Sotto un cielo gelido

**Sotto un cielo freddo**

Giovanna sistemava gli oggetti da vendere su Subito. Non per necessità, ma perché era stanca di vederli ogni giorno. Quegli oggetti erano pieni di ricordi. Di persone scomparse dalla sua vita. Di tempi svaniti come neve sul palmo della mano. Di quella versione di sé ormai lontana. Un vecchio maglione con il collo alto, mai indossato. Un cappotto con il gomito consumato. Una padella regalata per il compleanno e mai usata. Occupavano armadi, angoli, l’aria stessa del suo appartamento.

Li fotografava vicino alla finestra, dove la luce era più gentile. Li stendeva con cura, levigava le pieghe, a volte usava anche il ferro. Come se dal suo impegno dipendesse se quegli oggetti avrebbero trovato una nuova casa o finito in discarica. Sperava che qualcuno, scorrendo gli annunci, si fermasse a pensare: *”Questo è mio. Ne ho bisogno.”*

Una sera, un uomo le scrisse. Il messaggio era breve, senza fronzoli: *”Il maglione è ancora disponibile?”* Era tardi, quasi mezzanotte. Come se avesse esitato a lungo prima di scrivere, come se fosse l’ultima possibilità.

Lei rispose: *”Sì, c’è ancora.”* Lui chiese l’indirizzo e aggiunse: *”Arrivo tra poco.”* Niente domande, niente trattative—solo un secco: *”Aspetti.”*

Giovanna fece appena in tempo a sparecchiare la cena. Quando suonò il citofono, le sue mani profumavano ancora di cipolla. Si asciugò le dita sul grembiule, si sistemò i capelli, indossò un cardigan leggero e aprì la porta.

Sulla soglia c’era un uomo sulla cinquantina, con una giacca sbiadita e uno sguardo stanco. I suoi occhi non cercavano il suo volto, ma qualcosa di invisibile—una parola, un po’ di calore, qualcosa che si era perso da tempo.

*”Buonasera. Sono qui per il maglione. Quello verde scuro, con il motivo.”*

*”Entri, glielo prendo. È in camera,”* disse lei, facendosi da parte.

Lui rimase sulla soglia, come se non osasse varcare una linea invisibile.

*”Qui è accogliente. Caldo. Da me i termosifoni non funzionano. Dovrei ripararli, ma non ho mai tempo.”*

*”Sì, il riscaldamento è un problema,”* rispose lei, dirigendosi verso la stanza. *”Ho comprato una stufetta, altrimenti non si sopravvive.”*

Tornò con due maglioni—uno verde e uno blu scuro.

*”Ecco, guardi. Forse anche questo le può andare? È caldo, quasi nuovo. Non pizzica.”*

Lui li provò senza togliersi il cappotto. Rimase in silenzio, osservandosi allo specchio. Poi mormorò, quasi sottovoce:

*”Li sceglieva mia moglie. Io non so farlo. Senza di lei… tutto sembra sbagliato. Tutto mi è estraneo.”*

Giovanna annuì, senza fare domande. Gli sistemò il collo del maglione blu.

*”Quale prende?”*

*”Entrambi, se possibile. Uno per me. L’altro per un amico. Ha avuto un incendio, gli è bruciata la casa. Ora è con la famiglia da parenti. I bambini non hanno neanche i giubbotti. Stiamo raccogliendo quel che possiamo.”*

Lei stava per dire: *”Li prenda pure gratis,”* ma lui aveva già la mano in tasca, come se avesse intuito le sue parole e volesse prevenirle.

*”Quanto?”*

Lei nominò un prezzo più basso di quello dell’annuncio. Lui le porse banconote stropicciate, senza alzare lo sguardo. Le sue mani erano ruvide, screpolate, come quelle di chi lavora al freddo e al vento.

*”Grazie.”*

*”Spero che i maglioni portino un po’ di calore,”* rispose piano.

Lui annuì, ma non si mosse. Guardò a terra, poi alzò gli occhi all’improvviso.

*”Sa… sembrerà stupido. Ma qui è così… tranquillo. Sa di casa. Come se ci fosse ancora qualcuno che aspetta. Come se ci fosse un posto dove tornare.”*

Giovanna rimase immobile. Poi, senza pensarci, disse:

*”Vuole un tè? L’ho appena fatto. Al bergamotto e miele. Forte, ma caldo.”*

Esitò, poi annuì:

*”Se c’è il limone. E se non disturbo.”*

Sedettero nella piccola cucina. Lui parlava—a ruota libera, saltando da un argomento all’altro. Dell’amico che aveva perso la casa. Del lavoro in magazzino, dove il freddo ti gela le ossa. Di come cercava vestiti pesanti perché l’inverno non aspetta. Giovanna lo ascoltava, e le sembrava di ricordare cosa volesse dire parlare con qualcuno che non aveva fretta di andarsene. Qualcuno che non guardava il telefono, che non aspettava il momento per interromperti. Qualcuno che condivideva con te quella serata, quel tè, quel pezzetto di calore.

Versò altro tè, aggiunse miele, fece domande. Semplici, quasi banali. Lui rispondeva, e nella sua voce c’era stupore, come se avesse dimenticato cosa significasse che qualcuno si interessasse alla sua vita. Tra le loro parole, tra i sorsi di tè, nacque un silenzio—non pesante, ma vivo, tiepido come un respiro.

Dopo un’ora, si alzò. Con cautela, come se temesse di rompere qualcosa di fragile. Alla fine disse:

*”Grazie. Non solo per i maglioni. Per… questo.”*

Giovanna rimase in cucina. Finì il tè, osservando la tazza che si raffreddava lentamente. Poi tornò in camera. Lì, sulla sedia, c’era un terzo maglione—grigio, il più vecchio. Profumava di passato, di qualcuno che sapeva ascoltare. Lo prese, accarezzò la lana e lo riprese nell’armadio.

Non voleva più venderlo.

A volte, il passato non è un peso da lasciare andare, ma un fuoco che scalda quando il mondo fuori è troppo freddo.

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