Sono in cucina, osservo il caos e non credo ai miei occhi: ieri ho festeggiato il mio compleanno con i genitori del mio nuovo marito.

Mi trovo in cucina, osservando questo caos e ancora non riesco a crederci. Ieri era il mio compleanno e avevo deciso di invitare i genitori di mio marito, appena sposati.

Antonio ed io ci siamo uniti in matrimonio appena due mesi fa, senza troppa cerimonia, semplicemente un salto in Comune. Nemmeno i nostri genitori erano presenti, solo noi due. Vivevamo già insieme nel mio appartamento, quello che affittavo ancora prima delle nozze. Ma la serata di ieri… quella sì che è stata memorabile.

Devo ammettere che ero un po’ in ansia all’idea di ricevere i miei suoceri. Gente semplice, ma con carattere. Mamma Luisa ha la passione per il controllo, mentre papà Carlo è un uomo di poche parole, ma quando parla, colpisce sempre nel segno. Mi ero impegnata al massimo: tavola imbandita, cibo abbondante, persino una torta fatta in casa, anche se i miei dolci di solito non sono un granché. Antonio mi diceva di non preoccuparmi, che i suoi genitori erano persone modeste, ma io volevo fare bella figura. Era pur sempre la loro prima visita ufficiale!

Arrivarono puntuali, con i regali. Mamma Luisa portò un enorme mazzo di rose e una scatola avvolta in carta luccicante. Papà Carlo regalò una bottiglia di vino fatto in casa, orgoglioso della sua vigna. Ci sedemmo a tavola e, inizialmente, tutto filò liscio. Avevo preparato antipasti, pollo al forno e patate ai funghi. Antonio elogiava ogni piatto, i suoceri annuivano e facevano complimenti. Poi, però, le cose presero una direzione inaspettata.

Mamma Luisa aveva un dono particolare per toccare argomenti che mi mettevano a disagio. All’improvviso iniziò a chiedere quando pensavamo di avere figli. Rischiai di soffocare con il vino. Antonio provò a cambiare discorso, ma lei insistette: «Ai nostri tempi, Elena, io e Carlo non aspettammo neanche un mese. Voi siete giovani, perché perdere tempo?» Sorrisi e annuii, ma dentro pensavo: «Ma ci siamo sposati da due settimane, lasciateci respirare!» Anche Antonio sembrava imbarazzato, ma lui non ama contraddire sua madre.

Poi passò alla mia cucina. Si alzò, diede un’occhiata in giro come un ispettore. «Elena, perché hai così poche stoviglie? Dovresti comprarne di più, se vuoi ospitare. E queste tende scure… io le cambierei con qualcosa di più chiaro.» Cercai di mantenere la calma, ma sentivo le guance ardere. Antonio mi sussurrò: «Non prenderla a cuore, fa sempre così.» Ma era la mia cucina! L’avevo arredata a mio gusto, e ora mi dicevano che le tende non andavano bene?

Per fortuna, papà Carlo alleggerì l’atmosfera. Raccontò della sua casa in campagna, degli ortaggi che quest’estate erano cresciuti a dismisura, tanto da non sapere più dove metterli. Io ascoltavo, annuivo, e intanto pensavo: «Finisse presto questa cena…» Ma poi Mamma Luisa tirò fuori il suo regalo. Scartai la scatola e dentro… un servizio da tavola. Quelli vecchio stile, con i fiori, come quelli di nonna in campagna. Ringraziai, ma in mente mi chiedevo: dove lo metto? I mobili sono già pieni, e questo servizio sembra fatto per un banchetto medievale.

Antonio, vedendomi perplessa, tentò una battuta: «Mamma, lo sai che Elena preferisce le ciotole per il sushi.» Ma Mamma Luisa lo fulminò con lo sguardo: «Non si scherza su queste cose, Antonio. In casa ci vuole una tavola decorosa.» Fu allora che realizzai: vivere con queste persone sarebbe stata un’avventura.

Quando finalmente se ne andarono, tirai un sospiro di sollievo. Antonio mi abbracciò e disse: «Sei stata bravissima, è andata meglio del previsto.» Ma io, a dirla tutta, sono ancora sconvolta. Ora sono qui, in cucina, a fissare quel servizio da tavola, il pollo avanzato, la bottiglia di vino mezzo piena. E penso: cosa significa davvero entrare a far parte di una nuova famiglia? Da un lato, amo Antonio e per lui affronterei tutto. Dall’altro, come faccio a non farmi toccare da certi commenti? Forse col tempo io e Mamma Luisa troveremo un equilibrio. O forse imparerò a tenere le distanze.

Oggi mi sono svegliata con un pensiero: devo parlarne con Antonio. Magari la prossima volta festeggeremo solo noi due. O inviteremo i miei genitori—loro almeno non criticano le mie tende. Ma so anche che i suoceri sono parte della mia vita, ora. Che ci piaccia o no, dovremo imparare a convivere. Forse la prossima volta metterò in tavola quel servizio, verserò loro del vino e dirò: «Questo è per le tende.» Scherzo… o forse no?

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