Solo non portare mamma da noi, – pregò la moglie

«Non portare tua madre da noi», dissi, mentre Antonia mi guardava con gli occhi pieni di preoccupazione.

«E se» cominciò a balbettare Paolo, «se la portassimo qui?»

«Dove, Paolo?», mi chiese Antonia, girando con una mano il piccolo appartamento di sessanta metri quadri, il nostro nido di quattro persone. «Nella cameretta dei bambini? Con Arturo e Ludovica?»

Una donna costretta a letto, con le piaghe da decubito, le oche che passeggiano intorno al letto? Vuoi che i piccoli vedano tutto ciò, che ne respirino lodore?

La famiglia si preparava per la notte. Antonia puliva il tavolo da una macchia di succo, spostando con un piede la piccola jeep giocattolo che Arturo, il nostro bambino di cinque anni, aveva lasciato lì per sbaglio. Nella vasca da bagno lacqua scrosciava, mentre Paolo faceva il bagnetto alla nostra piccola di due anni, Ludovica.

Dal rumore dellacqua si levava il suo riso profondo, quasi minaccioso, accompagnato dal gracchiare della bambina. Antonia sorrise, sentendo la tensione svanire. Era una serata buona, ordinaria, proprio come quelle che più amava: il mutuo pagato puntuale, un conto vacanze che cresceva piano, il frigo pieno, marito e figli in salute.

Il telefono sul davanzale vibrò, scivolando di pochi centimetri sul piano di lavoro. Un numero sconosciuto chiamava.

Antonia aggrottò le sopracciglia. Pubblicità di crediti o qualche servizio di sicurezza della banca a quellora?

Voleva rifiutare, ma il dito si spinse da solo sul pulsante verde.

«Pronto?»

«Ciao, Antonia?», la voce al telefono tremava. «Sono Zaira, la vicina di Lidia di San Michele.»

Dentro Antonia si strinse il petto. San Michele era il borgo della suocera, il luogo che Paolo e io avevamo cancellato dalla nostra vita due anni prima.

«Buongiorno, Zaira», rispose Antonia, abbassando la voce per non farsi sentire da Paolo. «Come ha ottenuto il mio numero?»

«Lho trovato sul taccuino di Lidia lei stessa Oh, mio Dio», la donna singhiozzò. «Antonia, è una tragedia Lidia è stata coinvolta in un incidente.»

Antonia rimase immobile, il panno di cucina ancora in mano.

«Che cosa intende per incidente?»

«Sulla strada. Era partita verso la città, non so perché, era notte fonda Ha svoltato nella corsia opposta. Il cofano»

Grazie a Dio, nellauto le persone sono uscite vive, i cuscini hanno funzionato, ma Lidia

Lauto è andata al fuoco, Antonia. Con i documenti. Tutti. Lhanno estratta, ma è stato un disastro. Ora è al pronto soccorso dellospedale di Bergamo, in terapia intensiva.

Lacqua nella vasca si spense. La porta si aprì e Paolo uscì con Ludovica avvolta in un asciugamano. Sorrideva, raccontando qualcosa alla bambina, ma al vedere il volto di Antonia, si fermò.

«Antonia? Che succede?»

Antonia avvicinò il telefono al petto, inspirò a fondo.

«Zaira, ho capito. Troveremo una soluzione. Grazie per aver chiamato.»

Chiuse la chiamata e guardò Paolo.

«Paolo, metti Arturo a letto. Dobbiamo parlare.»

Ci sedemmo al tavolo della cucina. I bambini, forse per abitudine, si sistemarono subito, ma Arturo e Ludovica, guardandoci, capirono che qualcosa non andava.

Paolo, le braccia intrecciate, disse a bassa voce: «È viva, allora», fissando la finestra buia.

«Il dottore dice che le condizioni sono gravi ma stabili», Antonia girava il telefono tra le mani. «Il bacino è una massa di sangue, Paolo. Losso è fratturato, le costole, il collo. Faranno operazioni, ma»

«Ma cosa?»

«Il medico è stato chiaro: sarà una paziente allettata per almeno sei mesi, se tutto si ricostruisce bene. Con la sua età e le sue condizioni, forse anche più a lungo.»

Paolo digrignò i denti.

«Lauto è andata al fuoco?»

«Dal principio. Anche i documenti. Zaira non ha capito come Lidia sia finita nella corsia opposta. Forse si è distratta, forse è stato un malore.»

Paolo si alzò di scatto, girando nella piccola cucina due passi qua, due là.

«Due anni», disse, senza rivolgersi a nessuno. «Abbiamo vissuto in pace. Solo ora abbiamo iniziato a respirare, senza quelle chiamate, senza i lamenti, senza lo sporco Come ti ha umiliato per la nostra casa, proibendoci di prenderla in affitto.»

«Ti ha insultato, ha detto che sei la colpa sua»

Antonia si avvicinò a lui, sorridendo tristemente.

«Paolo, chi ricorda il passato Dobbiamo decidere cosa fare. Il dottore aspetta la nostra risposta. Domani la trasferiranno dalla terapia intensiva al reparto trauma. Serve assistenza.»

«Le infermiere lì sono gratis una volta al giorno, vero?»

Paolo alzò lo sguardo.

«Che assistenza, Antonia? Vuoi che lasci il lavoro e mi occupi del letto? O che mi licenzi?»

«Abbiamo appena ricominciato a stare in piedi. Abbiamo piani. Volevamo cambiare auto, pagare le attività dei bambini.»

«Cè lopzione di una badante», iniziò Antonia cautamente.

«Hai visto i costi?», lo interruppe. «Una badante 24 ore costa sessanta euro al giorno, almeno. Più i farmaci, i pannolini, il cibo. È quasi tutta la mia paga, Antonia. O tutta la tua.»

«Lo so.»

«E con cosa vivremo? Pagheremo solo la polenta? Per chi? Per chi ci ha trasformato in anziani? Per chi non ci ha mai salutato a compleanno, per chi ha cacciato me, incinta, sotto la pioggia?»

La voce di Paolo si incrinò, rivelando una ferita infantile nascosta per anni.

«È una donna in ospedale. Non può girarsi da sola.»

«E allora?!» scoppiò. «È il suo destino, Antonia! Perché dovremmo pagare noi e i nostri figli?»

«Perché se non lo facciamo, ti mangerà dentro.»

Paolo tacque.

«Non la amo, Antonia», disse piano. «È brutto da ammettere, ma è vero. Non provo nulla, se non odio.»

«Lo so. Anch’io non la amo. Dopo tutto quello che ha detto sui miei genitori, su di noi Non cè amore da cui partire.»

«Allora perché?»

«Perché siamo esseri umani, Paolo. Non animali. Per giustizia dobbiamo prenderci cura di lei.»

Sorrise amaramente.

«Giustizia? Dove cera giustizia quando a scuola mi prendevano in giro e lei appariva una volta al mese con una borsa di caramelle, facendo la mamma buona davanti ai vicini? Quando chiedeva i soldi che avevamo messo da parte per il parto?»

«Non cè giustizia», affermò Antonia con decisione. «E non ne avremo. Ora non parliamo di lei, ma di noi. Di quello che dovremo sopportare.»

Paolo premé il naso con le dita.

«Bene, facciamo i conti. Cosa abbiamo in cuscino?»

«Per lauto abbiamo messo trecento euro. Per le vacanze duecento.»

«Trecento e duecento mezzo milione di euro?»

Paolo scosse la testa. «Lintervento è gratuito con il Servizio Sanitario, ma le protesi, gli impianti, potrebbero richiedere componenti importate. I farmaci la badante»

Estrasse il cellulare e aprì la calcolatrice.

«Se assumiamo una badante in ospedale, costerebbe circa duemila euro al mese. In sei mesi, seicentomila euro.»

Guardò Antonia con gli occhi spalancati.

«Questo è tutto quello che abbiamo. E anche di più. Saremo al verde, totalmente.»

Antonia rimase in silenzio. I numeri terrorizzavano, erano i loro soldi, sudati, guadagnati con fatica.

«E se», iniziò timidamente Paolo, «se la portassimo qui?»

«Dove, Paolo?», Antonia indicò lappartamento di sessanta metri quadri. «Nella cameretta? Con Arturo e Ludovica?»

«Una donna costretta a letto, con le piaghe, le oche di notte? Vuoi che i bambini lo vedano, che ne respirino lodore?»

«No», rispose Paolo subito. «Assolutamente no.»

«Nella nostra camera da letto? E noi sul divano in cucina? Quando lavorerai? Chiederà attenzione ogni secondo. La conosci, ti divorzerà.»

«Ci manipolerà, giocherà sulla pietà, farà scenate. Ci separeremo in un mese, Paolo. Non ce la farò.»

Paolo abbassò lo sguardo, sapendo che la moglie aveva ragione. La madre biologica di Paolo era una strega che trasformava la vita in un inferno.

«Allora non cè scelta», dichiarò. «O perdiamo i soldi, o la lasciamo lì?»

«Protezione sociale», suggerì Antonia. «Possiamo provare a farla ammontare a una struttura statale per pazienti allettati.»

«Hai mai visto queste strutture?», domandò Paolo. «È una casa di cura, un biglietto di sola andata. Starà lì due o tre mesi.»

«Almeno è quasi gratis Con la pensione la cureranno.»

Paolo iniziò a misurare di nuovo la stanza con i piedi.

«Non posso», disse infine. «Odio lei, ma non posso mandarla a morire in quel buco. Perdere il rispetto per me stesso sarebbe peggio.»

Antonia espirò.

«Va bene. Ecco il piano.»

Prese un taccuino e una penna dal frigo.

«Non spenderemo tutti i nostri risparmi. Assumeremo una badante privata, non tramite agenzia, così il costo scenderà a quarantacinque euro al giorno.»

«È ancora tanto.»

«Sì, ma è gestibile con le nostre entrate se tagliamo le spese. Niente ristoranti, cinema o vestiti nuovi per i prossimi sei mesi. Non compreremo lauto ora.»

Il denaro del cuscino andrà a farmaci e spese impreviste.

Paolo osservava Antonia scrivere, ammirandola per la sua determinazione. Era quello che lui amava in lei, il giorno in cui laveva incontrata.

«Quando la dimetteranno?», chiese. «Tra uno o due mesi. Dove la porteremo? In paese?»

«Nel villaggio non cè acqua corrente, sarà un disastro. Dovremo affittare un monolocale economico, con i servizi, e portare la badante lì.»

«Sono altri quindiciventi mila euro.»

«Lo so.»

«Lavoreremo solo per lei per un anno, forse due, finché non si rialzerà o forse non si rialzerà mai.»

«Paolo», Antonia posò la penna. «Non la porteremo a casa. È la condizione fondamentale, il mio requisito. Voglio salvare la nostra famiglia, la nostra sanità mentale, linfanzia dei bambini. Pagheremo con i soldi, ma manterremo la distanza.»

Paolo rimase in silenzio a lungo.

«Pagare per non portarla a casa suona cinico», disse infine.

«Ma è onesto. Diamo il miglior assistenza possibile, paghiamo i medici, il cibo, ligiene. Veniremo ogni due settimane a controllare, a portare provviste.»

Paolo la abbracciò. Senza di lei non saprebbe più cosa fare.

Così fu. Il primo incontro fu teso: la madre accusò il figlio di averla lasciata invalida. Anche Antonia subì la condanna della suocera, che la incolpò per la decisione di Paolo di abbandonare la madre.

Trovammo la badante, acquistammo tutto ciò che i medici richiedevano. Cercammo un alloggio per la madre e la suocera, sopportando le continue litanie telefoniche. Resistevamo, perché non eravamo animali.

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