**Giorno 15 – Il Salvataggio del Cielo**
“Michele, vuoi una sfogliatella ripiena di carne, con il formaggio o magari con la ricotta?”
“Mamma, voglio quella con il formaggio!”
“Va bene, tesoro, adesso la prendiamo.”
La panettiera alla stazione infilò la sfogliatella in un sacchetto trasparente. Fuori faceva freddo, la sera stava per diventare notte. La mamma e il bambino attraversavano il parco innevato, dove i rami scricchiolavano sotto la neve e l’aria era immobile, frizzante, piena di scintille di ghiaccio.
“Mamma…”
“Che c’è adesso?”
“Non mi piace! Voglio quella con la carne!”
“Dai, Michele! Te l’ho chiesto prima! Sei troppo viziato!” La donna alzò le mani, esasperata.
Con un gesto irritato, il bambino lasciò cadere la sfogliatella. Volò in aria e finì sotto un grande abete, avvolto in rami ghiacciati. Nel sussurro della neve, c’era qualcosa di triste, di inevitabile.
Eppure, quella sfogliatella aveva una storia. Lenta, faticosa, vera.
Tutto era iniziato in estate, nei campi dorati vicino a Firenze. Un piccolo chicco di grano, cresciuto sotto un cielo limpido, maturava in una spiga gonfia di sole. Poi, la mietitura, il mulino, i sacchi di farina, il viaggio fino alla panetteria all’angolo di Via degli Ulivi. Lì, dove impastavano a mano, dove il panettiere con le mani callose spalmava generosamente formaggio ed erbe aromatiche, piegando strato dopo strato.
La sfogliatella uscì dal forno calda, dorata, profumata. Piena di cura e di amore. Ma… non era destino. Un capriccio umano aveva interrotto il suo viaggio, e ora giaceva nella neve, gelando, diventando una crosta senza vita. Tutta quella fatica, tutto quel calore—per niente?
Pallino era un gatto di strada. Non viveva nelle cantine, né in appartamento, ma sotto il cielo e la neve. Grigio, moderatamente peloso, con occhi verdi come smeraldi, era il più anziano del quartiere—quattro anni in strada! Un veterano. Dimorava vicino al terzo portone, dove le nonne gli portavano da mangiare ogni giorno.
Non poteva essere un gatto di casa. Ci aveva provato. Una famiglia del quarto piano lo aveva adottato. Ma Pallino rompeva i vasi, correva di notte, inseguiva le ombre. Non sapeva vivere rinchiuso. La sua anima era libera.
Poi, accadde il terribile. Un uomo entrò nel cortile con un cane enorme. Una bestia pelosa, con occhi furiosi. E quell’uomo, quasi per crudeltà, lo aizzò contro Pallino. Una corsa tra le auto, sui marciapiedi ghiacciati. Pallino riuscì a scappare. Saltò su un albero—e su, sempre più su, finché il cuore non gli martellò nel petto.
Ma scendere? Non sapeva come. Il ramo sotto le zampe era sottile, e la paura lo paralizzava. Chiamò le nonne. Il primo giorno, si agitavano sotto l’albero, con la valeriana, con le chiamate alla protezione civile: “Salvate il gatto, non riesce a scendere!”
“Scenderà da solo!” rispondevano al telefono. “Cadrà quando sarà stanco.”
Il secondo giorno. Nevicava. La gente sparì. Pallino mangiò la neve. Rosicchiò rametti per la fame. La notte sembrava infinita. Il gelo gli si attaccava al pelo, trasformandolo in una palla di ghiaccio. Il terzo giorno—smise di chiamare. Rimase lì, in silenzio, sfinito. Il freddo gli bruciava le ossa, le zampe erano bluastre, il cuore batteva a singhiozzo. Stava perdendo se stesso.
Poi, il quarto giorno, l’inevitabile: le zampe si allentarono. E Pallino, come una foglia d’autunno, cadde. Turbinando, spargendo fiocchi di neve, atterrò in un cumulo. Tremò—e non riuscì ad alzarsi. Aprì la bocca—non emise un suono. Era la fine?
Poi, un odore. Un colpo al naso, come un raggio di sole nel buio. Cibo.
Aprì gli occhi a fatica. Davanti a lui, sulla neve—lei. La sfogliatella. Ancora tiepida dentro, congelata fuori, ma profumata, gustosa, vera. Addentata da un bambino, ma ancora buona.
Pallino si lanciò. Afferrò, strappò, masticò, incredulo. Mangiò come mai prima. Quel pezzo di pasta, burro e formaggio, che aveva viaggiato dal campo alla spazzatura, era diventato la sua salvezza. Un secondo respiro. Un dono dal cielo.
Saltò in piedi. Si guardò intorno. La tormenta urlava, ma nel suo corpo c’era calore. Si scrollò di dosso la neve e corse verso il portone. Quello delle nonne.
“Pallino! Santo cielo! Guardate, è vivo!” gridò zia Giovanna, uscendo sulla porta.
“Pallino! Abbiamo chiamato, abbiamo aspettato! La protezione civile non è venuta! Ma è caduto da solo, pazzerello!”
Le nonne lo circondarono come un tesoro. Qualcuno aprì la porta, qualcuno portò una coperta calda. E Pallino… questa volta entrò. Senza fare rumore. Si sdraiò in un angolo. Si scaldò. Assaporò la sua sfogliatella.
E chissà, lì nella panetteria calda, in quello stesso momento, stavano cuocendo una nuova infornata. E una di quelle, forse, un giorno, avrebbe salvato un’altra vita.
La fine è solo l’inizio. Soprattutto se sei un gatto. Soprattutto se incontri una sfogliatella.