Sei tu la causatrice, mamma

Era tutta colpa tua, mamma

Luisa stava friggendo le polpette quando suonarono alla porta. Lasciò la cucina per aprire.

“Mamma, sono qui per me,” la fermò la voce della figlia a metà strada. “Apro io.”

“Va bene. Non lo sapevo…”

“Che fai lì impalata? Torna a friggere le tue polpette,” disse irritata la figlia, voltandosi verso di lei dalla porta d’ingresso.

“Perché *mie*? Ho comprato il macinato dal macellaio…”

“Mamma, chiudi la porta.” La figlia alzò gli occhi al cielo.

“Potevi dirlo subito.” Luisa tornò in cucina, chiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò ai fornelli e spense il gas sotto la padella. Dopo essersi fermata un attimo, si tolse il grembiule e uscì.

Nell’ingresso, la figlia stava infilando la giacca. Accanto a lei c’era Marco, l’amico di Francesca, che la fissava con occhi innamorati.

“Ciao, Marco. Dove andate? Perché non cenate con noi?”

“Buonasera,” sorrise il ragazzo, guardando interrogativo Francesca.

“Siamo di fretta,” rispose lei, senza degnare la madre di uno sguardo.

“Ma insomma, restate a cena! Ho già tutto pronto,” insistette Luisa. Marco esitò.

“No!” sbottò la figlia. “Andiamo.” Prese Marco per il braccio e aprì la porta. “Mamma, chiudi tu?”

Luisa si avvicinò alla porta, ma non la chiuse del tutto, lasciando una fessura per ascoltare la conversazione sul pianerottolo.

“Perché le parli così male? Profuma di buono, non mi dispiacerebbe mangiare le tue polpette.”

“Andiamo. Mangiamo qualcosa al bar. Sono stufa delle sue polpette,” borbottò la figlia.

“Come si fa a stufarsi? Adoro le polpette di tua mamma, le mangerei ogni giorno,” disse Marco.

Luisa non capì la risposta di Francesca. Le voci si affievolirono mentre scendevano le scale.

Chiuse la porta ed entrò in salotto. Il marito era davanti alla TV.

“Giorgio, andiamo a cena, prima che si raffreddi tutto.”

“Eh? Andiamo.” L’uomo si alzò dal divano e superò Luisa direzione cucina, sedendosi a tavola.

“Che c’è stasera?” chiese in tono perentorio.

“Riso con polpette, insalata,” rispose Luisa, scoprendo la padella.

“Quante volte devo dirti che non mangio le polpette fritte?” sbuffò lui.

“Ho aggiunto un po’ d’acqua, sono quasi al vapore.” Luisa rimase immobile davanti ai fornelli con il coperchio in mano.

“Dai, va bene. Ma è l’ultima volta.”

“Alla nostra età, dimagrire fa male,” osservò Luisa, posando davanti a lui un piatto di riso e polpette.

“Che età? Ho solo cinquantasette anni. Per un uomo è l’età della saggezza e della piena forma.” Afferrò una polpetta con la forchetta e ne addentò metà.

“Ma vi siete messi d’accordo oggi? Francesca se n’è andata di corsa, rifiutando la cena, e tu fai lo schizzinoso. Smettessi di cucinare, vediamo come canterete. Pensate che al bar sia più buono e sano?”

“E allora non cucinare. Anche a te farebbe bene dimagrire. Fra poco non passerai più dalla porta.” Finì la prima polpetta e infilzò la seconda.

“Ah sì? Secondo te sono grassa? E io che mi sono scervellata sul perché improvvisamente ti metti a curare il look. Hai comprato jeans nuovi, una giacca di pelle, un berretto da baseball. Ti sei rasato i capelli per nascondere la calvizie. Per chi ti fai bello? Di certo non per me. Grassona io. Hai qualcuno con cui confrontarmi?” chiese Luisa, ferita.

“Lasciami mangiare in pace.” Giorgio infilzò un po’ di riso, ma prima di portarlo alla bocca lo lasciò ricadere nel piatto. “Dammi il ketchup,” ordinò.

Luisa prese dal frigo un barattolo di ketchup, lo sbatté sul tavolo davanti a lui e uscì in silenzio. La sua cena rimase intatta.

Si chiuse nella stanza di Francesca, sedendosi sul letto. Le lacrime le rigavano il viso.
“Lavori, ti sforzi, e loro… Faccio tutto per loro, e in cambio nessun ringraziamento. Mio marito si ringiovanisce, guarda altre donne. Per lui sono una grassona. Mia figlia mi considera come la serva.

Se sono in pensione, possono trattarmi così? Avrei continuato a lavorare, se non mi avessero licenziata. I dipendenti esperti non servono più, vogliono solo giovani. Ma cosa sanno fare, i giovani?…

Mi alzo prima di tutti, anche se non lavoro, per preparare la colazione. Mi affanno tutto il giorno, senza un attimo di pausa. È colpa mia, li ho viziati troppo. E ora mi cavalcano, comodi comodi.” Le lacrime le scivolavano sulle guance. Soffocò un singhiozzo e si asciugò il viso con le mani.

Aveva sempre creduto che la loro fosse una buona famiglia. Non perfetta, ma non peggio delle altre. Francesca studiava all’università ed era brava. Giorgio non beveva, non fumava, portava a casa lo stipendio. C’era ordine e tranquillità, il cibo era buono. Cosa gli mancava?

Si avvicinò allo specchio dell’armadio, osservandosi attentamente. “Sì, sono ingrassata, ma non sono certo grassa. Però le rughe si vedono meno sulle guance piene. Ho sempre amato mangiare. Cucino bene. Ma a loro, a quanto pare, non importa. Quando lavoravo, mi sistemavo i capelli, li arricciavo. Ora li raccolgo sulla nuca per comodità. Ma come faccio a fare le pulizie con i tacchi e la pettinatura? Però, dovrei dimagrire. E tingermi i capelli.” Si risedette sul letto, pensierosa.

La mattina dopo, Luisa non si alzò prima degli altri come al solito. Rimase a letto, fingendo di dormire. “Sono in pensione, ho il diritto di non alzarmi all’alba. Si preparino la colazione da soli.”

Squillò la sveglia. Luisa si mosse, voltandosi verso il muro.

“Che hai? Stai male?” chiese il marito. Nella voce, nessuna traccia di compassione.

“Uhm,” rispose Luisa, infilandosi il naso sotto le coperte.

“Mamma, stai male?” entrò in camera Francesca.

“Sì, fate colazione da soli,” rispose con voce fioca da sotto le coperte.

La figlia sbuffò e andò in cucina. Poco dopo, Luisa sentì il bollitore sul fuoco, lo sportello del frigo sbattere e le voci attutite di Francesca e Giorgio. Non riusciva a sentire bene attraverso le coperte, ma decise di continuare a recitare la parte dell’ammalata.

Giorgio entrò in camera, portando con sé l’odore del suo costoso profumo. Era stata Luisa a comprarglielo. Poi, lui e Francesca uscirono uno dopo l’altro. Calò il silenzio. Luisa si scoprì, ma non si alzò, chiuse gli occhi e si addormentò.

Si svegliò un’ora dopo, si stirò pigramente e andò in cucina. Nel lavello c’erano tazze sporche, il tavolo cosparso di briciole. Pensò di pulire, ma cambiò ideaDopo un lungo respiro, Luisa sorrise tra sé e sé, accarezzando il nuovo taglio di capelli e pensando che forse, finalmente, aveva capito quanto valesse.

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