Solo un assaggio delle possibilità

Era un bel giorno di primavera, e il sole splendeva dolcemente sulle colline toscane.

“Per noi niente budget comune. Arriviamo con la nostra roba,” scrisse Francesca nel gruppo chat. “Siamo a dieta, mangiamo come passeri…”

Quello fu il primo campanello d’allarme.

Ginevra sedeva sull’autobus, il telefono in una mano, mentre con l’altra reggeva una borsa pesante. Rilegge il messaggio due volte. Forse le era sembrato? Le parole erano educate, ma… c’era qualcosa di strano, come se qualcuno cercasse già una scappatoia.

Il gruppo per l’uscita di maggio continuava a lampeggiare tra le notifiche. Di recente erano arrivati nuovi membri: Luca e Francesca, amici di Davide, che era una persona rispettata e affidabile, parte del gruppo da anni. Nessuno aveva sollevato obiezioni.

L’atmosfera era sempre stata calda e amichevole. Tutti più o meno trentenni, adulti responsabili, con un gran senso dell’umorismo. Si conoscevano da tempo, e tra loro c’erano delle regole non dette, ognuno con il proprio ruolo.

Davide portava gente nuova. Ginevra organizzava le uscite. Aveva già preparato la lista dei partecipanti, scelto il percorso, prenotato i casolari in campagna: con terrazza, gazebo e persino docce decenti. Tutti avevano accettato, e si era parlato della spesa comune. Nel menu: salsicce, funghi, carbone, vino.

Poi, quel messaggio:

“Per me e Luca non contateci,” scrisse Francesca. “Siamo a dieta, ci prepariamo tutto da soli. Non serve nulla per noi.”

Ginevra rispose neutrale: “Ok, come volete.” E posò il telefono.

In fondo, non era un problema. C’era già chi mangiava vegano, chi evitava i carboidrati. Pazienza. Ma qualcosa in quel “non contateci” le fece venire i brividi. C’era qualcosa di… sfuggente. Decise però di non giudicare troppo in fretta.

Il giorno dell’uscita il tempo era perfetto. Caldo, aria fresca tra gli ulivi. Tutti arrivarono in orario, con tutto l’occorrente, persino lo schiaccianoci e il cavatappi. Il profumo del bosco e l’aria pulita misero tutti di buonumore.

Furono sistemati nei casolari, poi qualcuno andò subito ad accendere il barbecue.
Francesca e Luca arrivarono verso sera, quando il grosso dell’organizzazione era già fatto. Il loro “bagaglio” era una busta con un pezzo di pecorino, due pomodori, qualche cracker di riso e due birre. Ginevra guardò di sfuggita e pensò: “Per una sera, forse. Ma per tre giorni?”

Si misero a sedere su una panchina, in disparte. Mangiarono il loro pecorino, brindarono, si fecero qualche foto al tramonto. Poi si avvicinarono agli altri. Mezz’ora dopo, Luca era già al barbecue.

“Ma che avete lì? Spiedini? Che profumo…”
“Eh sì, con noi a dieta non si resiste,” rise Francesca, avvicinandosi.

Ginevra scambiò un’occhiata con Martina, che le accanto le scrollò leggermente le spalle. “Che vuoi fare, non li cacciamo mica.” Tra loro non si metteva mai nessuno in imbarazzo, soprattutto i nuovi.

A notte, Francesca e Luca mangiavano e bevevano come se fossero sempre stati del gruppo. Ridevano, raccontavano storielle, cantavano con la chitarra. Erano simpatici, piacevoli. Ma a Ginevra rimase una strana sensazione, come se li avessero usati.

Si addormentò con quel pensiero. Non c’era rancore, ma un lieve fastidio. I suoi genitori le avevano sempre insegnato: se vuoi far parte di un gruppo, segui le regole e metti le tue carte in tavola. Ma Luca e Francesca erano entrati in gioco tenendosi le loro risorse. E poi avevano diviso la vincita con tutti.

Già allora, quella prima notte, Ginevra pensò: “Se succede ancora, dovrò fare qualcosa.” Ma la cosa la turbava. Non era compito suo educare degli adulti. Decise però di scuotersi di dosso quel malumore. Erano lì per divertirsi, non per controllare i piatti altrui. Era solo una stranezza.

Ma, come dimostrarono le uscite successive, non era solo una stranezza. Era un modo furbo di approfittare degli altri.

“State facendo la cassa comune? Noi, come al solito, con le nostre insalatine,” rise Francesca in un messaggio vocale, come se parlassero di decorare una festa, non di spartirsi le spese.

Ginevra ascoltò quel messaggio mentre andava al supermercato per la pasta e una nuova bombola del gas. Stava già pensando a chi avrebbe pagato il carburante, chi il vino, chi il caffè. E ancora quel “noi come al solito.”

In un anno, questi “come al solito” erano stati almeno cinque. Spiedini estivi nel giardino di Martina, la gita a settembre, perfino un pic-nic autunnale nel parco. Luca e Francesca arrivavano sempre con la loro bustina: due banane, un’insalatina e una bottiglia di vino scontato.

Eppure, non avevano mai condiviso nulla, né erano mai tornati a casa affamati.

“Buono questo vino, eh?” chiedeva Luca, versandosi da una bottiglia che era stata portata da Matteo.

“Noi mangiamo solo verdure. Costa, ma fa bene alla pelle. Prima ero seccissima. Ma questo è per assaggiare…” cinguettava Francesca, facendosi un panino con il salame degli altri.

All’inizio faceva sorridere. Pazienza, una coppia sui generis. Magari erano in difficoltà.

Poi iniziarono gli sguardi. E poi le discussioni.

“Hai visto quanto hanno mangiato?” sussurrò Martina a Ginevra mentre riponevano gli avanzi dopo un picnic.
“Sì. Luca è andato almeno tre volte al barbecue. E l’insalata di gamberi l’ha finita lui,” rispose Ginevra, infastidita.

Arrivarono i commenti ironici. Matteo chiese a Luca come facesse mezzo chilo di carne a rientrare nella sua dieta. Martina, con un sorriso freddo, disse che l’appetito vien mangiando. Ma Luca rise, e Francesca fece finta di non sentire.

Ginevra detestava i conflitti, e ancor più rimproverare la gente per il cibo. Ma quando, a Capodanno, Martina le mandò la foto dell’auto nuova di Luca e Francesca—un SUV bianco, fiammante—qualcosa dentro di lei si ribaltò. “Finalmente! Ce l’abbiamo fatta!” diceva la didascalia.

Ginevra non commentò, ma capì. I soldi c’erano. Solo le priorità erano diverse.

Arrivò la primavera, e si parlò di un’altra gita. Stavolta Ginevra iniziò la discussione con un nuovo messaggio.

“Ragazzi, senza offese: tavolo comune, cassa comune. Siamo adulti, con appetiti sani. Chi non partecipa, non mangia.”

Quasi nessuno rispose. La maggior parte mise solo un like, capendo il riferimento. Martina inviò uno sticker col pollice alzato.

Solo Luca non rispose. E un’ora dopo, Francesca scrisse in privato a Ginevra:

“Forse non veniamo. Abbiamo altri impegni. Buon divertimento!”

Tutti capirono.

Ginevra chiuse il messenger e tirò un sospiro di sollievo. Finalmente, tutto era chiaro. Senza parassiti attaccati alla cassa comune.

L’atmosfera quell’anno era diversa. Nessuno controllava più l’insalatiera che di solito i “dietisti” svuotavano. NessE mentre il vino scorreva e le risate risuonavano sotto le stelle, Ginevra si sorprese a sorridere, finalmente leggera, sapendo che a volte tagliare i rami secchi era l’unico modo per far crescere un’amicizia più forte.

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