Sfumature di Felicità

**Sfumature di Felicità**

“Oh, ciao, amico mio,” disse Luca, aprendo la porta a Marco, il suo amico d’infanzia che viveva in città.

“Ehilà,” lo abbracciò Marco. “Quanto tempo! Sono passati quattro mesi dal funerale di mia nonna. Volevo venire prima, ma non ce l’ho fatta. Ho preso le ferie e ho deciso di rilassarmi qui in campagna.”

“Ottima idea. Andremo a pescare al lago nel bosco, o magari al fiume, ricordi come facevamo da ragazzi?” disse Luca, tutto contento.

Erano cresciuti insieme, correvano per le strade del paese, nuotavano nel fiume, combinavano marachelle e frequentavano la stessa scuola. Marco era sempre stato il più vivace e pieno di idee, mentre Luca lo sosteneva in tutto.

“Sei solo? Dov’è tua moglie?” chiese Marco.

“È andata a fare la spesa, tornerà tra poco. È una perfetta massaia, cucina divinamente e mi riempie come un maiale a Natale,” rispose Luca, orgoglioso di sua moglie, Ginevra.

Si erano sposati sei anni prima, ma ancora non avevano figli. Ginevra era andata all’ospedale regionale con il marito, ma i dottori avevano detto che andava tutto bene, bisognava solo aspettare.

Luca mostrava il suo affetto in ogni modo: si preoccupava per lei, la aiutava in tutto, non le faceva sollevare pesi. Le donne del paese la invidiavano, alcune con ammirazione, altre con veleno.

“Che fortuna ha Ginevra! Luca la tratta come una principessa, non beve, la adora.”

Ginevra viveva serena, si dedicava alla casa e ai suoi vestiti, ma a volte la malinconia la assaliva guardando i figli dei vicini. Lavorava come contabile nel municipio del paese.

Evitavano di parlare di bambini, ma Luca spesso pensava:

“Quando arriverà un figlio, ci avvicineremo ancora di più.” A volte sentiva un gelo invisibile da parte di sua moglie.

Ginevra percepiva il suo amore travolgente, e a volte le sembrava quasi soffocante.

“Buongiorno,” sentì Marco dire, voltandosi.

Davanti a lui c’era Ginevra con una busta della spesa in mano. Luca le prese il sacchetto premurosamente e lo portò in cucina.

“Ciao,” disse Marco, ammirando involontariamente le gambe slanciate di Ginevra e i suoi capelli biondi e mossi. “Sono Marco, l’amico d’infanzia di Luca.”

“Non mi avevi mai parlato di questo amico,” disse a suo marito.

“Vive in città. Qualche mesi fa è morta sua nonna, abitava dall’altra parte del paese, ricordi la nonna Maria? Tu non sei di qui, per questo non lo conosci.”

“Sì, ricordo. Quindi questo è suo nipote, il nostro Marco, che se n’è andato subito dopo le superiori.”

“Esatto,” confermò Marco, sorridendo.

“Va bene, Ginè, noi usciamo un po’, tu prepara qualcosa da mangiare,” disse Luca, e uscirono.

Era domenica, e da lunedì Ginevra sarebbe stata in ferie. Era l’inizio di settembre, l’autunno si annunciava con foglie gialle che danzavano nel vento.

Apparecchiò in giardino sotto la pergola. Con quel tempo, non c’era voglia di stare chiusi in casa. Quando tornarono, si sedettero a tavola.

“Marco, che bello averti qui! Finalmente andremo a pescare. Dovresti venire più spesso. Abbiamo pascolato le mucche con mio nonno, rubato mele negli orti dei vicini, e ora sei diventato un cittadino.”

“Ma dai, cittadino un corno, sono nato qui, questa è la mia terra,” disse Marco, dandogli una pacca sulla spalla.

Ginevra osservava i due amici ricordare il passato, ridere e scherzare, e si stupiva della loro amicizia. Ricordò la crostata nel forno, corse a prenderla e la tagliò.

“Che bontà! Non ho mai mangiato una crostata così,” esclamò Marco. “Ginevra, sei fantastica.”

“Eh sì, mia moglie è un’ottima cuoca,” si vantò Luca. “Mi ha ingrassato tanto…”

Risero, bevvero vino e chiacchierarono fino a tardi. Quando tornarono, Ginevra pensò:

“Per fortuna Luca non è bello come Marco. Troppo affascinante, troppo brillante, parla benissimo. In città avrà donne a bizzeffe. Non è sposato, ma salta sicuramente da una all’altra.”

Marco cominciò a frequentare spesso la casa di Luca, soprattutto quando lui era al lavoro. La domenica andarono a pescare, il tempo era perfetto. Arrostirono il pesce in giardino, si unirono altri amici e fu una festa.

Una sera, Ginevra notò lo sguardo di Marco, diverso, intenso. Sapeva di essere carina, ma era sposata.

Poco dopo, andò a chiudere il pollaio e si trovò faccia a faccia con Marco.

“Cosa ci fai qui?”

“E tu? Ammiri la luna?”

“Non ho tempo per la luna, ho dimenticato di chiudere il pollaio. Sei venuto a fumare?”

“No, sono venuto per te,” disse Marco senza mezzi termini. “Mi piaci… mi sono innamorato di te al primo sguardo. Non l’hai notato?”

“Marco, hai bevuto?” arrossì, fortunatamente al buio.

“No. Sono sobrio e serio. Penso a te da due settimane…”

“Ginè!” chiamò Luca, e lei si allontanò.

“Ho chiuso il pollaio, altrimenti le galline scappano.”

“Che ci fai qui?” chiese Luca, vedendo Marco.

“Ah, stavo chiedendo a Ginevra dove…” rise, e Ginevra indicò il recinto.

Fingendosi la moglie perfetta, Ginevra non credeva alle parole di Marco. Fortuna che fosse buio, altrimenti Luca avrebbe capito. La notte fu agitata, si rimproverava:

“Perché ci penso? È un donnaiolo, in città ne avrà avute tante, e il mio matrimonio non lo ferma.” Si addormentò, rassicurandosi.

Il giorno dopo, Marco arrivò di giorno, sapendo che Luca era al lavoro. Ginevra cucinava quando sentì bussare.

“Ciao,” entrò sorridendo. “Sono venuto a trovarti.”

“Ciao, Luca è al lavoro.”

“Lo so, Ginè.” Sorrise, strizzando gli occhi. “Mi sei mancata, non posso vivere senza di te.”

“Marco, pensavo fosse uno scherzo ieri.”

“Quale scherzo? Sono innamorato, la mia vita non sarà più la stessa.”

Ginevra era confusa. Lui le prese le mani, e lei si sentì svuotare di ogni resistenza. Le piaceva, e lusingava che un uomo così bello fosse interessato a lei.

“Mi piaci tantissimo,” le sussurrò all’orecchio, abbracciandola.

Poco dopo, le guance le bruciavano, il cuore le batteva forte. Marco, intanto, mangiava la crostata in cucina.

“Ho sempre voluto una moglie brava come te,” la lodava. “Cucini benissimo, sei bellissima.”

“Va bene, Ginè, grazie. Devo andare, ci vediamo stasera.”

Dopo quelle parole, Ginevra volava. Anche l’autunno malinconico le sembrava meraviglioso. Poi si rimproverava:

“Avrei dovuto aspettare, non sposare Luca, forse la mia felicità era un’altra.”

Quando Luca

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