Sei stata tu a metterla contro di me

Cinzia, vieni qui, ti metto i calzini nello zaino! la voce di Elena riecheggiò per lappartamento, e Giulia, seduta in cucina, trasalì quasi a risposta. La nipote di sedici anni apparve obbediente sulla soglia della stanza. Alta, goffa, con le braccia lunghe che sembravano non sapere dove andare.

Mamma, così promettono che farà caldo.
Promettono! sbuffò Elena, come se i meteorologi avessero insultato la sua famiglia. E se si rinfresca? E se piove? Non sai neppure prenderti cura di te stessa, ti ammalerai ancora…

Giulia bevve il caffè, amaro e disgustoso, ma almeno qualcosa le tenne la lingua occupata per non dire di più. Da tre anni osservava quel circo e non era ancora abituata. Cinzia non sapeva accendere la lavatrice. Non perché fosse stupida, ma perché la madre non laveva mai avvicinata alla macchinaria. Rovinerai. Inonderai i vicini. Sono programmi delicati. La bambina non portava fuori i rifiuti Elena temeva che la figlia scivolasse sulle scale o venisse morduta dal cane randagio del cortile. Non le era permesso neanche pulire la sua stanza: spazzi la polvere, non la rimuovi.

Elena, sei un po rigida, ha sedici anni, può mettere i calzini nello zaino da sola, sbottò Giulia.

La sorella lanciò a Giulia uno sguardo che avrebbe fatto cagliare il latte del frigorifero.

Giulia, non hai figli, non capisci.

Largomento ricorrente, solido come il marmo. Giulia avrebbe potuto contraddire che lassenza di figli non la rendeva stupida, ma si limitò a tacere. Fu inutile.

Cinzia stava sulla porta, guardava il pavimento con quellespressione che Giulia aveva visto nei cani dei canili: sottomessa, senza speranza. Era la cosa più spaventosa.

Quella sera Giulia chiamò la sorella.

Elena, può Cinzia stare da me stanotte? Devo rivedere Harry Potter. Da sola è noiosa.

Elena esitò. Giulia immaginò le ruote dentate nella testa della sorella: e se si ammala per strada, e se il balcone è aperto, e se.

Va bene, estrasse Elena alla fine. Ma poi la riporti a casa, non si sa mai cosa può succedere

Dallingresso al tuo ci sono quaranta metri.
Giulia!
Daccordo, daccordo, la porto.

Mezzora dopo Cinzia era sul piccolo balcone dellappartamento di Elena, le gambe raccolte. Il balcone era minuscolo ma accogliente: Giulia aveva portato una coperta, dei cuscini e una catena di luci. Il film non lo accenderono mai.

Cinzia, metti il bollitore sul fuoco. Il mio accendino è rotto, le fiammelle sono nellarmadietto!

Giulia rimase immobile, senza risposta dalla nipote, e un dubbio le salzò in gola.

Sai usare gli accendini? chiese Giulia.

Cinzia la guardò in modo tale che tutto divenne chiaro allimprovviso.

Mamma non mi permette di toccarli. Poi ci sono le accendini, no?

La mamma non cè, è ora di imparare! incalzo Giulia.

Le prime tre volte Cinzia spezzò gli accendini a metà, premendo troppo forte, tirando con troppa rapidità. Alla quarta riuscì: una piccola fiamma balzò e lei lo fissò con quel misto di stupore e orgoglio, come se avesse compiuto un miracolo.

È è normale, balbettò Cinzia, cercando le parole. Così è giusto.

Il cuore di Giulia si strinse. Liperprotettiva sorella la teneva prigioniera.

Una settimana dopo Elena chiamò in preda al panico.

Immagina, la scuola porta la classe in un campo estivo, tre giorni!
E allora? Giulia alzò il volume del cellulare, continuando a digitare il rapporto. Lavoro da remoto, la scadenza brucia, e la sorella torna con unaltra catastrofe.

Come? È settembre, fa freddo! Ci saranno correnti daria, cibo qualsiasi, e potrebbe ammalarsi!
Elena, ha sedici anni. Il suo sistema immunitario è forte, ha la giacca. Il cervello beh, quello che le hai consentito di avere.
Molto divertente, sbottò Elena, ferita. Non la lascerò andare.
Hai chiesto a Cinzia?
Silenzio.

Perché? Io sono la madre. So meglio di chiunque.
Giulia chiuse il laptop. Inutile lavorare quando dentro tutto ribolle.

Sai meglio di me che non deve mescolarsi con i compagni? Che deve stare a casa mentre gli altri cantano intorno al fuoco con la chitarra?
Fuochi?! lansia di Elena trasparì. Ci saranno fuochi?!

Cinzia non partì per il campo. Giulia la vide quel giorno nella sua stanza a scorrere le storie altrui: i compagni postavano foto dal pullman, facevano smorfie, ridevano. Cinzia guardava lo schermo, il volto vuoto.

A marzo Cinzia compì diciotto anni. Giulia le regalò uno zaino piccolo, rosso fuoco, audace, niente di quei sacchi grigi che Elena approvava.

Cinzia sorrise amaramente. Nei suoi occhi brillava qualcosa che Giulia non sapeva chiamare. Non era rabbia né delusione, ma una stanchezza profonda, quella di chi ha smesso da tempo di lottare.

A maggio Giulia affittò una casa in campagna, in Toscana, una piccola dimora di legno con il portico steno e il frutteto di meli. Internet era debole, ma bastava per il lavoro.

Voglio portare Cinzia con me, disse alla sorella.
Elena quasi lasciò cadere la padella.

Per tutta lestate? In campagna? Non cè nemmeno un medico decente!
Elena, cè un ambulatorio a pochi chilometri, il centro è a mezzora in auto. Non la porto in una taiga.
E se una zecca la punge? Se si avvelena di funghi? Se
Non mangerà funghi, intervenne Giulia con pazienza. E sarò al suo fianco. Promesso.

Ci volle una settimana di trattative. Giulia elencò i vantaggi: aria fresca, silenzio, pausa dal trambusto cittadino. Elena controbatteva: assenza di farmacia, acqua di pozzo non verificata, cani di campagna. Cinzia rimaneva in silenzio, ormai abituata a non partecipare alle decisioni sulla sua vita.

Va bene, cedette Elena alla fine. Ma chiamami tutti i giorni, fotografa tutto quello che mangia, e se la febbre sale, riportala subito!

La lista dei requisiti riempì tre pagine. Giulia annuì, firmò, poi buttò via il taccuino.

La casa li accolse con lodore di erbe secche e legno antico. Cinzia stava in mezzo al cortile, guardava il cielo immenso, azzurro, senza un edificio a perdita docchio.

Qui è così vuoto, sussurrò.
Libero, corresse Giulia. Riesci a accendere il bollitore? Il fornello è a gas, te la caverai?
Cinzia impallidì.

Sì!

La prima settimana Giulia insegnò alla nipote le basi: caricare il bucato nella vecchia lavatrice che tremava come un aereo in decollo. Cinzia sbagliava, bruciava le uova, allagava il pavimento dimenticando di chiudere il rubinetto, lavava una maglietta bianca con calzini rossi. Ma ad ogni errore sul suo volto compariva qualcosa di nuovo: non disperazione, ma entusiasmo, voglia di riprovare.

Ho cucinato il riso da sola! esclamò Cinzia un mattino, correndo nella stanza di Giulia con una pentola in mano.
Il riso era troppo cotto, un pasticcio, ma Cinzia brillava come se avesse vinto un premio Nobel.

Congratulazioni, rispose seriamente Giulia. Ora puoi sopravvivere allapocalisse.
Cinzia rise, a crepapelle, alzando la testa. Giulia non ricordava lultima volta che aveva sentito una risata così vera.

Nel borgo vivevano due decine di persone, per lo più anziani e qualche famiglia con bambini destate. La signora Zina, vicina di casa, prese Cinzia sotto la sua ala e le insegnò a mungere la capra. Pashka, un ragazzo della sua età, la portava a pescare. Giulia osservava Cinzia imparare a parlare con la gente, a non nascondersi dietro la schiena della madre, a non tacere di fronte alle domande semplici. La nipote apriva le spalle, guardava negli occhi, rideva delle battute.

Metà estate Giulia permise a Cinzia di andare al negozio da sola, un chilometro e mezzo di strada su sterrato, attraverso un campo di girasoli.

E se mi perdo? chiese Cinzia, senza paura, solo curiosità.
Cè una sola via. Perdersi è impossibile, anche se lo volessi.
Cinzia tornò dopo unora con pane, latte e un sorriso ampio.

Sono tornata, disse.
Che traguardo, sbuffò Giulia, ma la strinse forte, forte.

Tre mesi passarono in fretta. Cinzia sapeva preparare cinque piatti, lavare, stirare, gestire i soldi per la settimana. Andava al fiume con i ragazzi del villaggio, aiutava la signora Zina a zappare lorto, leggeva libri sul portico fino a notte fonda. Giulia guardava la nipote e vedeva una persona diversa, non più quella ragazza vuota e chiusa.

Il ritorno a casa fu duro. Elena aprì la porta e rimase immobile, a fissare la figlia come se fosse tornata da un altro pianeta.

Cinzia? chiese incredula. Sei abbronzata.
E ho imparato a fare il brodo, aggiunse la nipote. Vuoi che lo cucini?
Gli occhi di Elena si spalancarono.

Il brodo?! Tu?! Giulia, che cosa le hai fatto?!
Le settimane successive furono una battaglia. Cinzia decise di cercare lavoro, inviò curriculum, andò a colloqui, rispose alle telefonate dei recruiter. Elena correva per casa, tra il cuore e il cellulare.

Non devi lavorare! Io guadagno abbastanza!
Ho bisogno, mamma, rispose Cinzia senza alzare la voce, ma senza arrendersi. Voglio essere adulta.
Sei ancora una bambina!
Ho diciotto anni.
Cinzia trovò lavoro da sola: segretaria in una piccola caffetteria vicino a casa. Non è un grande affare, ma è il primo passo verso lindipendenza.

Con il primo stipendio iniziò a mettere da parte soldi. Tre mesi dopo era al tavolo di Giulia a sfogliare gli annunci di affitto.

Questa sembra buona, puntò la nipote sullo schermo. Monolocale, vicino al lavoro, non troppo caro.
La mamma non sarà contenta, avvertì Giulia.
Lo so.
Mi maledicherà, ma Giulia sorrideva.
Lo so anchio, Cinzia alzò lo sguardo. Nei suoi occhi scintillava una determinazione mai vista. Ma non ce la faccio più, zia Giulia. Lei ancora controlla se spengo la luce in bagno. Ho diciotto anni e devo decidere quando andare a letto.
Giulia annuì.

Allora andiamo a vedere lappartamento.
Elena urlò per ore. Giulia la lasciò parlare, senza interrompere.

È colpa tua! Hai rovinato lestate, le hai insegnato chiunque cosa! Hai distrutto la nostra famiglia!
Elena, Giulia attese una pausa, lho solo insegnata a vivere. Quello che dovevi fare, ma avevi paura.
Paura? La proteggevo!
Lhai tenuta sotto chiave! disse Giulia senza rabbia, solo constatazione. Hai temuto che le succedesse qualcosa, così lhai rinchiusa in quellappartamento.
Elena si sedette, il viso impallidito.

È la mia figlia, sussurrò.
È una donna adulta. Vuole scoprire che cosa cè oltre le tue paure.

Cinzia si trasferì allinizio di dicembre. Lappartamento era piccolino, con soffitti bassi e parquet cigolante, ma la nipote lo riempiva di cose, come se fosse un palazzo.

Guarda, aprì il frigo, ho comprato io la spesa! E ho appeso le tende! Sono storte, ma le rifarò.
Giulia stava sulla soglia, sorridendo. La sua ragazza goffa, inesperta, splendida respirava finalmente a pieno.

Grazie, disse Cinzia quella sera, mentre bevevano tè nella sua nuova cucina. Per gli accendini. Per il villaggio. Per tutto.
Non ho fatto nulla di speciale.
Mi hai liberata. Cinzia sorrise.
Giulia strinse la sua mano, i due dita si intrecciarono.

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