Sì, sono fatto così: aveva altre donne, ma non voleva lasciare la famiglia

«Sì, sono fatto così»: aveva altre donne, ma lasciare la famiglia non era nei suoi piani.

Tutte le amiche dicevano a Luisa che era pazza. E lei… lo sapeva benissimo. Ma nemmeno con questa consapevolezza riusciva a cambiare le cose. I suoi sentimenti per il marito si erano spenti da tempo. Svaniti senza rumore, dissolti tra lavatrici, cene, notti insonni e un lavoro senza fine. Prima correva a casa con il cuore leggero, adesso ci andava per inerzia — stanca, stressata, con gli occhi spenti. A quarant’anni, Luisa ne dimostrava cinquanta, e non era un’esagerazione, ma la pura verità.

L’unica che davvero la compativa era… la suocera. Anna Rosa. Una donna di carattere difficile, ma con un cuore grande. Ora viveva con Luisa e il figlio — era venuta a Roma dalla provincia, da un paesino in Calabria, per seguire delle cure che nel suo paese non c’erano. La sistemarono nella stanza dei bambini, e lei si prese cura della nipotina Sofia, di sette anni. La bambina era ancora troppo piccola per stare sola, e Luisa passava le giornate al lavoro.

Il marito… Ah, Marco. Si comportava come se con l’età gli fosse venuto il diavolo in corpo. Spesso tornava tardi. A volte all’alba. Profumava di un dolce aroma femminile, e la sua scusa era sempre “un nuovo dopobarba”, anche se tutto il palazzo sapeva che aveva un’altra. Anzi, più di una.

Cominciava a confondere i nomi. Chiamava Luisa “Giulia”, poi “Carla”, poi “Paola”. E ogni volta con quello sguardo soddisfatto, come a dire: «E allora? Mi avete beccato, e adesso?» Non si nascondeva nemmeno. Sembrava quasi fiero di sé. «Sì, sono fatto così», si leggeva nei suoi occhi.

Tutto sarebbe potuto continuare all’infinito, se una notte, alle tre, il telefono in corridoio non avesse squillato con insistenza. Un’altra delle sue conquiste cercava il suo “tesoruccio” e con tono aggressivo chiedeva: «Dov’è? Perché non risponde?» Luisa rimase sconvolta — non tanto per la chiamata, quanto per la facilità con cui quella donna aveva invaso la sua casa, la sua notte, la sua vita.

Quando Marco tornò all’alba con la faccia da post-sbronza, Luisa non trattenne la rabbia. Le sue cose volarono in corridoio con tale violenza che persino il gatto si nascose sotto il divano. Lui cercò di giustificarsi:

«Sì, ho un’altra donna. Ma non ho intenzione di lasciare la famiglia! Abbiamo dei figli. Mia madre è malata. Siamo una famiglia!»

Ma Anna Rosa uscì dalla camera e, per la prima volta dopo tanto tempo, alzò la voce:

«Se vuoi stare con un’altra, fallo. Ma lontano da qui. Io troverò un posto dove stare. Mi manca poco per finire le cure. E tuo figlio ha gli esami. Basta divani. Meritiamo tutti una vita normale!»

Luisa cercò di opporsi — era casa sua, avrebbe deciso lei. Ma la suocera non demorse:

«Non mi intrometto, ma finché vivo qui, non permetterò che l’appartamento diventi un bordello. Che raccolga le sue cose. Io resterò fino a fine settimana, poi troverò una stanza. Il resto è affar vostro.»

Sotto lo sguardo severo del figlio maggiore, Marco, borbottando, infilò camicie e pantaloni in una borsa da palestra. Fu imbarazzante. Umiliante. Ma meritato.

Dopo la sua partenza, Luisa sentì per la prima volta dopo anni che in casa regnava il silenzio. Un vero silenzio. Nessuno gridava, nessuno chiamava a notte fonda, nessuno chiedeva da mangiare. La suocera veniva a trovarli una volta a settimana, portando brioches per la nipotina e qualche novità. E Luisa si accorse che cominciava a svegliarsi senza quel nodo alla gola. Persino allo specchio si guardava in modo diverso.

E poi, due mesi dopo, quando le cure di Anna Rosa terminarono e lei si preparò a tornare a casa, sulla soglia apparve Marco. Con un mazzo di fiori. Con la faccia da penitente. Con una frase che gelò il cuore di Luisa:

«Perdonami. Mi ha cacciato. Ho capito tutto. Dammi un’altra chance. Ricominciamo da capo?»

Anna Rosa, già col cappotto addosso e la valigia in mano, guardò la nuora:

«Decidi tu. Non mi intrometto. Ma è ora che pensi a te stessa, non a chi ti fa pena.»

E, presi i nipoti per mano, se ne andò in cucina.

Luisa rimase nell’ingresso, a guardare quell’uomo che l’aveva tradita più volte. Quell’uomo che era stato la sua famiglia. E adesso era solo un ospite. E doveva prendere una decisione. Una decisione che non dipendeva più da nessuno. Solo da lei.

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