Suo padre regalò un cane randagio alla figlia morente per poi partire… Al suo ritrovò l’incredibile!

Mio padre regalò un cane adottato dal canile alla mia figlia morente, poi partì in viaggio Quando tornò prima del previsto, trovò una cosa incredibile! Chiunque scopra la verità si commuove fino alle lacrime
“Papà” sussurrò appena Giulia, girando a fatica la testa, come se quel piccolo movimento le costasse una fatica infinita.
Era già da quattro lunghi mesi che giaceva nel letto dospedale. La malattia, come unombra, le aveva strisciato addosso piano piano, succhiandole via la vita giorno dopo giorno, lasciando solo un fragile contorno di quella bambina che un tempo saltellava di stanza in stanza, rideva, costruiva castelli di cuscini e credeva nei miracoli.
Ingoiai un nodo mentre dentro di me qualcosa di invisibile ma doloroso si stringeva. In quel momento in cui chiese un cane, il suo volto sembrò illuminarsi un pocome se una scintilla di speranza si fosse accesa in lei.
“Certamente, sole mio,” sussurrai, cercando di mantenere la voce ferma. “Puoi sceglierne uno come vuoi.”
Il giorno dopo, senza esitare, mi recai al canile. In una grande sala piena di gabbie con cani, il mio cuore si fermò quando ne vidi uno. Magro, bianco e nero, con occhi che riflettevano un intero universointelligenti, profondi, preoccupati ma anche dolci.
“Si chiama Stella,” disse la donna del canile. “È molto affettuosa. Specialmente con i bambini.”
“Va bene,” annuii, fissando il cane. “Serve a mia figlia.”
Quando portai Stella a casa e la feci entrare piano nella stanza di Giulia, accadde un miracolo. Mia figlia sorrise per la prima volta da settimane. Un sorriso verocaldo, vivo. Abbracciò il cane, si strinse a lei come a una consolazione vivente e sussurrò:
“Sa che sto male Papà, grazie”
Ma la vita, come sempre, non ci permise di goderci a lungo quel momento. Dopo pochi giorni, dovetti partire urgentemente per lavoro. Non potevo rimandareera tutto legato al nostro futuro. Lasciai Giulia con la mia seconda moglie, che promise di prendersi cura di lei.
“Non preoccuparti, ce la faremo,” disse con calma.
Partii con il cuore pesante, ma speravo che tutto sarebbe andato bene. Che Stella sarebbe stata con lei. Che Giulia non sarebbe rimasta sola.
Il viaggio di lavoro finì due giorni prima del previsto. Tornai a casa di sera e solo silenzio. Nessuna risata di Giulia, nessun rumore di pantofole sul pavimento, nessun trotterellare leggero di Stella che correva sempre verso di noi.
Il mio cuore si strinse. Un presentimento mi trafisse come un fulmine.
Mi precipitai nella stanza di Giuliavuota. Solo una ciotola vuota per terra e impronte di zampe che portavano alla porta.
In cucina, mia moglie. Seduta. Beveva il tè. Fredda come il ghiaccio.
“Dovè Giulia? Dovè il cane?” esplosi.
“Ho venduto quel lurido animale!” sbuffò. “Giulia è in ospedale. Con la febbre alta. E tu pensi solo a quei cani puzzolenti”
Non la ascoltai oltre.
Unora dopo, ero in ospedale. Giulia giaceva lì, pallida, con le lacrime sul viso.
“Papà, se nè andata lho chiamata ma non cera Perché?”
“La troverò, sole mio,” sussurrai, stringendole la mano. “Te lo prometto.”
Per tre giorni e due notti non dormii. Percorsi tutta la città, chiamai ogni canile, ogni veterinario, misi annunci, chiesi aiuto a sconosciuti. Avrei dato qualsiasi cosa.
E al quarto giorno, trovai Stella. Rannicchiata in un angolo del canile, tremante, come se sapesse di essere salvata. Quando aprii la gabbia, mi corse incontro come se in lei si fossero risvegliati tutti gli amori, tutte le paure, tutte le speranzee ora sapeva: eravamo di nuovo insieme.
Tornai allospedale con Stella, portandola direttamente nella stanza di Giulia. E per la prima volta dopo mesi, vidi riaccendersi una luce nei suoi occhiviva, vera.
“Lhai riportata indietro allora anchio posso tornare, vero? A casa?”
Passarono due mesi. E accadde il miracolo: Giulia cominciò a migliorare. Lentamente, ma costantemente. Il suo viso riprese colore, i suoi movimenti divennero più sicuri, la sua voce più chiara. E la matrigna? Chiedemmo il divorzio. La crudeltà non merita né famiglia né perdono.
Ora Giulia, Stella e io viviamo una nuova vita. Vera. Piena damore, fedeltà e luce.
Dopo la dimissione, Giulia non si staccava mai da Stella. Dormivano insieme, mangiavano insieme, guardavano la tv insieme. Stella sembrava capire ogni suo respiro: se Giulia stava male, le appoggiava il muso sul petto e guaiva. Se invece era felice, saltellava per la stanza come un cucciolo.
“Papà,” mi disse Giulia una volta, “ero quasi andata via allora Ma lei lei mi ha tenuta qui. Come se avesse scacciato la malattia abbaiandole contro.”
Annui in silenzio, stringendole la mano ancora più forte.
Intanto, la mia ex cominciò a chiamarmi. Prima con accuse:
“Hai rovinato la famiglia per un cane!”
Poi suppliche:
“Non sapevo fosse così grave. Volevo solo evitare disagi Torna da me.”
Ma non risposi. Non ero io a distruggere, ma lei. Quella sera in cui aveva scambiato una bambina malata per comodità e tranquillità.
Sei mesi dopo, Giulia camminava nel parco. Al guinzaglio, Stella felice accanto a lei. Io un passo indietro, per non disturbare. Allimprovviso si girò:
“Papà, possiamo portare Stella dai bambini? Che la conoscano! Lei è speciale!”
Annui, il cuore colmo di gioia. Il mio sole rideva di nuovo.
Passò un anno. Ci trasferimmo in unaltra cittàvicino al mare, al sole, allaria fresca. Iniziai a lavorare da remoto. Giulia andò a scuola, Stella divenne ufficialmente un cane da terapia: a volte la chiamavano in ospedale per altri bambini.
Una volta la sentii sussurrare a Stella:
“Lo sai, vero? Papà è il mio eroe, tu il mio miracolo. Insieme mi avete salvata.”
Mi voltai per non farle vedere le lacrime.
A volte penso che Stella non sia entrata nella nostra vita per caso. Come se fosse stata mandata dal cielo unultima possibilità. E non labbiamo sprecata.
Due anni dopo, la malattia si ritirò. Giulia si riprese, crebbe, divenne ancora più bella. I capelli folti, le guance rosee. I medici scuotevano la testa:
“Non capiamo come sia successo. Un vero miracolo.”
Ma io sapevoil miracolo si chiamava Stella.
Ora, ogni sera, quando il sole tramonta sul mare, usciamo in treio, Giulia e Stellasulla spiaggia. Giulia raccoglie conchiglie, parla della scuola, Stella corre tra le onde, abbaiando al tramonto.
A volte i passanti ci fermano:
“Che cane dolce avete. Sembra un angelo.”
E sento sempre lo sguardo caldo di mia figlialei sapeva che era il suo ang

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