In un piccolo paese vicino a Verona, dove le nebbie mattutine avvolgono le vecchie case, la mia vita, a ventisette anni, si è trasformata in un servizio infinito ai capricci degli altri. Mi chiamo Sofia, sono sposata con Marco, e fra pochi mesi avremo un bambino. Ma il mio fragile mondo da incinta si sgretola sotto il peso della suocera e della sua famiglia, per i quali sono solo una serva gratuita. Viviamo in un appartamento di tre stanze di proprietà della nonna di Marco, e questo è diventato la mia condanna.
**L’amore che mi ha intrappolata**
Quando ho conosciuto Marco, avevo ventitré anni. Era premuroso, con un sorriso dolce e sogni di famiglia. Ci siamo sposati dopo un anno, ed ero al settimo cielo. Sua nonna, Nonna Rosetta, ci ha offerto di vivere nel suo grande appartamento finché non ci saremo sistemati. Ho accettato, pensando fosse una soluzione temporanea, che avremmo costruito la nostra vita. Invece del comfort, sono finita in una trappola, dove il mio ruolo è pulire, cucinare e tacere.
L’appartamento è spazioso, ma sembra stretto per quante persone ci sono. Nonna Rosetta vive con noi, e sua figlia, la zia di Marco, Lucia, con i suoi due bambini viene quasi ogni giorno. Loro considerano questa casa la loro, e me solo un mobile. Dal primo giorno, la suocera ha chiarito: «Sofia, sei giovane, fa’ quello che devi». Credevo di poter conquistare il loro affetto, ma la loro indifferenza e pretese crescono giorno dopo giorno.
**Schiavitù tra quattro mura**
La mia vita è un ciclo senza fine di pulizie e cucina. La mattina lavo i pavimenti perché Nonna Rosetta odia la polvere. Poi preparo la colazione per tutti: per lei la farina gialla, per Marco le uova al tegamino, e quando arriva Lucia con i bambini, devo aggiungere frittelle o panini. A pranzo sbuccio le verdure, preparo il minestrone, friggo le polpette perché “gli ospiti” hanno fame. La sera, una montagna di piatti e nuovi ordini: «Sofia, sbuccia le patate per domani». La mia gravidanza, la nausea, le gambe gonfie – a nessuno importa.
Nonna Rosetta comanda come un generale: «Hai salato troppo la minestra», «Le tende non sono ben lavate». Lucia aggiunge: «Sofia, potresti badare ai miei bambini, io sono occupata». I suoi figli, rumorosi e viziati, spargono giochi, sporcano il divano, e io pulisco perché «siamo famiglia». Marco, invece di sostenermi, dice: «Mamma, non litigare con nonna, è anziana». Le sue parole sono un tradimento. Mi sento una schiava in una casa che non sarà mai mia.
**Gravidanza sotto attacco**
Sono al sesto mese, e la mia condizione fragile non è una scusa. La nausea mi tormenta, la schiena fa male, e la stanchezza mi fa cadere. Ma la suocera mi guarda con rimprovero: «Ai miei tempi si partoriva nei campi e si lavorava fino all’ultimo». Lucia ride: «Ma dai, Sofia, non esagerare, la gravidanza non è una malattia». La loro freddezza mi uccide. Ho paura per il bambino – lo stress, la mancanza di sonno, il lavoro incessante lasciano il segno. Ieri sono quasi caduta mentre portavo un secchio d’acqua, ma nessuno ha chiesto come stavo.
Ho provato a parlare con Marco. Con le lacrime agli occhi, gli ho detto: «Non ce la faccio più, sono incinta, sono stanca». Mi ha abbracciato, ma ha risposto: «Nonna ci ha dato la casa, resisti». Resistere? Per quanto ancora? Non voglio che mio figlio nasca in un posto dove sua madre è una serva. Voglio pace, tranquillità, cure, ma ricevo solo rimproveri e pentole sporche.
**L’ultima goccia**
Ieri Nonna Rosetta ha detto: «Sofia, devi essere grata di vivere nella mia casa. Lavora, altrimenti ti butto fuori». Lucia ha aggiunto: «Eh già, una nuora deve darsi da fare, non lamentarsi». Ero lì, con lo straccio in mano, e ho sentito qualcosa spezzarsi dentro di me. Mio figlio, la mia vita, la mia salute – per loro non valgono niente. Marco, come sempre, ha taciuto, e questo mi ha ucciso. Non voglio essere la loro domestica, la loro cuoca, la loro ombra.
Ho deciso che me ne andrò. Comincerò a mettere da parte i soldi, troverò un affitto, anche una stanza in un pensionato. Non posso partorire in questo inferno. La mia amica Giulia mi dice: «Prendi Marco e scappa, prima che sia tardi». Ma se lui sceglierà la nonna invece di me? Se rimarrò sola con un bambino? La paura mi paralizza, ma so che non resisterò ancora a mesi di questa schiavitù.
**Il mio grido di aiuto**
Questa storia è la mia richiesta di essere trattata come una persona. Nonna Rosetta, Lucia, le loro infinite pretese mi stanno distruggendo. Marco, che amo, è diventato parte di questo sistema, e mi spezza il cuore. Mio figlio merita una madre che sorride, non che piange davanti ai piatti sporchi. A ventisette anni voglio vivere, non sopravvivere. Sarà difficile scappare, ma lo farò per me e per il mio bambino.
Non so come convincere Marco, come trovare la forza di andarmene. Ma so una cosa: non resterò in questa casa dove la mia gravidanza è solo un fastidio. Che Nonna Rosetta viva nella sua casa, che Lucia cerchi un’altra serva. Io sono Sofia, e sceglierò la libertà, anche se mi spezzerà il cuore.