**Giorno 15 Marzo**
La musica si interruppe e la sala rimase in silenzio. Elena sentiva solo il suo respiro. Poi, un applauso solitario spezzò il vuoto, seguito da una standing ovation che la stordì. Il pubblico era in piedi, molti con le lacrime agli occhi.
Elena incrociò lo sguardo con Antonio. Lui si chinò e la baciò, sentendo il sapore salato delle sue lacrime. Gli applausi si affievolivano mentre la gente usciva. Antonio spinse la sedia a rotelle di Elena verso l’uscita.
“Sei stanca?”
“No. Sono felice! Grazie a te!” Rise tra le lacrime.
***
Elena stava preparando la cena, controllando l’orologio. Denis sarebbe arrivato da un momento all’altro. Mise la pentola sul gas, tagliò frettolosamente le verdure per l’insalata. Un altro sguardo all’orologio. «È in ritardo. Lo chiamo? No, dirà di nuovo che mi invento cose, che sono gelosa senza motivo. Vorrei credergli. Ma non posso.» Le mani le prudevano per afferrare il telefono. «Ci sarà di nuovo lei?»
Strinse il coltello così forte che le nocche sbiancarono. Poi aprì la mano e il coltello cadde sul tavolo con un suono metallico. L’orologio sembrava fermo, sfidando la sua pazienza. Alla fine, chiamò. «Rispondi, ti prego. Dimmi che stai arrivando,» sussurrò, ma il segnale continuò a suonare, beffardo.
Scagliò il telefono. Scivolò sul tavolo, fermandosi sul bordo. «Calma. Non perderti. Arriverà presto…»
Denis rientrò all’una di notte. Elena, dopo aver pianto, si era addormentata, ma il rumore della chiave la svegliò. Aprì la porta di scatto. Lui, sorpreso, fece un passo indietro.
“Mi hai spaventato. Perché non dormi?”
“Voglio guardarti negli occhi. Avevi promesso di non vederla più…”
“Non ricominciare. Ero con gli amici a vedere la partita, abbiamo bevuto una birra…”
“Basta. Non ce la faccio più,” lo interruppe, scandendo ogni sillaba. Si strinse la pancia e tornò in camera, curva come se il peso l’avesse spezzata.
Denis la seguì senza toccarla.
“Anche a me stai stanca con queste scene,” disse freddo.
“Non potevi chiamare? Il telefono era di nuovo scarico?” Scoppiò in lacrime. “Puzzi di profumo, non di birra.”
Lui tentò di prenderle il telefono. Lei glielo mostrò:
“Mio caro, sei arrivato a casa? Tua moglie ti ha già fatto la solita scenata?” Lesse con voce acida. “Quale dei tuoi ‘amici’ ti chiama ‘caro’?”
Denis cercò di strapparglielo, ma lei glielo diede. Lo spinse via, si vestì in fretta.
“Scrivile che sei libero. Vado da mia madre. Domani voglio che tu e le tue cose spariscano.”
Denis tacque, il viso di Elena distorto dal disgusto.
“Cosa ti manca?” sussurrò, piegandosi di nuovo dal dolore. “Non resto un secondo con te.”
Prese la borsa e uscì. Denis non la trattenne. Chiamò un taxi e poi sua madre.
“Avete litigato di nuovo? Te l’avevo detto, non puoi credere alle sue scuse,” disse la madre.
“Basta, mamma. Parliamo dopo.” Chiuse la chiamata.
Ma non arrivò mai a casa della madre. Il taxi sfrecciava nella notte quando un’auto, guidata da un ubriaco, li investì. L’urto arrivò dal lato di Elena…
Denis andava in ospedale ogni giorno, dopo che Elena uscì dalla terapia intensiva. Si sentiva in colpa. Se non fosse rimasto con Irina quella sera…
I medici dissero che si sarebbe ripresa, ma dopo mesi Elena era ancora sulla sedia a rotelle. La speranza svanì. Denis restò con lei, aiutato dalla suocera. Ma quanto poteva durare? Abituato ai suoi comodi, con un’amante sana e giovane, alla fine cedette. Se ne andò.
Elena sprofondò nella disperazione. Pensò alle pillole, al balcone. Ma la porta era stretta, e sua madre teneva i medicinali fuori portata.
Un giorno, al parco, la sedia si bloccò in una buca. Un uomo le aiutò: Antonio, un ex militare con la sua storia di perdita.
“Grazie. Dio ci ha mandato voi,” disse la madre.
“Vi accompagno. Abitate lontano?” Antonio spinse la sedia con destrezza.
“Avete esperienza?” chiese la madre.
“Un po’. In ospedale spingevo i ragazzi che non potevano camminare.”
Elena ascoltava. La sua vita era ancora migliore della sua.
Antonio iniziò ad accompagnarle spesso. Una volta, Elena confessò:
“Sognavo di ballare. Rimandavo sempre. Ora è troppo tardi.”
Due settimane dopo, Antonio la portò in una sala da ballo. La fece salire sul palco, e un ballerino la fece volteggiare sulla sedia.
La musica cessò. Il pubblico si alzò in piedi, molti in lacrime.
Viviamo pensando che il male tocchi sempre agli altri. Che ci sia tempo per riparare, per realizzare i sogni. Ma il caso può cambiare tutto. E a volte, quello stesso caso porta chi ti aiuterà a non arrendersi.