Sfogliando la vita

**Sfogliando la vita**

Vivevano sempre in tre: nonna Vera, mamma Valeria e Anastasia. Anastasia non ricordava suo padre; una volta aveva provato a chiedere alla madre di lui, ma quella laveva stretta a sé e le lacrime erano affiorate. Così Anastasia non chiese più, non voleva rattristarla.

“Non farò più piangere la mamma,” decise allora. “E poi, che mi importa di un padre, quando con nonna e mamma sto così bene?”

Ma nonna Vera morì quando Anastasia compì dieci anni, e rimasero solo lei e la madre. Anastasia aveva sempre amato disegnare, fin da piccola, ovunque potesse. Valeria non dava peso ai suoi scarabocchi, limitandosi a dire:

“Tesoro, sprechi carta invece di studiare.”

A scuola, però, il professore di disegno la lodava spesso:

“Anastasia, se studierai arte, avrai un grande futuro. Credimi, ne so qualcosa, e dillo anche a tua madre.”

Ma la madre non prese sul serio quelle parole:

“Che ne sa un semplice professore di disegno? Beh, lasciamola fare, purché si tenga occupata.”

Tuttavia, comprava tutto il necessario perché Anastasia potesse dipingere. Lei si immergeva con passione nella sua arte, amando soprattutto i paesaggi. Quando arrivò il momento di finire la scuola, decise di iscriversi allAccademia di Belle Arti, ma la madre aveva altri piani:

“Niente Accademia. Ti iscriverai alluniversità per diventare insegnante.”

“Mamma, non voglio fare linsegnante”

“Non ti ho chiesto cosa vuoi. Che razza di lavoro è lartista?” Anastasia non osò disobbedire.

Come tutte le ragazzine, sognava il principe azzurro: immaginava di incontrarlo un giorno, bello, alto e gentile, e di riconoscerlo al primo sguardo.

Arrivarono gli esami di maturità, e per calmarsi, Anastasia scappava con il cavalletto al fiume. Solo lì si sentiva felice, dipingendo paesaggi. Sullaltra sponda cera un dirupo, e oltre, un bosco di pini. A volte vedeva dei pescatori sotto la scarpata, alcuni in barca, altri con la canna. Li trasferiva sulla tela, cercando di catturare le nuvole riflesse nellacqua.

Un giorno, mentre dipingeva, il quadro non le veniva. Fissò la tela, pensierosa.

“La pittura va stesa con leggerezza, non premere troppo, altrimenti le nuvole non respirano Devi sfiorare la tela con grazia, guarda.”

Anastasia rimase incantata dalla voce maschile. Lui le prese il pennello di mano, sfiorò la tela con un tocco lieve, e le nuvole presero vita, tremolarono.

Ma non solo le nuvole tremaronoanche il cuore di Anastasia si mise a battere forte. Alzò lo sguardo e rimase senza fiato. Davanti a lei cera il principe dei suoi sogni.

“Ciao, come ti chiami, creatura incantevole? Io sono Antonio.”

Anastasia rimase immobile, le parole bloccate in gola. Poi, riprendendosi, sussurrò:

“Anastasia.”

Lui le tese la mano, lei la porse, eoh, meravigliaAntonio gliela baciò, dolcemente. Nessuno laveva mai fatto.

Da quel giorno si incontrarono al fiume. Lui le insegnava i segreti della pittura, essendo un artista. Veniva da una grande città, ospite di una zia. Aveva frequentato lAccademia, ma come molti grandi artisti, il mondo non lo riconobbe. La rabbia gli usciva di bocca:

“Non importa, se ne pentiranno. Verrà il mio momento, e quei miserabili incapaci capiranno chi hanno rifiutato!”

Mentre parlava, abbracciava Anastasia, la baciava, e lei si scioglieva tra le sue braccia. Poi, senza quasi rendersene conto, accadde tutto. Non oppose resistenzaera perdutamente innamorata del suo principe. Accadde ancora un paio di volte, poi Antonio sparì. Lei lo aspettò e riaspettò sulla riva del fiume, ma non riusciva più a dipingere.

“Mi ha abbandonato? Davvero se nè andato per sempre? Ma mi aveva detto che mi amava, per sempre Non può essere sparito così.”

Poi, finalmente, capì: Antonio non sarebbe tornato.

Gli esami finirono, arrivò il diploma e liscrizione alluniversità. Anastasia era senza gioia, ma andò bene comunqueera sempre stata brava a scuola.

Erano passati due mesi dalla scomparsa di Antonio, e Anastasia si preparava per gli esami dammissione in unaltra città, quando si sentì male. La madre si preoccupò:

“Sei pallida, tesoro.”

“Non so, mamma, ho le vertigini”

Non sarebbe diventata studentessa: era incinta. La madre andò su tutte le furie. Urlò, pianse, batté i piedi, poi disse:

“Conosco un medico. Per una modica somma, sistemerà tutto.”

Anastasia fu presa dal terrore. Non voleva perdere il bambino, nonostante il tradimento di Antonio.

“Mamma, non lo farò mai,” rispose decisa.

“Non sei tu a decidere. Non vogliamo quel bambino. Vestiti, il dottore ci aspetta oggi.”

“No. Se mi costringi, scapperò di casa o farò qualcosa di irreparabile. Hai capito?”

La sua voce era così ferma che la madre impallidì e si spaventò.

“Perdonami, figlia mia, perdonami,” scoppiò in lacrime. “Ti ho cresciuta da sola, e cresceremo anche tuo figlio.”

Si riconciliarono, e Valeria non ne parlò più. Anzi, attese con gioia la nascita del bambino. Finalmente arrivò il giorno, e Anastasia fu portata in ospedale.

Si svegliò in una stanza bianca, accanto a una donna anziana in camice.

“Ecco, va meglio.”

“Chi è lei?” chiese Anastasia. “Dovè la mia bambina?”

“Sono il dottore. La bambina non cè più. Ho fatto tutto il possibile, ma non ce lha fatta. Avrai altri figli.”

Anastasia urlò, ma le fecero uniniezione e sprofondò nel buio. Poi insistette per andare al funerale: vide una piccola bara e pianse. Le mostrarono la bambina, unimmagine che le rimase per sempre nella memoria.

**Decise di aprire un atelier**

Passarono gli anni. Anastasia non si sposò e non divenne unartista. Il desiderio di dipingere era morto con la figlia. Il tempo lenì il dolore. Imparò a fare la sarta e lavorò in una fabbrica tessile.

Poi la madre si ammalò gravemente. Anastasia la accudiva, correndo dal lavoro per darle da mangiare. Ma la donna si spegneva lentamente, e un giorno le sussurrò:

“Anastasia tua figlia è viva. Mia nipote Violetta. È viva. È Violetta Sergio So”

Non finì la frase. I suoi occhi si spensero.

Anastasia non ci credette, pensando fossero deliri di una morente. Aveva seppellito sua figlia con le sue manicome poteva essere viva? Dopo la morte della madre, il vuoto fu difficile da sopportare. Per non pensare, decise di chiedere un prestito e aprire un piccolo atelier.

Si immerse nel lavoro, e tutto andava bene: assunse unaltra sarta, i clienti arrivavano. Non era un grande guadagno, ma le bastava.

Ultimamente, però, Anastasia faceva sempre lo stesso sogno: una ragazza in un cappotto beige, bella e sorridente, le veniva

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

five × three =

Sfogliando la vita