Sposare un milionario

La neve si era quasi tutta sciolta in città, lasciando solo chiazze di ghiaccio sporco sui marciapiedi. Ma al cimitero, il manto bianco resisteva, benché assottigliato dalle piogge recenti. Anna vagò a lungo tra i sentieri innevati, costeggiando le lapidi, finché non trovò la tomba dei suoi genitori. Erano sepolti insieme, nonostante suo padre fosse morto in un incidente quando lei era al terzo anno delle superiori.

La recinzione abbracciava entrambe le tombe. Sua madre era mancata tre anni prima. Anna aveva scelto una foto per la lapide dove sembravano quasi coetanei, come li ricordava da bambina quando suo padre era ancora vivo.

Appena andata in pensione, aveva lasciato l’appartamento di Milano al figlio ed era tornata nella sua città natale due giorni prima. Dopo aver sistemato la casa, quella mattina era andata al cimitero.

«Perdonami, mamma, per averti abbandonata e scappata a Milano. Era l’unica cosa che potevo fare. Grazie per avermi capito, per non avermi trattenuta.» Con un gesto delicato, spazzò via la neve compatta dalla lapide.

Rimase ancora un attimo, salutò i suoi genitori e si incamminò seguendo le proprie orme tra le tombe. Raggiunse il vialetto principale e, con lo sguardo basso, si diresse verso l’uscita.

«Anna?» Una voce improvvisa la fermò. Si voltò.

«Parla a me?» Fissò l’uomo sconosciuto, sulla sessantina, che sembrava fissarla con aria familiare.

«Non mi riconosci? Sono Alessandro, Alessandro Gordini.» L’uomo sorrise, e allora Anna lo riconobbe.

«No, non ti riconoscevo. Sei cambiato,» rispose, ricambiando il sorriso.

«Io invece ti ho riconosciuta subito, anche se non ci vedevamo da…» esitò, contando mentalmente gli anni passati. «Trent’anni.» Si avvicinò a lei.

«Trentadue,» precisò lei.

«Non sei cambiata per niente. Sei venuta a trovare i tuoi genitori?» Accennò alle tombe.

«Sì. E tu?»

«Da Olga.» Distolse lo sguardo.

«Olga è morta? Da quanto?» Anna si stupì.

Non provava più rancore per Olga. Il dolore era svanito da tempo. Sentì solo un velo di rammarico e compassione.

«Sei mesi fa. Ha sofferto molto. Cancro. Sono rimasto solo,» disse Alessandro con voce affranta.

Anna lo osservò di sfuggita. Per un attimo le parve che avesse un singhiozzo nella voce. No, solo un respiro pesante. Il volto era calmo, concentrato.

«Non abbiamo avuto figli. Così è la vita. E tu? Sei tornata a vivere qui o sei sposata?»

«Sola. Mi sono ritirata, ho lasciato l’appartamento di Milano a mio figlio e sono tornata qui.» Anna evitò di parlare di un marito.

Raggiunsero il cancello.

«Scusa, ti ho trattenuto, tu stavi andando…» si scusò Anna.

«Venivo dalla tomba di Olga. Andrò a trovare mia madre un’altra volta. Chissà, magari potresti sparire di nuovo, no?» Alessandro fece una smorfia.

«Eccolo, se n’è andato. Ora devo aspettare il prossimo,» sospirò Anna, vedendo l’autobus allontanarsi dalla fermata.

«Ho la macchina, ti accompagno. Andiamo.» Le indicò una fila di auto parcheggiate lungo il muro.

Non aveva voglia di salire con lui, di parlare, ma neanche di aspettare un altro autobus accanto al cimitero. Anna si infilò nell’auto gelida. Alessandro accese il motore, avviò il riscaldamento. Passarono davanti al muro del camposanto, poi oltre un campo innevato e desolato, destinato a nuove sepolture, infine oltre alcune case di legno. Anna non capiva come qualcuno potesse vivere vicino a un cimitero così grande.

«Sono passati tutti questi anni, e ancora non ho capito cosa sia successo tra noi. Quando te ne andasti, ero distrutto. Soprattutto, perché?» Alessandro ruppe il silenzio.

Anna lo guardò, stupita.

«Olga mi disse che era incinta. Poi scoprii che mentiva, non poteva avere figli. Ma all’epoca ci credetti, la sposai. E poi… ormai era tardi per tornare indietro. Olga, sai che crisi fece quando scoprì che eri scappata con il suo fidanzato? Andò a Milano per vendicarsi. Perché scappasti, Anna?»

«Davvero non hai capito niente, dopo tutti questi anni? Per me allora non importava con chi o dove andare, l’importante era allontanarmi da qui.»

«Cosa vuoi dire?» Alessandro le rivolse uno sguardo e l’auto sbandò leggermente sulla strada bagnata.

E Anna, senza risparmiare né sé né lui, cominciò a raccontare.

***

Hanno ragione quando dicono che in certe amicizie uno sfrutta l’altro. Tra Anna e Olga era così. Anna aveva cambiato scuola a metà anno. Secchiona com’era, suscitò subito l’antipatia dei nuovi compagni.

Olga, la più bella della classe, la prese sotto la sua ala protettrice. Durante l’intervallo passeggiavano insieme per i corridoi, tornavano a casa assieme. Anna aiutava Olga con i compiti, le suggeriva durante le verifiche.

Grazie a Olga, Anna si integrò. Alessandro Gordini, un ragazzo goffo con le orecchie a sventola, le correva dietro, ma lei lo snobbava con disprezzo.

«Perché fai così? È un bravo ragazzo. Vedrai, quando crescerà diventerà un bel ragazzo,» lo difendeva Anna.

«Quando sarà il momento, vedremo,» rispondeva Olga con superficialità.

Certo, parlavano anche del futuro.

«Non ho intenzione di marcire in questa buca. Andrò a Milano. Vieni con me?» la invitava Olga.

L’idea era coinvolgente, ma Anna rifiutò subito.

«No. Si può studiare anche qui. Come faccio a lasciare mia madre da sola?»

«Come vuoi,» Olga scrollò le spalle. «Se ti piace marcire qui, come la tua adorata mamma, buon per te. Io invece sposerò un uomo ricco, magari un milionario.» Sognante, roteò gli occhi al cielo.

«Certo, i milionari ti aspettano a braccia aperte,» borbottò Anna, ma dentro di sé non aveva dubbi che sarebbe andata così.

Olga era bellissima: bionda naturale con occhi marroni e pelle olivastra, una combinazione rara. Il fisico era invidiabile, tanto che molte attrici famose sarebbero state fiere di averlo. E gli uomini, si sa, guardano prima di tutto con gli occhi.

All’università Olga non entrò. Frequentò invece un corso da parrucchiera. Suo padre le aveva imposto una condizione: «Non resterai a Milano se non studi qualcosa.»

«Anna, vieni a trovarmi a Milano. Qui non ho nessuno con cui parlare. Tutte le amiche sono in realtà rivali. Ognuna cerca di metterti i bastoni tra le ruote,» si lamentava Olga.

«Meglio se torni tu qui,» rispondeva Anna.

«Mai nella vita.»

La madre aveva cresciuto Anna con severità. Non le permetteva nemmeno di truccarsi per andare a scuola. Prima delle feste, Anna correva da Olga per un po’ di mascara, ricordandosi poi di struccarsi prima di tornare a casa.

«Devi essere indipendente. Gli uomini sono volubili. Con un’istruzione e una carriera, non sarai mai inMentre Anna chiudeva la porta di casa, sentì il rumore del motore di Alessandro allontanarsi, e finalmente, dopo trent’anni, capì che il passato era davvero sepolto, e il futuro, anche se solitario, le apparteneva completamente.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

3 × 5 =

Sposare un milionario