Signore, oggi è il compleanno di mia madre… Voglio comprarle dei fiori, ma non ho abbastanza soldi… Ho regalato al ragazzo un mazzo di fiori. E qualche tempo dopo, quando sono tornato alla tomba, ho visto quel mazzo lì.

Signore, oggi è il compleanno di mia mamma… Vorrei comprarle dei fiori, ma non ho abbastanza soldi… Comperai al bambino un mazzo di fiori. E tempo dopo, quando tornai alla tomba, vidi quel mazzo lì.

Quando Paolo non aveva ancora cinque anni, il suo mondo crollò. Sua madre se nera andata. Stava nellangolo della stanza, paralizzato dalla confusione cosa stava succedendo? Perché la casa era piena di estranei? Chi erano? Perché tutti parlavano a bassa voce, con gli occhi bassi, così strani?

Il bambino non capiva perché nessuno sorridesse. Perché gli dicevano: «Sii forte, piccolino», e lo abbracciavano come se avesse perso qualcosa di importante. Ma lui semplicemente non vedeva sua madre da un po.

Suo padre era lontano tutto il giorno. Non si avvicinava, non lo abbracciava, non diceva una parola. Stava seduto in disparte, vuoto e distante. Paolo si avvicinò alla bara e fissò sua madre a lungo. Non era più come la ricordava niente calore, niente sorriso, niente ninne nanne la sera. Pallida, fredda, immobile. Faceva paura. E il bambino non osò avvicinarsi ancora.

Senza sua madre, tutto cambiò. Grigio. Vuoto. Due anni dopo, suo padre si risposò. La nuova donna Gabriella non entrò nel suo mondo. Anzi, sembrava infastidita da lui. Brontolava per tutto, trovava difetti come se cercasse una scusa per arrabbiarsi. E suo padre taceva. Non lo difendeva. Non interveniva.

Ogni giorno Paolo sentiva un dolore che nascondeva dentro. Il dolore della perdita. La nostalgia. E con ogni giorno che passava desiderava sempre più tornare alla vita di quando sua madre era viva.

Quel giorno era speciale il compleanno di sua madre. Al mattino, Paolo si svegliò con un solo pensiero: doveva andare da lei. Alla tomba. Portarle dei fiori. Gigli bianchi i suoi preferiti. Ricordava come li teneva in mano nelle vecchie fotografie, splendenti accanto al suo sorriso.

Ma dove trovare i soldi? Decise di chiedere a suo padre.

«Papà, posso avere qualche soldo? Mi servono davvero»

Prima che potesse spiegare, Gabriella sbucò dalla cucina:

«Ma che vuoi adesso?! Chiedi già soldi a tuo padre?! Sai almeno quanto è difficile guadagnare uno stipendio?»

Suo padre alzò lo sguardo e cercò di fermarla:

«Gabri, aspetta. Non ha neanche detto perché. Figlio, dimmi di cosa hai bisogno?»

«Voglio comprare dei fiori per la mamma. Gigli bianchi. Oggi è il suo compleanno»

Gabriella sbuffò, incrociando le braccia:

«Ma certo! Fiori! Soldi per quelli! Forse vuoi anche andare al ristorante? Prendi qualcosa dallaiuola quello sarà il tuo mazzo!»

«Non ci sono», rispose Paolo con voce quieta ma ferma. «Li vendono solo al negozio.»

Suo padre lo guardò pensieroso, poi spostò lo sguardo sulla moglie:

«Gabri, vai a preparare il pranzo. Ho fame.»

La donna sbuffò di nuovo e sparì in cucina. Il padre tornò al suo giornale. E Paolo capì: non avrebbe avuto un soldo. Non una parola in più fu detta.

Tranquillamente, andò in camera sua, prese il vecchio salvadanaio. Contò le monetine. Poche. Ma forse bastavano?

Senza perdere tempo, corse fuori di casa verso il negozio di fiori. Da lontano, vide i gigli bianchi come neve in vetrina. Così luminosi, quasi magici. Si fermò, trattenendo il fiato.

Poi entrò deciso.

«Cosa vuoi?» chiese la fioraia con tono sgarbato, scrutandolo con sguardo critico. «Credo tu sia nel posto sbagliato. Qui non vendiamo giocattoli o dolci. Solo fiori.»

«Non sono qui per niente Voglio davvero comprare. I gigli Quanto costa un mazzo?»

La donna disse il prezzo. Paolo tirò fuori tutte le monetine dalla tasca. La somma era appena la metà.

«Per favore» implorò. «Posso lavorare! Venire ogni giorno, aiutare a pulire, spolverare, lavare i pavimenti Solo prestatemi questo mazzo»

«Ma sei sano di mente?» la fioraia sbottò con irritazione. «Credi che sia una milionaria da regalare fiori? Sparisci! O chiamo la polizia qui non si mendica!»

Ma Paolo non si arrendeva. Quei fiori gli servivano quel giorno. Ricominciò a supplicare:

«Restituirò tutto! Prometto! Guadagnerò quanto serve! Per favore, capisca»

«Oh, guarda questo piccolo attore!» gridò la donna così forte che i passanti si voltarono. «Dove sono i tuoi genitori? Forse è ora di chiamare i servizi sociali? Perché giri qui da solo? Ultimo avvertimento esci prima che chiami!»

In quel momento, un uomo si avvicinò al negozio. Vide la scena per caso.

Entrò nel negozio proprio mentre la donna urlava contro il bambino sconvolto. Lo colpì non sopportava lingiustizia, specialmente verso i più piccoli.

«Perché urli così?» chiese alla fioraia con fermezza. «Lo tratti come se avesse rubato. È solo un bambino.»

«E tu chi saresti?» sbottò la donna. «Se non sai come stanno le cose, non immischiarti. Ha quasi rubato il mazzo!»

«Certo, quasi rubato», alzò la voce luomo. «Lo hai aggredito come una preda! Ha bisogno di aiuto, e tu lo minacci. Non hai coscienza?»

Si rivolse a Paolo, rannicchiato in un angolo, che si asciugava le lacrime.

«Ciao, piccolo. Mi chiamo Giorgio. Dimmi perché sei triste? Volevi comprare dei fiori ma non avevi abbastanza soldi?»

Paolo singhiozzò, si asciugò il naso con la manica e disse con voce tremula:

«Volevo comprare i gigli Per la mamma Li adorava tanto Ma se nè andata tre anni fa Oggi è il suo compleanno Volevo andare al cimitero e portarle i fiori»

Giorgio sentì il cuore stringersi. La storia del bambino lo toccò profondamente. Si accovacciò accanto a lui.

«Sai, tua mamma sarebbe orgogliosa di te. Non tutti gli adulti portano fiori nellanniversario, e tu, a otto anni, ricordi e vuoi fare qualcosa di bello. Diventerai un uomo vero.»

Poi si rivolse alla fioraia:

«Mostrami i gigli che ha scelto. Ne voglio due mazzi uno per lui, uno per me.»

Paolo indicò quelli in vetrina, bianchi come porcellana. Giorgio esitò un attimo erano gli stessi fiori che aveva pensato di comprare. Non disse nulla, ma pensò: «Coincidenza o un segno?»

Poco dopo, Paolo uscì dal negozio con il mazzo tanto desiderato. Lo stringeva come un tesoro, quasi incredulo che fosse riuscito. Si voltò verso luomo e timidamente propose:

«Zio Giorgio Posso lasciarti il mio numero? Ti ripagherò. Prometto.»

Luomo rise bonariamente:

«Sapevo che lavresti detto. Ma non serve. Oggi è un giorno speciale per una donna a cui tengo. Aspettavo da tempo di dirle ciò che provo. Quindi sono di buon umore. Felice di aver fatto una buona azione. E poi, a quanto pare, abbiamo gli stessi gusti sia tua mamma che la mia Irene amavano questi fiori.»

Per un attimo tacque, perso nei pensieri. I suoi occhi guardavano nel vuoto, ricordando lamata.

Lui e Irene erano vicini di

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