Sempre riso e uova, mamma? Non sopporto più questa miseria!

**Diario Personale**

“Ancora riso e uova, mamma? Non ce la faccio più a sopportare questa miseria!” urlai furioso.

Mia madre trasalì, la forchetta le scivolò dalle mani tremanti. Abbassò lo sguardo, cercando di nascondere la vergogna.

“È tutto quello che abbiamo, figlio mio…” sussurrò con voce fioca.
Sbattetti il piatto sul tavolo. Il riso si sparse per terra. Qualche chicco rimase attaccato al suo volto.

“Allora mangiatelo tu, questa schifezza!” gridai, voltandomi via.

Lei non rispose.
Si inginocchiò, tremando, e iniziò a raccogliere i chicchi uno a uno.
Come se volesse salvare ciò che le rimaneva… cibo e dignità.

Poi si ritirò in camera sua.
Si inginocchiò accanto al letto, come faceva ogni sera.
E pregò. Per me.
Ma io non sentivo più il suo amore.
Non vedevo più alcun valore in lei.

Dopo qualche giorno annunciai:
“Me ne vado. Basta con questa vita da mendicante. Vado a Milano, voglio di più.”

Non mi trattenne. Non pianse.
Ma con il cuore spezzato mi strinse la mano e disse:
“Promettimi solo una cosa: rispondi alle mie chiamate. Ti supplico, figlio mio… ti supplico.”

Sospirai, irritato.

Allora aggiunse, con voce rotta:
“Sono stanca… Sento che il mio tempo sta finendo.

Quando smetterò di chiamarti… sarà perché non ci sarò più.”
Mi liberai dalla sua stretta e me ne andai.
Nemmeno un vero addio.

Milano non era come l’avevo sognata.
Lavorai ovunque: scaricai scatole, feci il buttafuori, impastai cemento nei cantieri.

Mangiare era un lusso. I soldi, ancora di più.
Ma ogni giorno… il telefono squillava.

“Ciao, figlio… come stai?”
“Occupato, mamma. Ciao.”

E riattaccavo. Sempre più secco. Sempre più distante.
Finché un giorno… il telefono non squillò più.
E quel silenzio… fu più rumoroso di qualsiasi parola.
Passai la giornata fissando lo schermo.

Arrivò la sera. E pensai:
“È morta.”
Non piansi.

Non provai nemmeno a richiamare.
Figuriamoci andare al funerale.

Non avevo soldi. Ma anche se li avessi avuti, non sarei partito.

Passarono i giorni. Sapevo che era morta.

Stufo della povertà, accettai un’offerta:
“È un lavoro semplice. Devi solo guidare,” mi disse un conoscente.

L’auto era piena di droga. Lo sapevo.
Ma volevo soldi facili.

Quella sera mi sedetti al volante, sistemai lo specchietto, afferrai il sterzo…
E il telefono vibrò.

Numero sconosciuto.
Risposi.

“Figlio… ti prego, non farlo. Non partire.
Torna a casa. Subito. Ti supplico.”

La voce… era la sua.
Il cuore mi si strinse.

“Mamma!? Sei viva!?”
“Ascoltami. Torna a casa. E abbi cura di te.”

E riattaccò.
Provai a richiamare.

Ma la fredda risposta automatica mi spezzò il petto:
“Numero inesistente.”

Scesi dall’auto. Sudavo freddo. Respiravo a fatica.
Vendetti tutto quel che potei. Vestiti, un paio di scarpe.

Mi arrangiai con un banchetto per strada. Raccimolai abbastanza per tornare.

Quando arrivai, c’era silenzio.
I vicini mi guardarono con tristezza.

“Tua madre è morta un mese fa…”

Crollai sul marciapiede.

“Non può essere… mi ha chiamato ieri!”
“Impossibile. Se n’è andata da tempo, figliolo.”

Entrai in casa.
Nell’aria c’era ancora il suo profumo.
Il silenzio era insopportabile.

Nella sua camera, accanto al letto, c’erano due impronte sul pavimento.
Dove si inginocchiava ogni notte a pregare… per me.

In un angolo, un foglio con un elenco di preghiere.
Il mio nome, il primo. Ogni giorno.
Da quando me n’ero andato… fino all’ultimo.
Mi inginocchiai.

Piansi. Disperatamente. Senza respiro.
Corsi in cucina, mi lavai il volto… e vidi.
Un foglietto piegato sul tavolo.
Non era una lettera.

Era una preghiera, scritta da lei:
“Signore, sento che me ne sto andando.
E se morirò, non potrò più pregare per mio figlio.
Perciò… lo affido a Te.

Se un giorno sarà in pericolo, ti prego… avvisalo.
Chiamalo su questo numero.”
E in fondo… c’era il mio numero.

In quel momento, il telefono vibrò.

Una notifica:
“Auto crivellata di colpi. Autista ucciso. Carico scomparso.”
Nella foto, la stessa macchina che dovevo guidare quella notte.

Caddi in ginocchio.
E capii.
Quella chiamata… era venuta dal cielo.

Dio aveva ascoltato l’ultima preghiera di una madre.
E aveva salvato un figlio che non sapeva amare.

Se tua madre ti chiama ancora… rispondi.
Prima che sia troppo tardi.

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