Sei tu la causa, mamma

*Colpa tua, mamma*

Lucia stava friggendo le polpette quando suonarono alla porta. Uscì dalla cucina per aprire.

“Mamma, è per me,” la fermò a metà strada la voce della figlia. “Apro io.”

“Va bene. Non lo sapevo…”

“Che fai lì ferma? Vai a cucinare le tue polpette,” sbottò la figlia, voltandosi infastidita dalla porta d’ingresso.

“*Mie* polpette? Ho comprato la carne dal macellaio…”

“Mamma, chiudi la porta.” La figlia alzò gli occhi al cielo.

“Potevi dirlo subito.” Lucia tornò in cucina, chiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò ai fornelli, spense la fiamma sotto la padella. Rimase immobile un attimo, poi si tolse il grembiule e uscì.

Nell’ingresso, la figlia indossava il giubbotto. Accanto a lei c’era Marco, l’amico di Chiara, che la guardava con occhi innamorati.

“Ciao, Marco. Dove state andando? Restate a cena con noi.”

“Buonasera,” sorrise il ragazzo, lanciando un’occhiata interrogativa a Chiara.

“Non abbiamo tempo,” rispose lei, evitando lo sguardo della madre.

“Dai, almeno mangiate qualcosa. Ho già tutto pronto,” insisté Lucia. Marco esitò.

“No!” tagliò corto la figlia. “Andiamo.” Prese Marco per il braccio e aprì la porta. “Mamma, chiudi tu?”

Lucia si avvicinò, ma non la chiuse del tutto, lasciando una fessura per ascoltare la conversazione sul pianerottolo.

“Perché le parli così? Profuma divinamente, io non rifiuterei mai le tue polpette.”

“Andiamo. Mangiamo qualcosa al bar. Sono stufa delle sue polpette,” borbottò Chiara.

“Come fanno a stancare? Adoro quelle di tua madre, le mangerei ogni giorno,” disse Marco.

Lucia non capì la risposta di Chiara. Le voci si allontanavano, svanendo sulle scale.

Chiuse la porta e entrò in salotto. Il marito, Giovanni, era davanti alla TV.

“Giovanni, vieni a cena, prima che si freddi tutto.”

“Eh? Vengo.” Si alzò dal divano, superò Lucia e sedette a tavola.

“Che c’è oggi?” chiese, puntuale.

“Riso con polpette, insalata.” Lucia scoprì la padella.

“Quante volte devo dirtelo? Non mangio fritto,” brontolò lui.

“Ho aggiunto acqua, sono quasi al vapore.” Lucia rimase immobile, il coperchio in mano.

“Va bene, ma è l’ultima volta.”

“A nostra età, dimagrire fa male,” osservò lei, porgendogli un piatto di riso e polpette.

“Che età? Ho solo cinquantasette anni. Per un uomo è l’età della saggezza e del vigore.” Afferrò una polpetta con la forchetta, ne addentò metà.

“Avete fatto un patto oggi? Chiara scappa via, tu fai il difficile. Se smettessi di cucinare, vedrei come canticchiereste. Pensate che al ristorante sia più buono?”

“E smettila. Anche a te farebbe bene perdere qualche chilo. Tra poco non ci passi più dalle porte.” Finì la polpetta e infilzò la seconda.

“Ah sì? Secondo te sono grassa? E io che mi scervellavo sul perché improvvisamente ti metti a fare palestra. Jeans nuovi, giacca di pelle, cappellino. Ti radi la testa per nascondere la calvizie. Per chi ti metti in mostra? Di certo non per me. *Grassa*. Hai qualcuno con cui confrontarmi?” domandò Lucia, ferita.

“Lasciami mangiare in pace.” Giovanni infilzò del riso, ma prima di portarlo alla bocca, lo lasciò ricadere nel piatto. “Passami il ketchup,” ordinò.

Lucia prese il barattolo dal frigo, lo sbatté sul tavolo e uscì in silenzio. La sua cena rimase intatta.

Si chiuse nella stanza di Chiara, sedendosi sul letto. Le lacrime le bruciavano gli occhi.

*Cucino, mi impegno, e loro… Do tutto per loro, e in cambio nemmeno un grazie. Giovanni si ringiovanisce, guarda altrove. Per lui sono grassa. Chiara mi tratta come la domestica.*

*Se sono in pensione, allora possono trattarmi così? Lavorerei ancora, se non mi avessero licenziata. I veterani non servono più, vogliono solo giovani. E cosa sanno fare, i giovani?..*

*Mi alzo prima di tutti, anche se non lavoro, per fare colazione. Giro tutto il giorno, senza un attimo di riposo. Colpa mia, li ho viziati. E ora se la prendono comoda, seduti sulla mia schiena.*

Le lacrime scivolarono sulle guance. Lucia le asciugò con le mani.

Aveva sempre creduto che la loro fosse una buona famiglia. Non perfetta, ma nemmeno peggio delle altre. Chiara studiava all’università. Giovanni non beveva, non fumava, portava a casa lo stipendio. La casa era accogliente, il cibo buono. Cosa gli mancava?

Si avvicinò allo specchio dell’armadio, osservandosi con attenzione. *Sì, ho preso qualche chilo, ma non sono grassa. Però le rughe si vedono meno con le guance piene. Ho sempre amato mangiare. Cucino bene. Ma a loro non interessa.*

*Quando lavoravo, mi sistemavo i capelli. Ora li raccolgo per praticità. Cosa devo fare, pulire in tacchi e pettinata? Ma forse dovrei dimagrire. E tingermi i capelli.*

Rimase a lungo a pensare.

La mattina dopo, Lucia non si alzò per prima come al solito. Fingeva di dormire. *Sono in pensione, ho il diritto di riposare. Si preparino la colazione da soli.*

Squillò la sveglia. Lucia si mosse, girandosi verso il muro.

“Che hai? Stai male?” chiese Giovanni, senza un briciolo di preoccupazione.

“Mm-hmm,” borbottò lei, infilando il naso nel copriletto.

“Mamma, ti senti male?” entrò Chiara.

“Sì, fate colazione da soli,” rispose con voce fioca.

Chiara sbuffò e se ne andò. Presto, Lucia sentì il bollitore sul fuoco, lo sportello del frigo, le voci attenuate della figlia e del marito. Non capiva bene, ma decise di continuare la commedia.

Giovanni entrò nella stanza, portando con sé l’odore del suo costoso profumo. Lucia gliel’aveva regalato lei. Poi, uno dopo l’altro, uscirono.

Silenzio.

Lucia si scoprì, ma non si alzò. Chiuse gli occhi e si addormentò.

Si svegliò un’ora dopo, si stirò beata e andò in cucina. Tazze sporche nel lavello, briciole ovunque. Stava per pulire, ma cambiò idea. *Non sono la domestica.*

Fece la doccia, poi chiamò un’amica di vecchia data, Elena.

“Lucia!” rispose quella, con la stessa voce allegra di sempre. “Come stai? Ti sei stancata di riposare, pensionata?”

Lucia disse che le mancava, che era stufa di stare a casa, che non visitava la tomba dei genitori da tempo. La disturba se viene a trovarla?

“Certo, vieni! Quando?”

“Adesso stesso, vado alla stazione.”

“Allora inforno una crostata!”

Lucia preparò una piccola valigia. Lasciò un biglietto: *Sono da Elena, non so quando torno.*

Sulla strada per la stazione, ebbe deiLucia sorrise tra sé, accarezzando il nuovo taglio di capelli, mentre il tramonto tingeva il cielo di rosa e capì che, finalmente, aveva imparato a volersi bene.

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