«Siamo qui per te»: La storia di come i colleghi mi hanno salvato dall’abisso

Elena dormiva ancora quando, nel silenzio del sabato mattina, un insistente suono del campanello la svegliò di soprassalto. Si sedette sul letto, confusa. Chi poteva bussare così presto? Non aspettava nessuno.

Aprì la porta e rimase senza fiato: sulla soglia c’erano le sue colleghe—Francesca, Caterina e Giulia. Francesca stringeva un thermos, Caterina una scatola con una torta.

«Ma che ci fate qui?!» esclamò Elena, sgranando gli occhi. «Oggi è sabato!»

«Proprio per questo siamo venute» rispose Francesca, entrando in casa come se fosse la sua. «Dov’è tua figlia?»

«Martina sta dormendo… Ma cosa è successo?»

Nessun dramma» disse Caterina con dolcezza. «Prendi lei e preparati. Vieni con noi al rifugio montano. Non accettiamo rifiuti.»

Elena rimase senza parole. Non capiva. Andarsene? In montagna? Ora?

«Ve l’ho detto in ufficio, non posso venire…»

«E noi sappiamo perché» replicò Caterina. «Ci vergogniamo di non essercene accorte prima.»

Elena impallidì.

«Di cosa state parlando?»

«Sappiamo tutto, Elena. Che dopo il divorzio ti fai carico da sola di Martina, che tuo ex non paga gli alimenti, che stai risparmiando ogni centesimo per comprarle il materiale scolastico, che salti i pasti eppure non dici niente a nessuno.»

Elena tacque. Un nodo le serrò la gola.

«Non… volevo lamentarmi. Credevo… di farcela.»

«E ci riesci» intervenne Giulia. «Ma farcela non significa sopravvivere. Noi siamo tue amiche, Elena. E un’amica non lascia affogare un’altra amica.»

«Abbiamo sistemato tutto» proseguì Francesca. «Il soggiorno è pagato da noi. Ci pensiamo noi al cibo, al viaggio, al resto. Tu portati solo Martina.»

Elena abbassò lo sguardo. Si sentiva a disagio. Accettare aiuto era difficile. Ma ancor più difficile era affondare in silenzio.

«Ma… non ho nemmeno vestiti…»

«Hai noi» disse Francesca con fermezza. «Caterina ti ha portato abiti di sua figlia. Tutto in ottime condizioni. Faranno comodo a Martina per la scuola.»

«Ti abbiamo preparato anche il materiale scolastico» aggiunse Luca, entrando nell’ingresso con una borsa. «Penne, quaderni, album. Tutto il necessario.»

«Non… so cosa dire.»

«Non dire niente» la abbracciò Giulia. «Devi solo crederci: meriti più delle difficoltà. Meriti riposo, cura e sostegno.»

Due ore dopo, un autobus carico di risate lasciava la città. Martina se ne stava sulle ginocchia di Elena, stringendo il suo nuovo zaino. Elena guardava dal finestrino, serrando tra le mani il thermos di tè. E per la prima volta da troppo tempo, sentiva un calore dentro al petto.

Non era stata fortunata con l’uomo. Ma, come scopriva ora, era stata incredibilmente fortunata con le persone che la circondavano.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

4 × five =

«Siamo qui per te»: La storia di come i colleghi mi hanno salvato dall’abisso