Sogni Infranti e Miracolo di Capodanno

Sogni infranti e un miracolo di Capodanno

Federica stava insieme a Luca da più di un anno. I loro appuntamenti erano così rari che potevi segnarli sul calendario con un pennarello rosso, come se fossero festività. Lui viveva a Milano, mentre in quel paesino vicino a Pisa arrivava solo per lavoro. Facevano grandi progetti per il futuro, e quel Capodanno avrebbero dovuto decidere chi si sarebbe trasferito. Ma all’improvviso squillò il telefono. Federica trasalì—era Luca!

«Ciao, amore», disse lei, cercando di sembrare dolce nonostante la giornata di caos.

Ma dall’altra parte risuonò una voce femminile aspra: «Ehilà, ruba-mariti!»

Federica rimase immobile, senza fiato.

Quel giorno di vigilia niente andava per il verso giusto. La mattina l’avevano chiamata dall’ufficio per firmare un contratto urgente con dei clienti esteri. A nessuno importava dei suoi piani, incluso l’appuntamento dal parrucchiere. Il direttore generale si godeva il mare, mentre lei, imbronciata, borbottò qualche parolaccia, chiamò un taxi e corse in ufficio.

Uscendo dal palazzo, ricordò che doveva passare a prendere il vestito dall’amica Ginevra, che faceva la sarta. Il vestito comprato per la notte di Capodanno le stava addosso come un sacco. Federica preferiva credere di essere dimagrita piuttosto che il tessuto fosse scadente. Chiamò l’amica:

«Ginevra, scusa, mi sono dimenticata del vestito!»

«Fede, dove sei stata? Ho provato a chiamarti per un’ora!» urlò Ginevra tra il rumore della stazione.

«È colpa del direttore», sospirò Federica. «Com’è il vestito? Posso venire?»

«Fede, mi dispiace», la voce di Ginevra tremò. «Siamo già in stazione, il treno parte tra mezz’ora.»

Federica abbassò il telefono, sentendo le speranze svanire. «Va bene», pensò, «senza vestito, senza acconciatura, ma è pur sempre Capodanno! Luca arriverà presto, e passeremo la serata insieme. Non è così male.»

Federica, nonostante i suoi ventisei anni, restava una sognatrice, convinta che i miracoli accadessero davvero. Anche dopo quella giornata orribile, sperava che la notte di Capodanno le regalasse un po’ di magia.

Quando il telefono squillò di nuovo, sussultò. Vedendo il nome di Luca, fece un respiro profondo per sembrare serena.

«Ciao, amore», iniziò.

Ma una voce femminile la interruppe: «Ehilà, ruba-mariti! Credevi che avrebbe lasciato la famiglia per te? Cancella il suo numero, o te ne pentirai!»

La chiamata finì, e nella testa di Federica tutto si mise a girare. Gli incontri rari, i silenzi nei weekend, le strane frasi di Luca—tutto aveva un senso, e non era bello. Camminò lentamente verso la fermata, appoggiandosi a un lampione con lo sguardo perso nel vuoto. «Ruba-mariti»—quella parola la colpì come un pugno. Il suo mondo crollò in un attimo. L’anno vecchio se ne andava, portandosi via tutto ciò in cui aveva creduto.

«Signorina, sta bene?» Una voce forte la strappò dai pensieri. Davanti a lei c’era un uomo con una folta barba, un cappotto rosso e un colletto bianco.

«No», sussurrò Federica, trattenendo le lacrime. «E lei chi è?»

«Babbo Natale, no?» sorrise lui. «Andiamo in macchina, che congeli!»

La prese per il braccio e la accompagnò all’auto. Federica, stordita, non ebbe tempo di opporsi. Quando la macchina si mosse, però, si riprese e gridò:

«Fermi! Dove mi portate? Fatemi scendere!»

L’uomo accostò e si girò verso di lei: «Volevo solo aiutarti. Stavo andando in un bar per offrirti un tè caldo. Eri lì al freddo, tutta sconvolta. È quasi Capodanno, e io, beh, faccio un po’ Babbo Natale.»

L’ultima frase suonò goffa, ma Federica rise all’improvviso. Una risata liberatoria, che lavò via il dolore della giornata: il vestito rovinato, la pettinatura saltata, il tradimento di Luca e questo strano «Babbo Natale».

«Scusi», disse tra le lacrime.

«Tranquilla», rispose l’uomo. «L’anno vecchio se ne va, portandosi via tutto il male. Le cose si sistemeranno. Sai, il mio migliore amico oggi ha cancellato i nostri festeggiamenti dopo quindici anni di tradizione. Tutto per la sua nuova moglie.»

Federica si sentì più leggera. Forse per il freddo, o forse per quell’incontro, ma il peso sul cuore svanì.

«Qualcuno la aspetta?» chiese l’uomo, riaccendendo il motore. «Dove la porto?»

«Da nessuna parte», sorrise triste. «Non c’è nessuno a casa, il vestito non l’ho preso, la pettinatura non l’ho fatta. Libera come l’aria. Non so neanche cosa fare.»

«Allora festeggiamo insieme il Capodanno? Conosco un posto carino, promettono una serata magica.»

«Perché no? Prima passo a casa a cambiarmi», rispose Federica. Non voleva restare sola quella notte.

A casa si cambiò in fretta e tornò all’auto con un sorriso e un pizzico di aspettativa. Nel bar, illuminato da lucine tremolanti, ebbe modo di osservare meglio il suo compagno.

«Ma perché è vestito da Babbo Natale?» chiese, ridacchiando.

«Oh, è una storia lunga e divertente», rise lui, togliendosi barba e cappotto. «Comunque, mi chiamo Matteo.»

«Federica», rispose porgendogli la mano. «Racconta, Matteo. Oggi non ho avuto storie divertenti.»

Matteo ordinò del tè e iniziò a parlare. La conversazione fluiva facile, e le tristezze si sciolsero come neve al sole. Fuori cadevano i fiocchi, e il nuovo anno bussava alla porta.

Così finiva l’anno vecchio, portandosi via il dolore. E il nuovo regalò a Federica e Matteo l’inizio di qualcosa di luminoso e vero—una storia nata sotto le luci di Capodanno. Federica lo sapeva: il miracolo era davvero accaduto.

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