Sull’Orlo di un’Estate Italiana Lavorando come bibliotecaria nella tranquilla cittadina di Anzio, Daria ha sempre considerato la sua vita monotona: pochi lettori in biblioteca e gran parte delle persone ormai su internet. Nel suo lavoro, riorganizzava libri e ne divorava di ogni genere—romanzi, filosofia… Ma a trent’anni, si è resa conto che i romanzi d’amore non appartenevano alla sua esistenza. Età più che giusta per pensare alla famiglia, aspetto semplice, lavoro sottopagato e nessuna voglia di cambiare. La biblioteca vedeva soprattutto universitari, qualche liceale, pensionati di passaggio. A sorpresa, un concorso regionale le ha regalato il primo premio: una vacanza di due settimane sulla costa amalfitana. “Bellissimo! Vado di sicuro,” ha annunciato a madre e migliore amica, “con il mio stipendio di certo non potrei permettermelo, ma questa è fortuna vera!” L’estate stava finendo. Daria camminava sulla spiaggia quasi deserta, mentre i pochi turisti si rifugiavano nei bar perché il mare era agitato. Al suo terzo giorno di vacanza, desiderosa di stare sola, rifletteva passeggiando sulla battigia. Improvvisamente vide un ragazzo travolto da un’onda e spinto giù dal molo. Senza esitare, lo raggiunse a nuoto: la riva era vicina, sapeva cavarsela nonostante non fosse una nuotatrice esperta. Le onde la aiutavano a trascinare il ragazzo, poi la risucchiavano, ma con tenacia riuscì a portarlo a riva. Inzuppata nel suo vestito nuovo, Daria guardò il ragazzo: sembrava quasi un adolescente di quattordici anni, alto e robusto. “Che ci facevi in mare con questa tempesta?” chiese, ma lui si limitò a ringraziare, barcollante verso il lido. Daria lo seguì con lo sguardo e tornò al suo hotel, sorridendo al mattino successivo davanti al mare ora calmo e luminoso: come se il mare chiedesse scusa per la tempesta del giorno prima. Dopo una mattinata al sole, verso sera Daria fece una passeggiata in pineta e si fermò al tiro a segno. Al primo colpo andò fuori bersaglio, al secondo centrò il punto. “Ecco come si fa, guarda figliolo,” sentì dire alle sue spalle da un uomo alto e distinto—accanto a lui, il ragazzo che aveva salvato. Rimpallando tra timidezza e gratitudine, il padre—Andrea—le propose di fare squadra per il tiro: “Ci mostra come si fa davvero? Io e Gabriele non siamo proprio degli assi, purtroppo.” Trascorsero la serata chiacchierando in un bar, gustando gelato e girando sulla ruota panoramica. La madre di Gabriele non c’era—entrambi sembravano abituati al loro duo senza aggiunte. Andrea si rivelò un ottimo interlocutore, affascinante e pieno di storie da raccontare; con ogni parola, Daria si sentiva sempre più attratta da lui. Scoprirono perfino di essere concittadini: “Che coincidenza! A Roma non ci siamo mai incrociati, e qui in vacanza sì,” disse sorridendo Andrea. Il giorno dopo, Daria arrivò per prima in spiaggia; i suoi nuovi amici tardavano. “Scusa il ritardo, Dania,” si scusò Andrea, “abbiamo clamorosamente dimenticato la sveglia!” Gabriele corse in acqua. “Aspetta, non sai nuotare bene!” gridò d’istinto Daria. Andrea rise: “Ma va, ha persino vinto gare a scuola!” I giorni scorrevano meravigliosi tra passeggiate, visite guidate e serate insieme. Daria ebbe l’occasione di parlare sola con Gabriele, che un giorno si presentò senza il padre: “Papà ha la febbre, ma io gli ho detto che ti avrei cercata in spiaggia,” le confidò. Daria chiamò Andrea per rassicurarlo. “Sto meglio, fai divertire il mio ragazzo, mi raccomando,” disse il padre. Distesi al sole, Gabriele confidò a Daria il segreto della separazione dei genitori e la sua difficoltà ad accettare la nuova realtà familiare, spiegando che preferiva rimanere con il padre. Ripresosi dalla febbre, Andrea li raggiunse e, dopo pochi giorni, la vacanza volgeva al termine. Andrea e Gabriele tornarono a Roma, Daria rimase altri due giorni. Era la fine dell’estate: si abbracciarono con la promessa di rivedersi. Andrea avrebbe aspettato Daria all’aeroporto; Gabriele sorrideva, felice. Daria tornò a casa con il cuore pieno di speranza, rileggendo i messaggi affettuosi di Andrea. Dopo poco si trasferì da lui e Gabriele, e fu il ragazzo il più entusiasta: felice per sé, per il papà e per Daria.

Sul confine di questestate

Lavorando nella biblioteca comunale di Bologna, pensavo spesso che la mia vita fosse un po monotona: ormai pochi visitatori, la maggior parte delle persone cerca quello che vuole su Internet. Cambiavo spesso la disposizione dei libri sugli scaffali, togliendo la polvere di tanto in tanto. Il vero vantaggio del mio lavoro era il privilegio di poter leggere un numero infinito di libri, di ogni tipo: romanzi rosa, saggi filosofici E solo a trentanni mi sono accorto che la famosa romanticità lavevo letta solo nei romanzi, mai vissuta di persona.

Alla mia età sarebbe tempo di pensare ad una famiglia, il mio aspetto non è particolarmente notevole, e lo stipendio modesto. Non ho mai considerato di cambiare lavoro, mi andava bene così e basta. In biblioteca si vedevano solo studenti universitari, qualche ragazzo del liceo e anziani.

Poco tempo fa cè stato un concorso professionale a livello regionale. Senza aspettarmelo ho vinto il primo premio: una vacanza di due settimane sulle coste della Liguria, tutto spesato.

Che fortuna! Ci andrò di sicuro, ho detto entusiasta a mia madre e alla mia amica, con il mio stipendio da bibliotecario non andrei certo lontano, ma ora la fortuna mi ha sorriso.

Lestate stava finendo. Camminavo lungo la spiaggia presso Sestri Levante; la spiaggia era deserta, i bagnanti si erano rifugiati nei bar perché il mare quel giorno era particolarmente mosso. Era il mio terzo giorno di vacanza e avevo desiderio di passeggiare da solo, in silenzio, riflettendo e sognando ad occhi aperti.

Improvvisamente vidi un ragazzo che, camminando sul molo, fu travolto da unonda e trascinato in acqua. Senza pensarci un attimo corsi verso di lui, era ancora vicino alla riva. Non sono mai stato un grande nuotatore, ma galleggiare ho sempre saputo. Le onde mi aiutavano a trascinare il ragazzo verso la spiaggia, poi però mi risucchiavano allindietro. Alla fine ce lho fatta: quasi toccando con i piedi a terra, con la sola idea in testa di non cadere. Finalmente siamo arrivati.

Del mio vestito elegante rimanevano solo stracci attaccati alla pelle bagnata, ma ho guardato il ragazzo ed ero stupefatto:
È solo un adolescente, sembra più grande per quanto è alto, ma avrà al massimo quattordici anni, pensai, e gli chiesi: Ma come ti è saltato in mente di buttarti in acqua con questo mare?

Lui mi ringraziò, si rialzò, barcollando, e se ne andò. Io rimasi lì, a guardargli le spalle, alzando semplicemente le sopracciglia. Il mattino seguente al mio risveglio nella pensioncina, ero sereno: il sole splendeva forte, il mare, azzurro e limpido, sembrava chiamarmi per farmi dimenticare le onde del giorno prima: come se volesse scusarsi.

Dopo colazione sono tornato in spiaggia e mi sono sdraiato al sole. Più tardi decisi di passeggiare nel parco e passando davanti ad un piccolo tiro a segno ci entrai. Da studente ero un discreto tiratore, ma la prima volta sbagliai il bersaglio, la seconda colpii il centro.
Ehi, guarda qui, Lorenzo, così si tira! sentii una voce maschile alle mie spalle. Mi voltai e, con mia sorpresa, riconobbi il ragazzo del giorno prima.

Nei suoi occhi passò un lampo di timore: anche lui mi aveva riconosciuto. Intuii subito che il padre non sapeva nulla dellincidente e sorrisi tra me e me.
Magari ci dai qualche dritta tu, intervenne amichevole il padre, un uomo alto, affascinante, con un sorriso aperto. Né io né Lorenzo abbiamo molta mira, a dire il vero.

Passammo il pomeriggio insieme, poi mangiammo un gelato al bar, salimmo insieme sulla ruota panoramica del lungomare. Allinizio pensavo che si sarebbe unita a noi la madre di Lorenzo, ma i due apparivano tranquilli, come se non aspettassero nessuno.

Il padre, che si presentò come Marco, si rivelò un ottimo compagno di chiacchiere, colto e spiritoso, e con il passare dei minuti mi piaceva sempre di più.
Da quanto tempo sei qui in vacanza? mi chiese.
Da pochi giorni. Rimango ancora una settimana.
E da dove vieni? Se posso chiederlo.
Ad un tratto scoprimmo con meraviglia di abitare nella stessa città: Bologna! Ci mettemmo tutti a ridere.
Devessere destino, non ci siamo mai incrociati in città e ora ci ritroviamo qui sorrideva Marco.

Lorenzo, scioltosi con la conversazione, aveva capito che non avevo intenzione di raccontare a suo padre dellincidente. Ci salutammo quasi a mezzanotte, loro mi scortarono fino alla pensione e ci promettemmo di rivederci la mattina seguente in spiaggia.

Arrivai in anticipo. Marco e Lorenzo si fecero attendere quasi unora.
Buongiorno! sentii la voce allegra di Marco. Scusa il ritardo, Daniela, mi disse premuroso, sedendosi accanto a me. Non ci crederai, ma ci siamo scordati di mettere la sveglia!
Papà, vado a nuotare! disse subito Lorenzo, dirigendosi verso il mare.
Ma io, distinto, lo bloccai: Aspetta, ma non sai nuotare!
Chi, lui? fece Marco, sorpreso. Lorenzo nuota benissimo, partecipa pure alle gare a scuola!
Rimasi stupito e decisi di non ribattere. Forse la mia impressione del giorno prima era stata solo unillusione

Loro alloggiavano in una pensione vicina. I giorni seguenti furono magici: ci vedevamo ogni mattina in spiaggia, rientravamo tardi, facevamo gite. Desideravo parlare a tu per tu con Lorenzo, percepivo che qualcosa lo turbava, o forse era solo una mia sensazione. Sapevo ormai che lui e il padre stavano nella pensione accanto alla mia.

Loccasione venne da sé: un giorno Lorenzo si presentò da solo in spiaggia.
Ciao! Mio papà oggi non cè, è a letto con la febbre, spiegò, ho detto che ci saresti tu a badare a me scusa se lho deciso da solo, ma non avevo voglia di restare in camera.
Mi lasci il numero di papà così lo chiamo? dettò il numero.
Pronto Marco? dissi. Non si preoccupi, baderò io a suo figlio, riposi e si rimetta presto. Poi verrò a trovarla.

Dopo il bagno, Lorenzo si sdraiò sul lettino vicino al mio e a sorpresa disse:
Sai, sei un vero amico.
Come mai dici così?
Grazie per non aver detto niente a papà su quello che è successo laltro ieri, disse arrossendo. Sono finito in acqua allimprovviso, la corrente mi ha spaventato
Ma figurati! sorrisi. Dopo un attimo chiesi: Lorenzo, e la tua mamma? Perché siete solo tu e papà in vacanza?
Fece una lunga pausa, poi, voltandomi serio, rispose con voce adulta.

Marco per lavoro viaggia spesso. Quando parte, Lorenzo resta con la madre, Martina. Da fuori, erano la famiglia perfetta. Invece la loro serenità era solo apparenza, e la colpa era di Martina.
Un giorno Marco disse alla moglie:
Mi mandano tre settimane a Milano per un corso, il capo mi ha promesso un avanzamento di carriera se mi distinguerò lo stipendio aumenterebbe parecchio.
A Marco parve quasi che la moglie fosse sollevata. Partì e Martina restò con il figlio.

Dopo un paio di giorni, Martina disse:
Lorenzo, oggi abbiamo ospiti: il mio collega Matteo e sua figlia Chiara. Dovrò lavorare con Matteo e tu tieni compagnia a Chiara, anche se è un po più grande di te.
Chiara era già una ragazzina sveglia e matura. Sedettero un po in camera, poi lei propose:
Dai, andiamo a farci un giro al parco o in centro!
Martina approvò e, porgendomi una banconota da cinquanta euro, aggiunse sorridendo:
Porta Chiara a prendere un gelato, devi fare il cavaliere!
Mi stupii, non era mai stata così generosa.

Girammo un po, mi divertii anche se era più grande di me. Così passò il tempo fino al ritorno di papà.
Poco prima di allora, Chiara mi disse:
Meno male che torna tuo padre, mi sono anche stufata di tenermi impegnata, lo faccio solo per fare un favore a mia madre e a tuo padre, almeno così si divertivano da soli rise amaramente. I miei sono divorziati da anni e litigano ancora per la casa
Mi disturbò sentir parlare così di mia madre e di suo padre. I fatti però le davano ragione. Quando papà tornò, io non stavo più nella pelle.
Dicevo tra me e me: Devo rimanere zitto? Dire tutto a mamma o raccontare tutto a papà?

In breve tempo mi accorsi che anche papà aveva capito che il loro matrimonio era finito; mamma lo trattava con freddezza. Una sera volevo confessare tutto a papà, ma prima fu lui a sentire tutto dalla viva voce di mamma, rientrando dal lavoro.
Sì, ti tradisco, e allora? urlava. Che vuoi fare?
Niente, rispose calmo papà, solo chiederò il divorzio. Lorenzo rimarrà con me ho capito che tanto a te non interessa più.
Ma per carità! rispose mamma, ho già unaltra famiglia in mente.
Mi chiusi in camera ascoltando il resto del litigio. Avevo già capito tutto.

Il sabato mattina seguente feci finta di dormire fino a tardi; sentivo mamma che preparava le valigie, papà silenzioso al computer. Mi ero già deciso: sarei rimasto con papà, quel Matteo e sua figlia non mi piacevano affatto. Sentii la porta chiudersi quando mamma se ne andò.
Papà provò a spiegarmi le ragioni della rottura, ma lo fermai:
Non cè bisogno che mi dici nulla, papà. Lo so già tutto e non mi serve altro. Ti voglio bene, staremo benissimo insieme.
Lorenzo, sei già un uomo, mi scompigliò i capelli con affetto. Se vuoi vedere tua madre, fallo, non sei tenuto a scegliere.

Per ora però non ne ho nessuna voglia. Tornando a quei giorni: dopo la spiaggia io e Lorenzo siamo andati a trovare Marco, portando con noi frutta fresca. Lo trovammo già di buonumore, e ci promise che il giorno seguente sarebbe venuto in spiaggia.

Tre giorni dopo, Marco e Lorenzo dovevano tornare a Bologna, io restavo ancora qualche giorno. Lestate era alla fine. Sul confine di questestate cerano i nostri saluti, le promesse. Marco mi promise di venire a prendermi in aeroporto, Lorenzo mi regalò il suo sorriso più felice.

Non facevo piani, ma sorridevo, leggendo e rileggendo i messaggi dolci di Marco, che già diceva di sentire la mia mancanza. Pochi mesi dopo mi trasferii da loro, e credo che il più felice fosse proprio Lorenzo: per se stesso, per suo padre, e, forse, anche un po per me.

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Sull’Orlo di un’Estate Italiana Lavorando come bibliotecaria nella tranquilla cittadina di Anzio, Daria ha sempre considerato la sua vita monotona: pochi lettori in biblioteca e gran parte delle persone ormai su internet. Nel suo lavoro, riorganizzava libri e ne divorava di ogni genere—romanzi, filosofia… Ma a trent’anni, si è resa conto che i romanzi d’amore non appartenevano alla sua esistenza. Età più che giusta per pensare alla famiglia, aspetto semplice, lavoro sottopagato e nessuna voglia di cambiare. La biblioteca vedeva soprattutto universitari, qualche liceale, pensionati di passaggio. A sorpresa, un concorso regionale le ha regalato il primo premio: una vacanza di due settimane sulla costa amalfitana. “Bellissimo! Vado di sicuro,” ha annunciato a madre e migliore amica, “con il mio stipendio di certo non potrei permettermelo, ma questa è fortuna vera!” L’estate stava finendo. Daria camminava sulla spiaggia quasi deserta, mentre i pochi turisti si rifugiavano nei bar perché il mare era agitato. Al suo terzo giorno di vacanza, desiderosa di stare sola, rifletteva passeggiando sulla battigia. Improvvisamente vide un ragazzo travolto da un’onda e spinto giù dal molo. Senza esitare, lo raggiunse a nuoto: la riva era vicina, sapeva cavarsela nonostante non fosse una nuotatrice esperta. Le onde la aiutavano a trascinare il ragazzo, poi la risucchiavano, ma con tenacia riuscì a portarlo a riva. Inzuppata nel suo vestito nuovo, Daria guardò il ragazzo: sembrava quasi un adolescente di quattordici anni, alto e robusto. “Che ci facevi in mare con questa tempesta?” chiese, ma lui si limitò a ringraziare, barcollante verso il lido. Daria lo seguì con lo sguardo e tornò al suo hotel, sorridendo al mattino successivo davanti al mare ora calmo e luminoso: come se il mare chiedesse scusa per la tempesta del giorno prima. Dopo una mattinata al sole, verso sera Daria fece una passeggiata in pineta e si fermò al tiro a segno. Al primo colpo andò fuori bersaglio, al secondo centrò il punto. “Ecco come si fa, guarda figliolo,” sentì dire alle sue spalle da un uomo alto e distinto—accanto a lui, il ragazzo che aveva salvato. Rimpallando tra timidezza e gratitudine, il padre—Andrea—le propose di fare squadra per il tiro: “Ci mostra come si fa davvero? Io e Gabriele non siamo proprio degli assi, purtroppo.” Trascorsero la serata chiacchierando in un bar, gustando gelato e girando sulla ruota panoramica. La madre di Gabriele non c’era—entrambi sembravano abituati al loro duo senza aggiunte. Andrea si rivelò un ottimo interlocutore, affascinante e pieno di storie da raccontare; con ogni parola, Daria si sentiva sempre più attratta da lui. Scoprirono perfino di essere concittadini: “Che coincidenza! A Roma non ci siamo mai incrociati, e qui in vacanza sì,” disse sorridendo Andrea. Il giorno dopo, Daria arrivò per prima in spiaggia; i suoi nuovi amici tardavano. “Scusa il ritardo, Dania,” si scusò Andrea, “abbiamo clamorosamente dimenticato la sveglia!” Gabriele corse in acqua. “Aspetta, non sai nuotare bene!” gridò d’istinto Daria. Andrea rise: “Ma va, ha persino vinto gare a scuola!” I giorni scorrevano meravigliosi tra passeggiate, visite guidate e serate insieme. Daria ebbe l’occasione di parlare sola con Gabriele, che un giorno si presentò senza il padre: “Papà ha la febbre, ma io gli ho detto che ti avrei cercata in spiaggia,” le confidò. Daria chiamò Andrea per rassicurarlo. “Sto meglio, fai divertire il mio ragazzo, mi raccomando,” disse il padre. Distesi al sole, Gabriele confidò a Daria il segreto della separazione dei genitori e la sua difficoltà ad accettare la nuova realtà familiare, spiegando che preferiva rimanere con il padre. Ripresosi dalla febbre, Andrea li raggiunse e, dopo pochi giorni, la vacanza volgeva al termine. Andrea e Gabriele tornarono a Roma, Daria rimase altri due giorni. Era la fine dell’estate: si abbracciarono con la promessa di rivedersi. Andrea avrebbe aspettato Daria all’aeroporto; Gabriele sorrideva, felice. Daria tornò a casa con il cuore pieno di speranza, rileggendo i messaggi affettuosi di Andrea. Dopo poco si trasferì da lui e Gabriele, e fu il ragazzo il più entusiasta: felice per sé, per il papà e per Daria.