Sposata ma sola

— Gioia, allora spiegami come devo capire questa cosa? — la vicina Valentina stava sulla soglia con una borsa della spesa e scuoteva la testa perplessa. — Hai un marito o no? Ieri ho visto Sergio uscire dal tuo appartamento, e stamattina l’ho incontrato alla metro con una bionda!

Giovanna sospirò, posò il giornale e invitò la vicina in cucina. L’acqua per il tè stava bollendo proprio allora.

— Si accomodi, Valentina. Non è semplice come sembra. Sì, Sergio è mio marito. Ufficialmente. L’anello al dito da sette anni. Ma viviamo separati. Ognuno nel proprio appartamento.

— Separati? — la vicina si lasciò cadere sulla sedia, pronta a una lunga chiacchierata. — Che razza di famiglia è? E allora perché ti sei sposata?

Giovanna le porse una tazza di tè, sedendole di fronte. Fuori piovigginava sotto la pioggia d’ottobre, le gocce scendevano sul vetro come lacrime. Proprio con quel tempo, sette anni prima, avevano fatto la dichiarazione in comune.

— Mi sono sposata per amore, certo. Pensavo avremmo vissuto come tutte le famiglie normali. Figli, casa al mare, vita insieme. Invece no! — Giovanna sorrise amaramente. — Dopo sei mesi capimmo di essere incompatibili. Lui adora le feste rumorose, io il silenzio. Lui sparpaglia le cose, io amo l’ordine. Lui può stare una settimana senza doccia, io non resisto un giorno.

— E allora divorzia! — fece un gesto rassegnato Valentina. — Perché tormentarsi?

— Qui arriva il bello. Divorziare non possiamo. Abbiamo un appartamento in comproprietà, intestato prima del matrimonio. Lo pagammo insieme. Sergio dice: se divorziamo, dobbiamo venderlo e dividere i soldi. E dove andremmo poi? Affittare? Non siamo più giovani, io ho quarantatré anni, lui quarantacinque. Con gli affitti alle stelle?

Valentina annuì pensierosa. Il dilemma le era chiaro.

— E allora cosa avete architettato?

— Ecco: Sergio resta nell’appartamento, e io ho comprato un monolocale in periferia. Economico, ma tutto mio. Pago il mutuo, ma nessuno mi rompe. Lui viene a trovarmi quando gli viene la malinconia. Chiacchieriamo come vecchi amici. Poi se ne torna a casa sua.

— E durerete così per sempre? — la vicina osservava Giovanna con curiosità. Sembrava stanca, ma serena.

— Chissà. Per ora funziona. Siamo ufficialmente marito e moglie, niente scartoffie, al lavoro nessuno fa domande. E di fatto ognuno vive la sua vita.

Dopo che Valentina se n’era andata, Giovanna rimase a lungo alla finestra a finire il tè freddo. La pioggia s’infittiva, e nel rumore le sembrava di sentire echi del passato.

Si erano conosciuti in ufficio. Lui era capo della logistica, lei contabile. Alto, aitante, con occhi gentili e un sorriso irresistibile. Giovanna provò subito simpatia.

— Giovanna, mi farebbe compagnia a pranzo? — le si avvicinò quel giovedì memorabile. — Conosco un ottimo bistrot qui vicino.

Accettò. Poi un secondo appuntamento, un terzo. Sergio rivelò un’intelligenza brillante: leggeva tanto, sapeva di arte. Parlavano di libri, cinema, viaggi.

— Con lei è tutto così semplice, — confessò dopo un mese. — Mi capisce al volo.

Anche Giovanna si trovava a suo agio. Dopo il primo divorzio, trascorsi cinque anni solitari, aveva smesso di sperare in un’anima gemella.

Sergio era divorziato, senza figli. Viveva solo in un trilocale ereditato dai genitori.

— Troppo grande per un single, — si lamentava. — Ma venderlo mi sembra un sacrilegio.

Dopo sei mesi di frequentazione, lui la chiese in sposa. Noz
Mentre accarezzava Milù che fusa ronzavano come un motorino, Sebastiana sorrise al pensiero che domani non avrebbe dovuto far da mamma nemmeno alle briciole della torta di Danuta, dato il suo impeccabile divorzio dal mocio.

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