Sognava solo di rilassarsi

Tutto ciò che sognava era starsene sdraiato.

Nel paesino tutti conoscevano e detestavano Primo per il suo carattere insopportabile. Era sposato con Bianca, una donna tranquilla, ma con qualche problema. Non riusciva a dare figli al marito. Vivevano insieme da dodici anni, ma nulla.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, Bianca morì. Sua madre sapeva che la figlia aveva qualche disturbo di salute, ma lei non si lamentava mai.

“Figlia, ultimamente non hai un bell’aspetto,” chiedeva la madre quando Bianca andava a trovarla di rado.

“Non è niente, mamma. A volte mi sento stanca, mi gira la testa, ma mi riposerò e poi torno a lavorare. Non preoccuparti,” la rassicurava.

Bianca non era abituata a lamentarsi, soprattutto con il marito, che non sopportava se la moglie aveva mal di testa o altro.

“Basta fingere, voi donne avete sempre qualche dolore. È solo che non vuoi lavorare, ecco perché ti lamenti. Smettila, nessuno ti compatirà qui,” le rispondeva seccato.

Dopo il funerale passò un anno. Primo viveva solo, ma il pensiero di risposarsi non lo abbandonava. Stare da solo era brutto, anche se ormai era abituato come un lupo solitario. Cominciò a osservare le donne del paese.

“Devo sposare una senza figli,” pensava. “Non voglio bambini di altri. Le donne della mia età sono tutte già con prole. Meglio prenderne una più giovane, anche se non sarà facile trovarne una che mi voglia…”

Lo sapeva bene, il suo carattere non piaceva a nessuno. Nessun amico, nessuna donna che lo volesse. Alla fine scelse Ornella. Sembrava una topolina grigia, timida, ma laboriosa e umile.

Un giorno la incontrò, anzi, la aspettò apposta:

“Ornella, vieni qui un attimo,” la chiamò mentre passava davanti a casa sua.

Alzò lo sguardo e vide Primo sulla porta. Si avvicinò.

“Buongiorno,” disse timidamente.

“Salve,” rispose lui, brusco. “Sentimi, ho visto che sei una brava ragazza. Non vuoi sposarmi? Sono solo, ho una casa solida e terra da lavorare. Vivremo bene, avremo figli. Ho bisogno di eredi.”

“Oh, non so,” arrossì Ornella, sorpresa. “Devo parlarne con mia madre.”

“Parlaci pure. Stasera vengo a trovarti.”

Appena a casa, Ornella disse alla madre:

“Mamma, credo che mi sposerò.”

“Come? Con chi? Non hai un fidanzato!”

“Primo verrà a chiedermi stasera…”

“Figlia mia, è molto più vecchio di te! Pensa bene. Ha un carattere impossibile, tutti sussurrano che abbia fatto morire la prima moglie, se l’è consumata di fatica. Chissà cos’è vero, ma le famiglie altrui sono sempre un mistero.”

“Mamma, cosa devo aspettare? Non ho pretendenti, e gli anni passano. Magari sono solo pettegolezzi…”

Ornella sposò Primo. All’inizio il paese non parlò d’altro.

“Povera ragazza, ha sbagliato. È crudele, un eremita.”

Altri invece dicevano:

“Primo ha avuto fortuna. Ha preso una ragazza umile, obbediente e lavoratrice.”

E fu così. Primo se la prendeva con tutti, detestava la suocera e lasciava Ornella vedere la madre solo raramente.

“È un despota, puro e semplice,” sospirava la madre quando Ornella andava da lei di nascosto, se lui era al lavoro.

“Sta tutto bene, non preoccuparti. Troverò il modo di gestirlo. Lui brontola, io taccio. Prego Dio di darmi pazienza.”

“Oh, figlia mia, con un marito così, passerai la vita a pregare,” diceva la madre asciugandosi le lacrime.

Ma Ornella ebbe due figli in cinque anni. Non che Primo non li amasse, forse sì, a modo suo. Li sgridava sempre, li insultava. La madre li avvertiva:

“State alla larga da vostro padre, non si sa mai quando potrebbe arrabbiarsi.”

I bambini scappavano a giocare fuori, capivano che era meglio starne lontani. Crescevano, ma Primo era sempre insoddisfatto.

“Dove se ne vanno questi fannulloni? Dovrebbero aiutare in casa invece di correre chissà dove… È colpa tua se scappano, li hai viziati!” urlava in cortile.

Ornella era ormai abituata ai suoi sfoghi. Alzava le spalle e taceva. Era più giovane, ma più paziente e saggia. Teneva in piedi tutto, mentre Primo beveva sempre più e litigava con tutti.

Il paese lo evitava, lo sentiva urlare:

“Mi avete stancato! Lavoro dalla mattina alla sera, vi mantengo, e in casa nessuno mi rispetta, solo spese!”

La sua voce roca e ubriaca si sentiva ovunque. A volte Ornella osava rispondere:

“Sei tu che hai voluto sposarti, hai voluto figli. Di cosa ti lamenti? E quanto bevi, lo hai contato?”

Ma era meglio se stava zitta, perché non c’era modo di farlo tacere.

“Basta! Non ho pace, e tu metti i figli contro di me. Bevo coi miei soldi!”

“Ornella, come fai a sopportarlo?” piangeva la madre. “Io sarei scappata da tempo!”

“Devo crescere i figli, mamma. Lui urla, io ignoro. Resisto per loro, ormai ci sono abituati.”

Anche i paesani la compativano.

“Come fa a reggere?”

Il tempo passò. I figli crebbero, andarono in città a studiare e poi a lavorare. Tornavano raramente.

“Mamma, non offendersi se non veniamo spesso. Non vogliamo vedere papà. Non ci dice mai niente di buono, solo insulti.”

Il maggiore prometteva:

“Quando mi sposerò, ti porterò in città con noi. Lui resterà qui solo.”

“No, figlio mio. Sono nata qui, qui rimango. Voi venitemi a trovare.”

I figli andavano dalla nonna, e a casa entravano come ospiti. Primo si arrabbiava più di prima.

“Perché gridi? Sei tu che dici di essere stanco di tutti,” sussurrava Ornella. “Vivi pure solo, i figli sono grandi. Io starò qui con te.”

“Anche tu mi staiE così, mentre il sole tramontava dietro le colline toscane, Ornella sedette sulla sua vecchia sedia di legno, chiuse gli occhi, e per la prima volta da anni sentì il silenzio della pace.

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