Sposo Sottosopra

Dopo cena, Beatrice si accoccolò sul divano con le gambe incrociate e prese un libro. Aveva appena iniziato a immergersi nelle avventure della protagonista quando entrò sua madre, tenendo in mano un telefono che vibrava. Sullo schermo, sorridente, c’era la foto di Chiara Esposito.

Beatrice posò malvolentieri il libro e rispose alla chiamata, lanciando un’occhiata eloquente alla madre, che finalmente capì di essere di intralcio e uscì dalla stanza. Beatrice non aveva dubbi che sarebbe rimasta dietro la porta a origliare.

Per cinque minuti chiacchierarono del più e del meno. Poi Chiara le disse che la invitava al suo compleanno, festeggiato sabato nella casa al mare.

“Ma il tuo compleanno era un mese fa, no?” domandò Beatrice, sorpresa.

“Che differenza fa? Sono pronta a festeggiarlo ogni giorno. È solo un pretesto per stare insieme.”

“E perché? Possiamo incontrarci senza pretesti,” ribatté Beatrice.

“No, ci vuole un po’ di mistero, di attesa. Arriva un amico di Enrico dalla Germania. Non sa quando compio gli anni e, sapendo che ci sarebbe tutto questo interesse, potrebbe rifiutarsi di vedermi senza un motivo valido. Ma un compleanno è una cosa seria. Roberta, la mia amica, la ricordi? È impazzita quando ha saputo che veniva. Lui fa il regista, o qualcosa del genere, comunque è nel mondo del cinema. E Roberta sogna di recitare. Mi ha assillata come una mosca, non mi dà tregua. Insomma, mi sta sulle scatole.”

“Ah, capisco. E io a cosa servo?”

“Come, a cosa servi? È il mio compleanno!” Chiara cominciava a irritarsi per la scarsa comprensione dell’amica.

“Per fare numero?” intuì finalmente Beatrice. “E perché al mare? Fa ancora freddo.”

“Non fare la stupida, Bea. Perché non scappi,” rise Chiara, compiaciuta. “Allora, vieni? Ci divertiamo, facciamo una grigliata. Abbiamo ancora l’albero di Natale… Non abbiamo avuto tempo di smontarlo dopo le feste, e con tutta questa neve, non saremmo nemmeno riusciti a tornare prima. Su, per favore, fallo per me,” disse Chiara, e Beatrice immaginò il suo broncio da bambina viziata.

“D’accordo,” sospirò.

Accettò solo perché mancavano ancora quattro giorni al sabato. In quel tempo poteva succedere di tutto. Per esempio, poteva ammalarsi lei, o Chiara, o magari scoppiava una bufera e il viaggio sarebbe saltato.

Beatrice ripose il telefono e subito entrò sua madre.

“Dove ti ha invitata?”

“Mamma, hai sentito tutto,” sorrise Beatrice con sarcasmo.

La madre non si scompose.

“E allora vai. Stai sempre chiusa in casa. Tra poco avrai quarant’anni e ancora non ti sei sposata. Non vedrò mai un nipotino.”

“Mamma, i mariti non crescono come i primi fiori di primavera, mica li trovi al mare,” scherzò Beatrice. “Ne ho ancora trentadue, mancano otto anni ai quaranta. E poi, i figli dovrebbero nascere dall’amore, non perché tu vuoi un nipote…”

La madre strinse le labbra, fece un gesto di fastidio e uscì, ma dopo un secondo rientrò e si piantò davanti a Beatrice.

“Leggi tutto il giorno. Vivi le vite degli altri, mentre la tua ti sfugge. I libri non ti aiuteranno a sposarti. Il tempo passa…”

“Hai sentito, vado al mare. Ti porto i nipoti da lì,” scherzò di nuovo Beatrice.

La madre scosse la testa, offesa.

“Scusa, mamma.” Beatrice saltò giù dal divano e l’abbracciò.

Il venerdì Chiara chiamò di nuovo, ricordandole il viaggio e raccomandandole di vestirsi bene, per non fare brutta figura con l’ospite straniero. Disse che lei e suo marito l’avrebbero aspettata davanti a casa alle sette precise.

“Così presto?” protestò Beatrice.

“La strada, la casa al mare da scaldare, tutto da preparare… Se riusciamo a finire prima di sera sarà già un miracolo.”

Alle sei del mattino suonò la sveglia. Beatrice stentò a ricordare perché l’avesse impostata così presto nel weekend. Poi entrò sua madre, dicendole che la colazione era pronta.

Beatrice ricordò della casa al mare, del compleanno e gemette. Addio, tranquillo weekend. Si trascinò in bagno. Un’ora dopo, quando uscì, davanti al portone c’era già l’auto del marito di Chiara. Beatrice sedette sul sedile posteriore e salutò con aria cupa.

“Su, non fare quella faccia. Puoi dormire mentre viaggiamo,” concesse magnanimamente l’amica.

Per tutto il viaggio Chiara chiacchierò senza sosta. “Come fa Enrico a sopportarla?” pensò Beatrice, e poco dopo si addormentò.

Nel complesso residenziale al mare era bello e deserto. Neve intatta copriva i giardini, solo le strade tra le case erano segnate dalle tracce degli pneumatici. Significava che non sarebbero stati soli in quel paradiso.

In casa c’era davvero un enorme albero di Natale artificiale. Per un attimo, a Beatrice parve di essere tornata indietro di due mesi e mezzo, pronta a festeggiare Capodanno. Enrico si mise subito a lavorare sulla stufa, e l’odore di legno e resina le ricordò l’infanzia.

Prima ancora che la legna prendesse fuoco, altre due auto arrivarono. Beatrice e Chiara guardarono dalla finestra mentre una coppia di conoscenti e Roberta uscivano da un’auto, e un uomo alto con gli occhiali scuri dall’altra.

“È lui il regista? Non sembra granché,” disse Beatrice, scettica.

“E tu quanti registi hai conosciuto nella tua vita?” ribatté Chiara.

Il gruppo avanzò verso casa. Roberta saltellava come una capretta, sprofondava nella neve e rideva. Il suo schiamazzo annunciava il loro arrivo a chiunque avesse deciso di passare il weekend in quella località.

“Basta fissarli,” disse Chiara, e fu la prima a staccarsi dalla finestra.

Andò alla porta ad accogliere i nuovi ospiti, mentre Beatrice si diresse in cucina e cominciò a svuotare le borse della spesa.

“Il tuo amico è davvero un regista?” chiese a Enrico.

Non fece in tempo a risponderle che in casa esplosero rumori di passi, urla e, più forte di tutto, le risate isteriche di Roberta. Lei si precipitò subito verso l’albero di Natale. Il regista portò in cucina alcune borse, strinse la mano a Enrico e annuì a Beatrice, fissandola un attimo in più.

“Posso aiutare?” chiese.

La cucina si riempì di gente, diventando subito rumorosa e stretta. La legna scoppiettava allegramente, il fuoco nella stufa ruggiva. Beatrice pensò che forse aveva fatto bene a venire.

Dopo uno spuntino con tramezzini e tè, gli uomini uscirono a sistemare il barbecue, mentre le donne si misero a tagliare l’insalata, a cuocere le patate…

A tavola si alzarono brindisi e auguri, Chiara accettò i regali senza vergognarsi. Poi si ballò. Roberta si appiccicò senza ritegno al regista, che si chiamava Paolo. Lui beveva poco ed era il più sobrio di tutti. Quando Roberta uscì un momento, invitò Beatrice a ballare.

“Sei davvero arrivato dalla Germania? Da quanto vivi lì?” gli chiese.

Paolo cercò di rispondere, ma dovette alzare la voce per coprire la musica, e Beatrice tacqueTornarono a casa sotto la pioggia, tenendosi per mano come due vecchi innamorati, e solo allora Beatrice capì che a volte i libri non servono per trovare la felicità, ma basta ascoltare il proprio cuore.

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