Suocera e Nuora

Tiziana Morosetti rientrava a casa con la sua solita calma. Girava la chiave nella serratura quando all’improvviso udì delle voci in casa. Estranee. Si tolse le scarpe e, in punta di piedi, si diresse verso la cucina.

Quello che vide la lasciò senza fiato.

Tre ragazze ridevano allegramente intorno al tavolo. Al centro, come una regina, sedeva sua nuora, Donatella. Sul fuoco bolliva una pentola, e nell’aria si spargeva il profumo di minestrone fresco. Lo stesso che Tiziana aveva preparato quella mattina per la cena.

“Ma che spettacolo è questo?!” sbottò lei, e un silenzio tombale piombò sulla cucina.

Donatella alzò lo sguardo e sorrise con affettata dolcezza:

“Mamma, sono solo amiche. Sono venute a chiacchierare. Le ho offerto da mangiare. Il minestrone è delizioso, no?”

Tiziana osservò il tavolo senza parlare. Nei piatti delle ospiti, i resti della sua cena. Dal mobile, i piatti buoni. Dalla fruttiera, la frutta comprata per il weekend.

Donatella era in famiglia da quasi due anni. Il figlio, Fabrizio, se n’era innamorato follemente, e si erano sposati in fretta. All’inizio affittavano un appartamento, ma quando la padrona di casa decise di venderlo, si trovarono senza un posto dove andare.

“Mamma, per favore, ospitaci solo per un po’,” supplicò Fabrizio. “Troveremo presto una soluzione.”

Tiziana accettò. Ma impose subito delle regole. E dal primo giorno capì che la pace non sarebbe durata. Donatella era arrogante, irrispettosa, rispondeva con sfida. Ogni giorno portava un nuovo motivo di irritazione.

Prima le briciole lasciate sul tavolo. Poi i vestiti sparsi dappertutto. Infine, le porte sbattute.

“Perché vi hanno cacciati?” chiese Tiziana una sera, incapace di trattenersi.

“Han venduto la casa,” tagliò corto Donatella.

“Non ci credo. In questi casi danno un mese, a voi due giorni. Forse col proprietario parli come parli con me?”

Donatella sogghignò, si mise le cuffie e si girò dall’altra parte.

Il giorno dopo, Tiziana raccolse le briciole dal tavolo e le versò sul letto di Donatella. Quella esplose, iniziò a urlare. La lite fu tremenda.

Quella sera, Fabrizio tornò dal lavoro. Ascoltò la madre in silenzio e fece una sola domanda:

“Tutto questo per delle briciole?”

“Per la mancanza di rispetto!” esclamò Tiziana. “O vivete seguendo le mie regole, o preparate le valigie.”

Fabrizio promise di parlare con Donatella. Per un paio di giorni si comportò bene, poi tutto ricominciò. E poi, un improvviso cambiamento. Pulizie, silenzio, persino la composta fatta in casa.

Tiziana si insospettì. A ragione. Una settimana dopo, il figlio le annunciò:

“Mamma, diventerai nonna.”

Niente gioia, solo amarezza. Un bambino, e nessuna casa. E poi quella nuora che non sopportava.

“Ora capisco perché si è messa a fare la brava!” sbottò con Fabrizio. “Ma questo non cambia niente. Non vivrete qui. Non è ancora tempo di pensione per me.”

Il figlio tacque. Il giorno dopo, appena Tiziana uscì per andare a trovare un’amica, Donatella chiamò le amiche. Il minestrone da lei cucinato finì nei piatti.

Ma Tiziana tornò prima del previsto. E colse la “festa” sul fatto.

“Questa è casa mia, non un ristorante. Fuori di qui!” disse duramente. “E tu, Donatella, prepara le valigie.”

Donatella uscì senza fiatare. Quella sera arrivò Fabrizio. Vide la valigia della moglie accanto alla porta e in silenzio preparò anche la sua.

“Se te ne vai, non tornare più,” disse Tiziana.

Ma lui se ne andò. Per sei mesi madre e figlio non si parlarono. Solo tempo dopo Tiziana si decise a chiamarlo. Si incontrarono in un bar. Con Donatella non parlò più.

Diventò nonna, ma da lontano. E se provò rimpianti, fu solo per aver aperto la porta a quella nuora. Perché il rispetto non è qualcosa che si ottiene con la pancia. O c’è, o non c’è.

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