Senza Amore

**L’Indesiderata**

Fin da piccola, Antonella odiava il suo nome. Troppo antico, da vecchia. Quando crebbe, la madre le raccontò che il padre, da giovane, aveva avuto una cotta per una donna bellissima e vivace di nome Antonella. Lui era pazzo di lei, ma lei lo respinse e sposò un altro.

“Poi incontrò me. Quando sei nata, ti ha dato il suo nome. Non ha mai dimenticato il suo primo amore,” disse la madre con calma.

“E tu non sei gelosa?”

“No. Lui ama te e me. Ma il primo amore è qualcosa che resta nel cuore. Anche tu un giorno ne avrai uno così,” rispose, accarezzandole i capelli.

“E quella Antonella era brutta come me?” sbottò la ragazzina.

“Ma che sciocchezze dici! Ricordi la favola del brutto anatroccolo? E se non ti piace il nome, quando sarai grande potrai cambiarlo. Come ti piacerebbe chiamarti?”

Antonella si mise davanti allo specchio e provò a pronunciare altri nomi, come se fossero vestiti da indossare. Ma nessuno le si addiceva. Sospirò, pensando che un nome diverso non l’avrebbe resa più bella. E poi, ormai ci era abituata.

Ma dubitava che qualcuno l’avrebbe mai amata come il padre aveva amato la sua Antonella. Capelli spenti, occhi piccoli e stretti, mento appuntito. Insomma, un disastro.

Il padre la amava quasi quanto amava bere. Sulla strada di casa dal lavoro, spesso si fermava in un’osteria economica a svuotare qualche bicchiere. E quando beveva, diventava affettuoso. Portava sempre qualcosa ad Antonella: una barretta di cioccolato, un pupazzo, o qualche soldo. Lei li metteva da parte e comprava ciò che desiderava.

Quando finì le superiori, il padre morì. Tornando a casa, vide dei bambini giocare vicino al fiume. La palla cadde in acqua, e lui, ubriaco, cercò di recuperarla. Annegò.

La madre lo insultava, dicendo che le aveva lasciate sole. “Come faremo? Antonella deve studiare, ma con cosa? Che futuro avrà in un paesino così?”

Antonella si disperò per la perdita, ma non voleva andarsene. La madre, però, la obbligò.

“Che ci fai qui? Vai, magari trovi marito,” le disse con rassegnazione.

Così partì. Sognava di diventare medico, ma sapeva che con una scuola di paese sarebbe stato difficile. Si iscrisse a un corso per infermieri. Le piacevano quei camici bianchi.

Nella stanza del dormitorio, la sua compagna era la bellissima Margherita. Dio l’aveva benedetta: capelli ricci e scuri, occhi castani, pelle dorata, labbra rosse. E un fisico da urlo. Antonella la guardava con invidia, mentre Margherita, al confronto, si sentiva una dea.

Stavano bene insieme, finché Margherita non conobbe uno studente del politecnico.

Appena lo vide, Antonella perse la testa. Era impossibile resistere. Lui, Paolo, spesso veniva a prendere Margherita, ma lei studiava tanto, decisa a diplomarsi con lode.

“Quanto ci metti?” sbuffava lui.

“Vai al cinema con Antonella. Io ho un esame domani,” rispondeva Margherita.

Antonella sarebbe stata felice di sedersi accanto a Paolo al buio, tremando di emozione. Ma lui non la invitava. Aspettava un po’, poi se ne andava.

“Perché lo tratti così? Se qualcuno mi aspettasse, sarei al settimo cielo,” si indignava Antonella.

“Che te ne fai? È chiaro che vuole solo divertirsi. Le ragazze gli cadono ai piedi. Cerca qualcuno più semplice,” suggeriva la “buona” Margherita.

Antonella studiava poco. Una volta Paolo arrivò, ma Margherita era ancora in biblioteca. Sul tavolo c’era una padella di patate fritte con pancetta, il profumo attirava chiunque.

“Vuoi cenare con me? Margherita arriverà presto,” propose Antonella, vedendolo inghiottire la saliva.

Non ci volle molto per convincerlo. Divorò tutto, mentre lei lo guardava adorante, sperando che Margherita tardasse.

“Saresti una brava moglie,” disse Paolo, sazio, appoggiandosi alla sedia come una zanzara piena di sangue.

Un sabato, Paolo venne da Margherita. Avevano programmato di andare al cinema, ma lei era rientrata a casa per una chiamata della madre.

“Se viene Paolo, scusami tu,” gli aveva detto prima di partire.

Antonella preparò un’altra cena speciale.

“Ho già i biglietti,” si rattristò lui quando scoprì che Margherita non c’era.

“Andiamoci insieme,” propose Antonella. “O hai vergogna di me?”

“Ma che dici? Per niente. Vesti”Stranamente, anche dopo tutti quegli anni, quella stessa sera lui le prese la mano mentre tornavano a casa, e per la prima volta Antonella capì che forse, in fondo, qualche cosa era cambiato davvero.”

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