Sposato per Caso

**Inaspettatamente fidanzata**

Alessia correva per il centro commerciale con una valanga di sacchetti, sorpassava la gente sulle scale mobili, si affrettava e borbottava tra sé e sé per quel ragazzo sfaticato di Matteo, che non aveva nemmeno l’auto per venirla a prendere e portarla a casa con tutti quegli acquisti. Alla fine aveva dovuto chiamare un taxi con l’app. E come al solito, l’auto era stata assegnata in un lampo. Così, con i tacchi alti e le borse in mano, aveva dovuto correre per tutto il centro fino al parcheggio.

Alessia era furiosa. Non solo nessuno poteva aiutarla, ma quei costosissimi stivali di pelle le avevano anche spellato i piedi.

“Signorina, attenta!” si lamentò una signora sulle scale mobili, che Alessia aveva accidentalmente colpito con un sacchetto mentre scendeva.

“Se guardasse dove va invece di contare i passeri!” rispose seccamente la cliente in ritardo, senza nemmeno girarsi.

“Maleducata!” sbottò l’altra, ma ad Alessia non importava nulla della sua opinione.

Arrivata finalmente all’uscita, si ricordò di controllare il numero della macchina assegnata. Ma era troppo tardi: l’autista aveva già cancellato la corsa, e il prezzo era quasi raddoppiato. Infuriata, Alessia annullò la ricerca del taxi e infilò il telefono in tasca. Si guardò intorno e vide una panchina libera. Senza pensarci due volte, vi scaricò tutti i sacchetti e si lasciò cadere accanto a loro, togliendosi anche quegli stupidi stivali scomodi.

“Dio, oggi tutto mi va storto!” imprecò, spingendo con rabbia una delle borse.

Quella cadde mestamente sulla panchina, perdendo lo scontrino.

Alessia si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi. Ultimamente, le sembrava che la vita ce l’avesse proprio con lei…

***

Alessia aveva sempre sognato in grande e non si accontentava delle mezze misure. Se un telefono, doveva essere l’ultimo modello. Se una manicure o una tinta, solo dal miglior salone con il top dei parrucchieri. Se delle scarpe, dovevano essere di qualità. La stessa filosofia valeva per gli uomini. Ma con loro, purtroppo, non era mai andata bene. Invece di uomini ricchi, intelligenti e affascinanti, le capitavano solo “scarti”: vecchi, grassi, pelati, stupidi, poveri, pigri. Alessia aveva cercato a lungo, ma nessuno sembrava soddisfare i suoi standard.

“Continua così, e resterai sola,” le diceva spesso la madre. “Un uomo si giudica dalle azioni, non dal portafoglio o dal viso.”

“E io dovrei ammirarne le azioni di notte? E poi, per fare bei gesti servono i soldi,” ribatteva la venticinquenne, sempre pronta con una risposta.

La madre sospirava. Alessia aveva una lingua tagliente, come se avesse frequentato un corso per diventare polemista. Eppure lavorava solo come hostess in un ristorante. Era lì, tre anni prima, che tutto era cominciato. O meglio, che aveva preso una piega inaspettata. Aveva visto tante donne in pelliccia accompagnate da uomini ricchi per cene sontuose. E si era detta: “Perché io no? Anche io merito una vita così.”

Ma la vita, evidentemente, aveva altri piani. I ricconi non la degnavano di uno sguardo. Qualcosa in lei, chissà cosa, tradisceva la ragazza di provincia, con un’istruzione media e una famiglia normale. Eppure, Alessia sognava un fidanzato influente, con un lavoro prestigioso, una macchina di lusso e abiti firmati.

Ma il tempo passava, i ragazzi cambiavano, e l’uomo perfetto non si vedeva. Alla fine, aveva ceduto a Matteo, un impiegato di banca di quattro anni più grande, con uno stipendio stabile ma modesto. Matteo non era male: capelli castani, occhi grigi, un metro e settantacinque, né magro né grasso. Aveva anche un bilocale spazioso, comprato con un mutuo. Ma niente macchina. Per lui, in una città con la metro e i bus, l’auto era uno spreco.

Matteo era dolce ma insistente. Le portava fiori al lavoro, la portava fuori a cena. Dopo tre mesi, sotto le pressioni della madre, Alessia aveva ceduto.

“Eccolo, un bravo ragazzo. Ti tratta come una regina, ti ama, ti coccola… cosa aspetti? Meglio un uovo oggi che una gallina domani.”

Alessia, a denti stretti, aveva accettato. E in fondo, la vita con Matteo non era male. Lui era premuroso, le pagava i capricci, la portava in vacanza (anche se non in hotel a cinque stelle, e in classe economica). Le preparava la cena, le portava il caffè a letto, la lasciava andare a fare shopping con le amiche. E voleva addirittura chiederle di sposarlo.

Era passato quasi un anno. Alessia si era abituata, ma non aveva smesso di sognare. E non si vergognava di lamentarsi con le amiche di quanto Matteo fosse “insufficiente”. Anche se… in fondo, non poteva lamentarsi troppo.

***

“Perché dici che tutto ti va contro? Io, per esempio, sono felice di trovarti qui,” disse una voce proprio vicino al suo orecchio.

Alessia sobbalzò, aprì gli occhi e si girò. Dietro la panchina c’era Riccardo. Tanti anni prima, al liceo, aveva cercato di corteggiarla, ma lei l’aveva umiliato davanti a tutte le amiche.

Per un attimo non lo riconobbe. Al posto del ragazzino mingherlino con i brufoli e i capelli arruffati, c’era un uomo attraente: capelli scuri, barba curata, spalle larghe, con una giacca di pelle da motociclista.

“Ciao, accidenti… sei cambiato,” sorrise stupita. “È… è passato tanto tempo.”

“Sì, parecchio,” annuì lui. “Ma io ti ho riconosciuta subito. Cosa succede? Sei qui sola, con tutti questi sacchetti e un’aria disperata.”

Alessia si strinse nelle spalle e gli raccontò dei suoi guai, ovviamente tacendo di Matteo.

“Senti, posso accompagnarti a casa?” propose Riccardo. “Ho la macchina qui vicino.”

Alessia seguì il suo sguardo e vide un enorme SUV nero luccicante. Annuì subito, massaggiandosi il piede dolorante con fare teatrale. Un minuto dopo, Riccardo la aiutò a salire in macchina, sostenendole il gomito con galanteria, e sistemò i sacchetti sul sedile posteriore. Alessia gli diede l’indirizzo, e durante il tragitto iniziò a chiacchierare.

“Allora, mi sveli il segreto di questa trasformazione?” gli chiese, quasi accarezzandolo con la voce.

“La fortuna e le persone giuste,” sorrise lui, cambiando marcia. “Ma se vuoi, possiamo parlarne meglio davanti a un caffè. Qui vicino c’è un posto perfetto.”

Alessia fece rapidamente due più due. Durante il tragitto lo osservò di nascosto. Del ragazzino timido del liceo non c’era più traccia. Davanti a lei c’era un uomo sicuro di sé, bello e, a quanto pareva, ricco. E soprattutto, interessato a lei.

“Sì, volentieri,” rispose pronta. “Tra l’altro, ho saltato il pranzo.”

Mezz’ora dopo, seduti al tavolo di un caffè, Riccardo si aprì: aveva lasciato l’università, studiato da programmatore e iniziato a lavorare su un progetto di intelligenza artificiale. Poi era diventato team leader e, infine,Mentre Riccardo parlava dei suoi successi, Alessia capì troppo tardi di aver scambiato l’illusione per amore, e quando lui la lasciò davanti al suo palazzo con un sorriso ambiguo e una promessa vaga, si ritrovò sola con le sue borse e il vuoto di aver perso Matteo per niente.

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