di piedi e trattenne il fiato per ascoltare meglio. Quello che udì la lasciò senza parole.

Vera aveva comprato le fragole e pensò di far visita ai ragazzi. Essendo giorno di riposo, sicuramente erano in casa. La porta era aperta, così entrò senza annunciarsi.

Stava per chiamarli, quando sentì Isabella che singhiozzava nella stanza, parlando al telefono. Vera si bloccò nel corridoio, in ascolto.

“Anna, non mi degna più di uno sguardo,” diceva Isabella tra le lacrime. “Ho comprato un vestito nuovo e lui ha solo borbottato qualcosa. Sta sempre zitto, sembra perennemente scontento. La sera si immerge nel telefono e poi a dormire. Come se io non esistessi. Dopo il lavoro torna subito a casa, non credo ci sia un’altra. Prima sognavamo un figlio, ora non oso neppure accennarci. Credo non mi ami più, ma non ha il coraggio di dirmelo. Anna, è la fine. Senza Luca non posso vivere, non voglio nessun altro!”

“Grazie per avermi ascoltata,” continuò Isabella. “Non ho nessuno a cui sfogarmi. Mia madre è occupata con la sua vita, mia suocera difenderebbe lui, quindi taccio.”

Vera capì che la chiamata era finita e disse ad alta voce:

“C’è nessuno?”

“Salve, Vera,” uscì Isabella, asciugandosi gli occhi.

“Cara, ho comprato delle fragole fresche, ho pensato a voi,” sorrise Vera, porgendo il cesto.

“Grazie, ci avrei pensato io,” rispose Isabella. “Entra, vuoi un caffè? Ho dei pasticcini.”

“Volentieri, grazie,” annuì Vera.

Mentre Isabella preparava il caffè, Vera rifletteva su ciò che aveva sentito. Evidentemente, non tutto andava bene nel matrimonio di suo figlio.

“Come va con Luca?” chiese. “Di rado chiama, non venite mai a trovarmi. Non mi intrometto, immagino siate impegnati…”

“Oh, lui è sempre al lavoro,” sospirò Isabella. “Torna, mangia, guarda la tv e dorme. Non usciamo mai, sembriamo due anziani.”

Vera rise. Le piaceva la nuora per la sua sincerità. Era sposata con Luca da tre anni, dopo un lungo fidanzamento. Non poteva desiderare di meglio: intelligente, bella. Vera l’aveva accolta come una figlia, senza gelosie.

“Strano il suo comportamento,” commentò Vera pensosa. “Siete giovani, non avete figli, uscite, vivete!”

“È quello che dico anch’io,” la voce di Isabella tremò. “Forse non mi ama più.”

Scoppiò in lacrime. Vera si turbò, ma cercò di consolarla:

“Isabella, ma no, certo che ti ama! Forse ha problemi al lavoro o è stanco. Parla con lui.”

“Gliel’ho chiesto, ma dice che va tutto bene, che mi invento cose,” singhiozzò. “Io vorrei un bambino, ma per quello serve… impegno.”

“Non so come aiutarti,” sospirò Vera. “Non posso costringerlo ad ascoltare, e non voglio metterti nei guai. Se si arrabbiasse perché ti sfoghi con me? Dobbiamo trovare una soluzione…”

“Sei a conoscenza,” si animò Vera, “c’è un modo per risvegliare i suoi sentimenti.”

“Quale modo?” asciugò le lacrime Isabella. “Farei qualsiasi cosa per non perderlo.”

“La vicina ha un nipote, Matteo. Alto, bello, occhi scuri. Lavora a teatro, le donne lo ammirano. Potresti farlo ingelosire? Una mia amica lo fece: il marito si era raffreddato, ma quando un collega la accompagnò a casa, lui si agitò e tutto si sistemò. Posso parlare con Matteo, organizzare un piano per farlo reagire. So che sono tua suocera, ma sono anche una donna e voglio che siate felici.”

Isabella la guardò stupita.

“No, sembra una follia,” scosse la testa. “Forse si sistemerà da solo…”

“Decidi tu, ma se cambi idea, sono qui,” fece l’occhiolino Vera. “Per ora è l’unica idea che ho.”

“Grazie per il sostegno,” sussurrò Isabella. “Spero non serva. Oh, ecco Luca…”

“Mamma, ciao!” entrò il figlio. “Che succede?”

“Ciao, tesoro,” sorrise Vera. “Vi ho portato le fragole, prendiamo un caffè con Isabella. Come va il lavoro?”

“Tutto normale,” borbottò Luca. “E papà?”

“È partito per una gita di pesca con un amico,” rispose Vera. “Perché voi due non fate mai una gita? Bel tempo, e voi chiusi in casa…”

“Non ne ho voglia,” sbuffò Luca. “Preferisco guardare un film.”

Isabella incrociò lo sguardo della suocera e alzò le spalle. Esattamente come aveva detto: apatico, cupo. Cosa non andava? Una ragazza così, e lui…

Qualche giorno dopo, Isabella chiamò Vera, la voce tremante.

“Vera, accetto il tuo piano! È insopportabile! Ho cambiato pettinatura, mi sono tinta—tutti mi fanno complimenti, ma Luca non dice nulla! Indifferenza totale! Forse davvero ha bisogno di una scossa. Vediamo se gli importa ancora di me. Parla con Matteo. Possiamo fingere che mi contatti per lavoro—sono una designer, la gente commissiona progetti. Che Luca ci veda insieme, magari si ingelosisce?”

“Perfetto, sono con te!” esclamò Vera. “Proviamo, chissà che non riaccenda la fiamma!”

Quel giorno stessa, Vera parlò con Matteo. Rise dell’idea, ma accettò di aiutare. Le diede il numero per Isabella.

La sera dopo, Isabella chiamò Vera, in lacrime.

“Perché ti ho ascoltata?! Luca se n’è andato! Il tuo piano è fallito!”

“Dimmi tutto con calma,” si preoccupò Vera.

“Luca era a casa,” iniziò Isabella. “Mi sono truccata, stirato un vestito sotto i suoi occhi. Non ha chiesto nulla. Poi Matteo ha chiamato, ho detto che sarei uscita. Solo allora ha domandato dove andassi. Ho risposto che un cliente mi aspettava al bar. Non ha battuto ciglio. Matteo è venuto a prendermi sotto casa, sono sicura che Luca abbia visto tutto dalla finestra. Mi ha accompagnato e se n’è andato. Sono rimasta al bar un’ora, poi tornata. Luca non c’era. Mancavano suoi vestiti. Non risponde al telefono… Che stupida idea!”

“Gli parlerò io, tranquilla,” promise Vera. “La colpa è mia, sistemo io.”

Vera era affrantaLuca tornò quella sera stessa con un mazzo di rose rosse, ammettendo tra le lacrime di aver capito quanto fosse stupido a dubitare del loro amore, e da quel giorno impararono che la comunicazione, non i giochi, è il fondamento di ogni rapporto felice.

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