Era tutta colpa tua, mamma
Lisa stava friggendo le polpette quando suonarono alla porta. Si allontanò dai fornelli per aprire.
“Mamma, è per me,” la fermò a metà strada la voce di sua figlia. “Apro io.”
“Va bene. Non lo sapevo…”
“E allora che stai a fare lì? Vai a finire le tue polpette,” sbuffò la figlia, voltandosi verso di lei con irritazione.
“Le mie? Ho comprato la carne macinata al supermercato…”
“Mamma, chiudi la porta,” disse la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
“Potevi dirlo subito.” Lisa tornò in cucina, chiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò al piano cottura e spense il gas. Dopo un attimo di esitazione, si tolse il grembiule e uscì.
Nell’ingresso, la figlia stava infilando la giacca. Accanto a lei c’era Marco, il suo ragazzo, che la guardava con adorazione.
“Buongiorno, Marco. Dove state andando? Perché non restate a cena?”
“Buongiorno,” sorrise il giovane, lanciando un’occhiata interrogativa a Sofia.
“Abbiamo da fare,” rispose lei senza degnare la madre di uno sguardo.
“Dai, almeno fermatevi per mangiare. Ho già preparato tutto,” insisté Lisa. Marco esitò.
“No!” tagliò corto Sofia. “Andiamo.” Lo prese sotto braccio e aprì la porta. “Mamma, chiudi tu?”
Lisa si avvicinò alla porta ma non la chiuse del tutto, lasciando una fessura per ascoltare la conversazione sul pianerottolo.
“Perché le parli così male? È un peccato, quelle polpette profumavano da morire.”
“Andiamo, mangiamo in trattoria. Sono stufa delle sue polpette,” brontolò Sofia.
“Come fai a stufarti? Quelle di tua madre sono divine, le mangerei ogni giorno,” disse Marco.
Lisa non riuscì a sentire la risposta di Sofia. Le voci si affievolirono, allontanandosi sulle scale.
Lisa chiuse la porta e entrò in salotto. Suo marito era seduto davanti alla televisione.
“Luigi, a tavola, prima che si raffreddi tutto.”
“Eh? Vengo.” Si alzò dal divano e la superò senza guardarla, sedendosi a tavola.
“Cos’abbiamo stasera?” chiese con tono perentorio.
“Riso con polpette e insalata,” rispose lei, scoprendo la padella.
“Quante volte ti ho detto che le polpette fritte non le mangio,” borbottò lui.
“Ho aggiunto un po’ d’acqua, sono quasi al vapore.” Lisa rimase immobile vicino ai fornelli, con il coperchio in mano.
“Va bene, dammele. Ma è l’ultima volta.”
“A nostra età è pericoloso dimagrire troppo,” osservò lei, posandogli davanti il piatto.
“Che età? Io ho solo cinquantasette anni. Per un uomo è l’età della saggezza, del vigore.” Afferrò una polpetta con la forchetta e ne staccò un morso.
“Ma vi siete messi d’accordo oggi? Sofia scappa via senza cenare, tu fai il difficile. Se smetto di cucinare, vediamo come canterete. Credete che al ristorante sia meglio?”
“E non cucinare. Anche a te farebbe bene perdere qualche chilo. Tra poco non ci passi più dalla porta.” Finì la polpetta e ne infilzò un’altra.
“Ah sì? Secondo te sono grassa? E io che mi scervellavo per capire perché improvvisamente ti metti a fare palestra, compri jeans attillati, una giacca di pelle, il cappellino. Ti sei rasato per nascondere la calvizie. Per chi ti preoccupi? Di certo non per me. Grassa. Hai qualcuna con cui confrontarmi?” chiese Lisa, ferita.
“Lasciami mangiare in pace.” Luigi raccolse un po’ di riso con la forchetta, ma invece di portarlo alla bocca, lo lasciò ricadere nel piatto. “Dammi il ketchup,” ordinò.
Lisa prese la bottiglia dal frigo e la sbatté sul tavolo davanti a lui, poi uscì in silenzio. La sua cena rimase intatta.
Si chiuse nella camera di Sofia, sedendosi sul letto. Le lacrime le bruciavano gli occhi.
*Cucino, mi sfinisco per loro, e in cambio cosa ricevo? Nemmeno un grazie. Mio marito si ringiovanisce, cerca altre donne. Per lui sono solo una massaia. Mia figlia mi tratta come la domestica.*
*Se sono in pensione, posso essere trattata come un oggetto? Avrei continuato a lavorare, se non mi avessero licenziata. L’esperienza non serve più, vogliono solo giovani. Ma cosa sanno fare, i giovani?*
*Mi alzo prima di tutti, anche se non lavoro, per preparare la colazione. Mi affanno tutto il giorno, senza un attimo di tregua. È colpa mia, li ho viziati. E ora se ne approfittano.*
Una lacrima le scivolò lungo la guancia. Lisa la asciugò con un gesto brusco, strofinandosi il viso con le mani.
Aveva sempre creduto che la loro fosse una buona famiglia. Non perfetta, ma neppure peggiore delle altre. Sofia studiava all’università, con ottimi voti. Luigi non beveva, non fumava, portava a casa lo stipendio. La casa era accogliente, ordinata, la tavola sempre imbandita. Cos’altro poteva volere?
Si avvicinò allo specchio dell’armadio, osservandosi con attenzione. *Sì, ho preso qualche chilo, ma non sono grassa. E poi, le rughe si vedono meno con le guance piene. Ho sempre amato mangiare. cucino bene. Ma a loro, a quanto pare, non importa. Quando lavoravo, mi sistemavo i capelli, mi facevo la piega. Ora li raccolgo in fretta, così non mi danno fastidio. È più comodo. Dovrei forse fare le pulizie con i tacchi e la pettinatura? Però, forse è meglio dimagrire un po’. E tingermi i capelli.* Si sedette di nuovo sul letto, perdendosi nei pensieri.
La mattina dopo, Lisa non si alzò come al solito prima di tutti. Rimase a letto, fingendo di dormire. *Sono in pensione, ho il diritto di non saltar giù all’alba. Si arrangino per la colazione.*
Suonò la sveglia. Lisa si girò verso il muro.
“Che c’è? Stai male?” chiese Luigi. Nel tono, nessuna traccia di preoccupazione.
“Uhm,” borbottò lei, affondando il naso nel cuscino.
“Mamma, non stai bene?” entrò Sofia.
“Sì, fate colazione da soli,” rispose Lisa con voce fioca.
Sofia sbuffò e sparì in cucina. Poco dopo, Lisa sentì il bollitore sul fuoco, lo scatto dello sportello del frigo, le voci ovattate di sua figlia e Luigi. Non riusciva a distinguere le parole, ma decise di continuare la commedia.
Luigi entrò nella camera, portando con sé l’odore del suo profumo costoso. Lo stesso che Lisa gli aveva comprato. Poi, uno dopo l’altro, uscirono di casa. Calò il silenzio.
Lisa scoprì il viso, ma non si alzò. Chiuse gli occhi e si addormentò.
Si svegliò un’ora dopo, si stirò soddisfatta e andò in cucina. Nella lavello, tazze sporche. Sul tavolo, briciole di pane. Stava per pulire, ma cambiò idea. *Non sono la loro serva.*
Fece una doccia lunga, poi chiamò la sua vecchia amica Carla.
“Lisa! Che piacere!” la voce dell’amica,Lisa sorrise tra sé, chiuse gli occhi e respirò profondamente, sentendosi finalmente libera di vivere per se stessa.