“Ti sei fatta così brutta che avrai sicuramente una femmina,” mi diceva spesso la suocera. Quando altre donne si lamentavano dei conflitti con la famiglia del marito, io non ci credevo. Con i miei suoceri andava tutto bene, ma probabilmente solo perché ci trasferimmo a duecento chilometri di distanza quasi subito dopo il matrimonio.
Non ebbi neppure il tempo di conoscere la mia nuova “mamma”. Dopo il ricevimento, passammo una settimana nella loro casa a Milano, e allora tutto sembrava perfetto. Poi ci spostammo a Firenze, dove mio marito prestava servizio nellesercito.
Lì rimanemmo per dieci anni. Poi trasferirono mio marito di nuovo nella sua regione dorigine. Per me fu una notizia sgradita: mi ero ormai ambientata, ci avevano dato una bella casa, e io aspettavo il terzo figlio. Ma non cera nulla da fare.
Partorii nella mia città natale. Un anno dopo, rimasi incinta di nuovo. Non era previsto, non ero pronta, ma avevamo sempre desiderato una famiglia numerosa, così non ci pensammo due volte. Durante la gravidanza, la mia “mamma” venne a “darmi una mano”. Faceva visita di tanto in tanto, ma anziché aiutarmi, si sedeva a bere il caffè e dispensava consigli non richiesti.
Ignoravo i suoi commenti sulle pulizie e le faccende domestiche. Ma quando iniziò a criticare il modo in cui crescevo i bambini, mi ribollì il sangue. Mi sentii a disagio nel realizzare che una donna che non mi conosceva davvero, che non mi aveva vista per dieci anni e che conosceva i nipoti solo dalle foto, osasse dirmi come fare.
Poi, quando ero allottavo mese, mi disse:
“Avrai una femmina, ne sono sicura!”
Noi speravamo in una bambina, visto che avevamo già tre maschi! Così le chiesi, sorridendo:
“Perché lo dici?”
“Sei invecchiata, gonfia, la faccia tutta tumefatta. La femmina ti ha portato via quel poco di bellezza che ti restava.”
“Grazie mille, davvero In tutte le gravidanze sono stata così.”
“Non in tutte.”
“Come fai a saperlo? Mi hai vista incinta solo in foto.”
“Non contraddirmi. Io ho avuto un maschio ed ero radiosa, tutti lo dicevano. Tu invece fai paura, sembri piena dacqua. I tuoi piedi non entrano nemmeno più nelle pantofole.”
Non risposi. Non le dissi che non era questione del sesso del bambino, ma del fatto che avevo trentanove anni. Lei aveva partorito mio marito a diciannove, età in cui tutti sono fiori. Eppure continuava a ripetermi quanto fossi brutta. Mio marito pose fine a quelle parole. E, per inciso, nacque un altro maschietto




