Sono andata in campagna senza avvisare mio marito per scoprire cosa facesse di nascosto: il terrore quando ho aperto la porta

Ricordo ancora quel giorno in cui decisi di andare alla casa di campagna senza avvertire mio marito, per scoprire cosa facesse di nascosto. Quello che trovai mi lasciò senza fiato.
Avevamo una casetta in Toscana, tra le colline verdi. Andavamo spesso nel fine settimana: piantavamo fiori, raccoglievamo pomodori e basilico oppure ci rilassavamo lontano dal caos di Firenze.
Ma negli ultimi tempi, lui aveva iniziato a inventare scuse per non venire. Il lavoro, la stanchezza, impegni improvvisi. Io non ci avevo fatto troppo casocapita a tutti di passare un periodo difficile.
Poi, una sera, la vicina Paola mi telefonò e disse:
Ieri ho visto tuo marito alla casa in campagna.
Rimasi senza parole.
Ma è impossibile! Doveva essere al lavoro.
No, no, lho visto chiaramente! insistette lei.
Riagganciai, e nella mia mente iniziarono a formarsi i pensieri peggiori. «Avrà forse unamante? Si incontra con lei laggiù?»
Il sabato successivo, mio marito, Enzo Rinaldi, disse ancora che non saremmo andati.
Allora ci vado da sola? proposi io.
No! rispose secco. Mi preoccuperei, non voglio che tu viaggi sola.
Quella fermezza aumentò i miei sospetti. Quando uscì, decisi di seguirlo. E come immaginavo, prese la strada per la campagna.
Aspettai un po, poi partii anchio. Arrivata davanti casa, il cuore mi batteva forte. Aprii la porta e il sangue mi si gelò nelle vene. Avrei preferito trovare unamante piuttosto che quello che vidi.
Entrai piano, in silenzio. Dallannesso giungeva un odore strano, dolciastro ma pungente. Feci un passo verso là, il petto oppresso.
Appesi alle travi cerano pelli di animali. Ma la mia attenzione cadde subito su qualcosa che sembrava troppo simile a pelle umana. Non potevo crederci.
In quel momento, Enzo apparve sulla soglia. Impallidì quando capì cosa stavo guardando.
È è per la caccia balbettò, avvicinandosi. Ho iniziato da poco. Non volevo spaventarti
Lo fissai, immobile. Dentro di me sapevo che mentiva, ma feci finta di credergli. Forzai un sorriso e dissi:
Va bene. Capisco. Solo non me laspettavo.
Si rilassò, abbassò le spalle. Tornammo in casa in silenzio, ma sentivo il suo sguardo sulla schiena, come se cercasse di capire se davvero gli credevo.
Quella notte non chiusi occhio. La mattina dopo, appena uscì, chiamai la polizia con le mani che tremavano. Meglio un controllo in più, piuttosto che scoprire troppo tardi che le mie paure erano fondate.

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