Stanca di Essere Perfetta per Tutti

**Stanco di essere perfetto per tutti**

Nella frenetica Milano, dove la vita ribolle come l’espresso del mattino, la mia esistenza a ventisette anni sembra impeccabile solo agli occhi degli altri. Mi chiamo Ginevra Bianchi, lavoro come marketing manager per un’importante azienda, sono sposata con Matteo e non abbiamo figli, solo progetti e ambizioni. Ieri, uscita dall’ufficio, sono salita in macchina, ho fatto benzina, preso la borsa e sono corsa al bagno. Lì ho cambiato vestito, mi sono truccata e sono uscita così bella che tutti si voltavano a guardarmi. Ma dietro questa facciata scintillante c’è solo stanchezza: sono stanca di essere la moglie perfetta, la figlia perfetta, la nuora perfetta. Ora devo decidere come vivere per me stessa.

**Una vita che sembra un sogno**

Sono sempre stata la “brava ragazza”. A scuola, la prima della classe. All’università, la studentessa modello. Al lavoro, quella che consegna i progetti prima della scadenza. Matteo, mio marito, è un programmatore, mi ama ed è fiero di me. Siamo sposati da tre anni, viviamo in un bell’appartamento, viaggiamo due volte l’anno. I miei genitori e mia suocera, Lidia Rossi, ci considerano la coppia perfetta. *«Ginevra, sei un’ammiraglia, fai tutto e bene»*, dice mia madre. *«Matteo, sei fortunato ad avere una moglie così»*, aggiunge Lidia. Ma nessuno vede quanto affogo sotto questa pressione.

La mia vita è una lista infinita: la mattina preparo la colazione perché Matteo sia contento, di giorno mi spremo al lavoro, la sera pulisco e cucino, perché mia suocera non dica che *«non sono una vera massaia»*. Persino al distributore ieri mi sono cambiata in un vestito elegante e mi sono truccata perché dovevo andare a cena dai suoceri e *«dovevo fare bella figura»*. Tutti mi guardavano, ma io mi sentivo un’attrice, costretta a recitare la parte della Ginevra perfetta.

**La maschera che si è rotta**

Ieri sera è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A cena da Lidia, come al solito, ho aiutato in cucina, sorriso, seguito le chiacchiere. Ma quando lei ha detto: *«Ginevra, dovresti pensare a un figlio, non sei più una ragazzina»*, ho sentito qualcosa spezzarsi dentro. Io non sono pronta, voglio vivere per me, ma tutti si aspettano che faccia *«la cosa giusta»*. Matteo è rimasto zitto, e ho capito: non mi difenderà mai dalle loro aspettative. Poi mia madre ha chiamato: *«Ginevra, non aspettare troppo, a ventisette anni io già avevi»*. Persino in ufficio le colleghe scherzano: *«Allora, quando la cicogna?»*.

Sono stanca. Stanca che il mio valore si misuri in base a quanto piaccio agli altri. Stanca di cambiarmi al distributore per essere *«presentabile»*. Stanca di sorridere quando vorrei urlare. Amo Matteo, ma il suo silenzio, quando Lidia o mia madre mi pressano, mi ferisce. Voglio essere me stessa, non la Ginevra che accontenta tutti.

**La paura di essere autentica**

La mia amica Chiara mi dice: *«Ginevra, di’ a tutti che hai bisogno di spazio»*. Ma come? Se smetto di cucinare o dico *«no»* a Lidia, penserà che sono una moglie ingrata. Se dico a mia madre che non voglio figli, si offenderà. Se confesso a Matteo che sono esausta, mi risponderà: *«Ma tu sei sempre riuscita a fare tutto, cosa è cambiato?»*. Ho paura che, togliendomi la maschera della Ginevra perfetta, resterò sola—senza l’approvazione della famiglia, senza i complimenti al lavoro, senza l’immagine che tutti si aspettano.

Ma ieri, davanti allo specchio del bagno del distributore, ho visto una donna bella ma estranea. Quella Ginevra col vestito e il trucco perfetto non sono io. Io voglio le scarpe da ginnastica, non i tacchi. Voglio una serata senza cucinare. Voglio dire: *«Non sono pronta per un figlio, ed è un mio diritto»*. Ma come farlo senza distruggere tutto?

**Cosa fare?**

Non so da dove cominciare. Parlerò con Matteo e gli dirò che ho bisogno del suo sostegno? Ma lui pensa che *«drammatizzo»*. Metterò dei limiti con Lidia e mia madre? Ma temo di ferirle. Prenderò una pausa, scapperò via da sola per capire cosa voglio? Sembra egoista. O continuerò a interpretare la Ginevra perfetta finché non crollerò? Voglio vivere senza dovermi cambiare al distributore per compiacere gli altri, ma avrò il coraggio?

A ventisette anni, voglio essere autentica, non impeccabile. Lidia forse vuole il meglio per suo figlio, ma la sua pressione mi soffoca. Mia madre sogna nipoti, ma i suoi sogni non sono i miei. Matteo mi ama, ma il suo silenzio mi lascia sola. Come trovare me stessa? Come smettere di vivere per tutti tranne che per me?

**Il mio grido di libertà**

Questa è la mia richiesta disperata di essere me stessa. Sono stanca della maschera che indosso per piacere agli altri. Voglio una casa dove poter stare in felpa e senza trucco, dove i miei desideri contano, dove non devo giustificare le aspettative di nessuno. A ventisette anni, merito di vivere per me—non per l’approvazione di Lidia, di mia madre o dei colleghi.

Io sono Ginevra, e troverò il modo di togliermi questa maschera, anche se dovessi litigare con chi amo. Sarà un passo spaventoso, ma non voglio più nascondermi nel bagno di un distributore per diventare quello che gli altri vogliono.

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