Sull’orlo di quest’estate: Dana, la bibliotecaria che pensava che la vita romantica fosse ormai passata, vince a sorpresa un viaggio premio sulla costa italiana e, mentre l’estate volge al termine, salva un adolescente dalle onde, stringe un’improbabile amicizia con il ragazzo e suo padre Anton, e scopre che forse non è mai troppo tardi per ricominciare ad amare.

Sul confine di questestate

Lavorando nella piccola biblioteca civica di Lucca, la vita di Benedetta sembrava sospesa tra polvere e silenzio: i lettori ormai si rifugiavano in internet e le sale si riempivano soltanto nei giorni di pioggia, quando qualche studente smarrito o anziano nostalgico varcava la soglia. Ordinava i volumi sugli scaffali, accarezzava le copertine con dita attente, domandandosi tra sé se esistesse ancora una magia nella sua esistenza piatta. Se qualcosa di eccitante potesse mai accadere sotto quel cielo basso della provincia toscana. Lunico piacere sincero era divorare libri di ogni genere: romanzi damore, saggi filosofici, storie strane di altri paesi. Solo che, a trentanni, Benedetta si accorse improvvisamente che tutte quelle storie di passione avevano camminato sempre accanto a lei, senza mai sfiorarla.

Letà avanzava con discrezione; il suo volto non era mai stato di quelli che si scansano per strada, la paga della biblioteca appena bastava per il canone e qualche pizza il sabato sera. Eppure, cambiare lavoro non le era mai passato per la testa: la biblioteca era la sua tana. Ospitava solo giovani universitari, a volte qualche liceale, spesso pensionati che leggevano i giornali del giorno prima.

Un giorno, quasi per gioco, Benedetta si iscrisse a un concorso provinciale per bibliotecarie: vinse. Il premio? Una vacanza di due settimane sulla costa ligure, tutto pagato. Una fortuna, unoccasione inaspettata.

È incredibile, mamma, Laura, vado davvero! annunciò raggiante allamica e alla madre. Con il mio stipendio in euro non sarei mai arrivata al mare.

Lestate scorreva via agli ultimi giorni forsennati. Sul litorale di Sestri Levante, Benedetta passeggiava su una spiaggia semideserta, le onde agitate scacciavano i bagnanti verso i bar rumorosi. Dopo tre giorni di mare, le serviva solitudine, per pensare e sognare ad occhi aperti.

Allimprovviso vide, quasi come in un film muto e bagnato, un ragazzino spazzato da una grossa onda mentre stava sul molo. Senza pensare, Benedetta si tuffò, anche se non era mai stata una grande nuotatrice, ma stare a galla lo sapeva da quando era bambina.

Le onde le davano il senso di trascinarsi dietro il ragazzo, poi la rigettavano indietro, quasi giocassero con lei. Riuscì a tirarlo verso riva, annaspando, lacqua la schiaffeggiava alle gambe e il vestito leggero si incollava addosso. Sul bagnasciuga, guardò meglio il ragazzo. Un adolescente alto, diciamo quattordici anni appena, ma con lo sguardo già adulto. Ma perché ti sei messo a nuotare con questo mare? chiese ansimando.

Lui si rialzò sulle gambe malferme, ringraziò a bassa voce e se ne andò, barcollando sul cemento caldo del lungomare. Benedetta, sorridendo incredula, lo lasciò andare.

Il mattino dopo, si svegliò come se tutto fosse stato solo un sogno sbiadito. Il tempo era splendido, il sole illuminava il mare che ora traballava appena, come se si scusasse per la tempesta della sera prima. Dopo colazione, si stese al sole e si lasciò andare alla luce, poi, stanca di oziare, entrò in un piccolo parco lì vicino, dove trovò un tiro a segno. Ai tempi della scuola ci andava forte col fucile ad aria compressa: il primo tiro fu fuori, ma il secondo centrò il bersaglio.

Guarda, così si fa! sentì dire dietro le spalle con un marcato accento genovese. Si girò e fu sorpresa di riconoscere il ragazzo salvato dalla corrente.

Negli occhi del ragazzo passò unombra di paura: anche lui laveva riconosciuta. Benedetta capì che il padre non sapeva nulla di ieri. Sorrise rassicurante.

Vuole mostrarci come si spara davvero? propose il padre, Massimiliano, uomo alto, elegante, con una risata contagiosa. Mio figlio Matteo avrebbe bisogno di una lezione, io pure lo confesso.

Dopo il tiro a segno, finirono per passeggiare insieme, prendere un gelato al caffè sulla piazza, salire sulla ruota panoramica con le cabine cigolanti. Benedetta si aspettava che da un momento allaltro arrivasse la madre di Matteo, ma ancora nessuno si aggiungeva al duo padre-figlio. Massimiliano si rivelò così piacevole nella conversazione che, minuto dopo minuto, cresceva dentro di lei una sensazione quieta di affinità.

Da quanto è qui? chiese lui, sorseggiando acqua tonica.

Prima settimana, ancora ne ho unaltra davanti.

Scoprirono, con una piccola risata sbalordita, di abitare entrambi a Lucca. Il caso li aveva fatti incontrare lontano, come se la città non li volesse vedere insieme e il mare avesse deciso diversamente.

A volte il destino si diverte rise Massimiliano. Matteo nel frattempo si era sciolto, capendo che Benedetta non aveva intenzione di spifferare nulla sullincidente. Si salutarono tardi, padre e figlio laccompagnarono fino allalbergo promettendo di rivedersi lindomani.

Il mattino dopo, Benedetta arrivò in spiaggia per prima. Massimiliano e Matteo erano in ritardo, quasi unora. Scusaci davvero, Benedetta si affannò il padre, accomodandosi allombra di un ombrellone. Abbiamo dimenticato la sveglia rise, allargando le braccia con disarmante sincerità.

Pà, io vado in acqua! esclamò Matteo.

Ma Benedetta lo trattenne, un lampo di ansietà: Aspetta, non sai nuotare!

Il padre rise: Ma va, nuota meglio di me, sè portato a casa coppe dal campionato scolastico!

Benedetta rimase turbata, forse le era sembrato soltanto di salvarlo la sera prima. Forse era stato solo un riflesso della sua mente sfinita dal sole.

Passarono giorni incantati. Si vedevano ogni mattino, si separavano solo la sera tardi, visitavano paesini, risate e piccole complicità. Benedetta avvertiva un bisogno crescente di parlare con Matteo da sola: i suoi silenzi la intrigavano.

Loccasione arrivò. Un pomeriggio Matteo si presentò in spiaggia da solo. Scusi, papà ha la febbre, io gli ho detto che lei avrebbe badato a me ammise con un sorriso timido. Non volevo restare in camera.

Dammi il numero di tuo padre, lo chiamo per avvisarlo disse lei. Chiamò.

Grazie per guardare Matteo oggi rispose Massimiliano al telefono, la voce stanca. State tranquilli.

Dopo il bagno, Matteo si stese accanto a lei. Lei è proprio unamica, lo sa? dichiarò allimprovviso.

Perché dici così?

Grazie per non aver raccontato a papà dellincidente. Mi sono lasciato prendere dalla corrente e un po ho avuto paura.

Benedetta, con dolcezza, gli chiese: Matteo, ma tua mamma dovè? Perché siete solo voi due qui?

Matteo si perse in una lunga esitazione, ma poi scrollò le spalle. Papà, per lavoro, è spesso via cominciò. Io resto con mamma, Anna. Da fuori sembra una famiglia felice. Ma la verità è che mamma da un po di tempo ha occhi solo per se stessa.

Tempo fa, papà le disse: Mi mandano a Milano per un corso, tre settimane. Se tutto va bene torno con una promozione, magari saremo più sereni.

A Massimiliano sembrò addirittura che Anna ne fosse soulaggiata. Due giorni dopo, la madre annunciò: Matteo, oggi vengono a cena un collega mio, Roberto, con sua figlia Giovanna. Io e Roberto dobbiamo lavorare a un progetto, tu fallo giocare con Giovanna, lei ha poco più di te.

Giovanna era una ragazza già fatta, spigliata. Dopo mezzora propose: Dai, usciamo, cè la festa in piazza.

Anna le mise in mano venti euro con un sorriso: Fai il cavaliere, offrile un gelato!

Uscirono, lui impacciato e curioso. Giovanna parlava tanto, lo portò in giro; in tre settimane diventarono amici, anche se si capiva che lei faceva tutto per liberare la casa agli adulti.

Prima che il padre tornasse, Giovanna disse: Ok, ora che rientra tuo padre, smetto di fare la babysitter. Ho altro da fare. Mia madre e il mio patrigno litigano per la casa, io non ne posso più.

A Matteo sembravano parole amare, ma i fatti ormai erano chiari. Quando il padre rientrò, la tensione tra i genitori era tagliente e fredda. Una sera sentì sua madre urlare: Sì, ti tradisco da mesi. E allora?

Niente. Chiederò il divorzio. Matteo rimane con me rispose il padre pacato.

Che faccia pure. Io mi rifaccio una vita.

Matteo si chiuse in camera; ascoltava le voci come attraverso lovatta, tutto sfocato, tutto irreale. La mattina dopo, la madre raccolse le sue cose e se ne andò con leggerezza. Nessuna discussione, nessun dramma: solo porte che si chiudono.

Il padre tentò di spiegare. Papà, non serve mormorò Matteo. Ho già capito, da tempo.

I giorni seguenti, Benedetta e Matteo andarono a trovare Massimiliano, portandogli della frutta fresca. Lo trovarono di nuovo allegro; promise che il giorno dopo sarebbe tornato in spiaggia.

Dopo tre giorni, per Massimiliano e Matteo era ora di tornare a Lucca. Benedetta restava ancora due giorni sul mare, sola. Lestate, quella di sogni strani e dolce malinconia, si scioglieva nellaria di settembre. Al confine di quellestate si salutarono, promesse di rivedersi sotto un cielo di piazza Anfiteatro.

Benedetta ora sorrideva spesso, rileggeva i messaggi pieni di affetto di Massimiliano che scriveva: Mi manchi già, non vedo lora che torni. E in poco tempo andò a vivere da lui e Matteo. Sembrava che, tra tutti, fosse proprio il ragazzo quello più felice: per il padre, per sé stesso, per Benedetta.

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Sull’orlo di quest’estate: Dana, la bibliotecaria che pensava che la vita romantica fosse ormai passata, vince a sorpresa un viaggio premio sulla costa italiana e, mentre l’estate volge al termine, salva un adolescente dalle onde, stringe un’improbabile amicizia con il ragazzo e suo padre Anton, e scopre che forse non è mai troppo tardi per ricominciare ad amare.