Suocera contro strofinaccio e padella: quando ci ha respinti, ma ora ci invita alle sue condizioni

Suocera contro straccio e padella: una volta ci ha cacciati, ora ci invita… ma a sue condizioni

Cinque anni fa ho sposato Luca. Era una scelta matura, presa per amore e con la certezza di poter affrontare ogni difficoltà insieme. Ma ancora prima del matrimonio, quando siamo andati a comunicare i nostri piani a sua madre, la sua prima reazione è stata come un secchio d’acqua gelata:

“Non contate sul mio aiuto. E con me non ci vivrete! Sono padrona di casa e non cederò il mio posto a nessuno!”

Io e Luca ci siamo scambiati un’occhiata. Io, in particolare, ero sbalordita. Dopotutto, durante gli studi universitari, su insistenza di quella stessa donna, lui aveva lasciato casa sua per affittare un appartamento. “Così sarà più comodo per tutti”, diceva. Ed è proprio in quell’appartamento in affitto che abbiamo continuato a vivere dopo il matrimonio, risparmiando per una casa nostra.

La suocera, intanto, abitava in un grande trilocale nel centro di Firenze, ereditato dai genitori. Suo padre era morto giovane, mentre sua madre aveva vissuto con lei fino a tarda età. Mia suocera aveva divorziato quando Luca aveva sei anni. Il loro matrimonio era durato appena cinque anni. E, come mi ha confessato una volta:

“Io non sono fatta per fare la casalinga. Odio stirare, cucinare, pulire. Non sono una serva, sono una donna! Devo vivere per me stessa!”

Dopo il divorzio, era tornata nella casa dei genitori, dove tutte le faccende erano gestite dalla madre. La nonna di Luca cucinava, lavava, si occupava del nipote e della figlia, perché lei “lavorava tanto” e “faceva carriera”. Quando la nonna si è ammalata, i lavori domestici non sono mai passati a mia suocera. Lei non mollava… mai.

Poi è morto il padre di Luca. Lui era rimasto in contatto con lui. L’appartamento del padre, per testamento, era stato diviso tra mio marito e la matrigna. Fortunatamente, la donna si è schernita: ha accettato di vendere la sua parte, e io e Luca l’abbiamo comprata. Abbiamo sistemato tutto, ci siamo trasferiti e abbiamo avuto un figlio. E poi… è cominciato il dramma.

Quando Matteo aveva solo sei mesi, Luca è caduto per strada e si è rotto seriamente una gamba. La frattura era complicata. L’hanno licenziato, i soldi scarseggiavano. Io non potevo tornare a lavorare: un bimbo piccolo, un marito quasi immobilizzato, le rate del mutuo, il debito con la matrigna. Risparmiavamo su tutto. Allora Luca, riluttante, ha chiamato sua madre:

“Mamma, potremmo venire da te per un po’? Sei mesi. Intanto affittiamo il nostro appartamento, ci rimettiamo in piedi…”

La risposta è stata immediata e gelida:

“Neanche per sogno! C’è già Gisella qui con me! Lei mi aiuta in casa, fa tutto, voi sareste solo d’intralcio!”

Gisella era una cugina anziana, sola e senza figli. Viveva in campagna, ma la sua casa era andata a fuoco. Mia suocera “magnanimamente” l’aveva ospitata… purché lavasse, cucinasse e pulisse. Gisella era diventata una serva. E la suocera non si vergognava:

“Vivi a casa mia, mangi a mie spese, trovati un lavoro! Non puoi stare qui a far nulla!”

Mi dispiaceva per Gisella. Sembrava stanca e sfinita, ma non si lamentava mai. Poi, un giorno, è sparita. Dopo sei mesi, Luca mi ha raccontato:

“Ti immagini? Gisella è scappata! Ha trovato un uomo con una casa e se n’è andata senza neanche salutare.”

Eravamo felici per lei. Una donna dolce e gentile, che meritava rispetto, non urla e lavori forzati. Ma ora la suocera era sola. Chi avrebbe lavato i piatti e passato l’aspirapolvere?

E poi, improvviso, il colpo di scena: una sua telefonata.

“Va bene, venite a stare da me. Affittate pure il vostro appartamento. Ma c’è una condizione: Ilaria (cioè io) dovrà fare tutto! Pulire, cucinare, lavare, stirare. Dai, è il minimo! Vivrete gratis!”

Quando Luca mi ha riferito le sue parole, ho scoppiato a ridere.

“Gliel’hai detto che non se ne parla neanche, vero?” ho chiesto.

“Certo,” ha annuito lui. “Si è offesa. Ha detto che avrebbe assunto una domestica.”

Che assuma pure. Io e Luca lavoriamo entrambi, sono tornata dal congedo di maternità, Matteo va all’asilo. Abbiamo una casa nostra e la nostra serenità. Non diventerò la serva di una donna che è sempre scappata dalle responsabilità, ma che ha vissuto sulle spalle di sua madre.

Passano un paio di giorni, e lei richiama, con tono ingenuo: “Siete sicuri di non aver cambiato idea?”

No, non abbiamo cambiato idea. E io mi chiedo: presto andrà in pensione. I soldi per una domestica non basteranno. Chissà chi implorerà allora. O magari, finalmente, prenderà in mano lo straccio, la pentola e la scopa… e imparerà a vivere da adulta.

Vedremo.

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