Suocera finge di essere malata per attirare l’attenzione

Oggi scrivo con il cuore pesante, qui nella nostra accogliente casa a Verona, affacciata sul fiume Adige. La vita con mio marito Matteo scorreva tranquilla, finché non è iniziato questo dramma familiare, dove la protagonista è mia suocera. La nostra storia è diventata una prova di pazienza e legami familiari.

Dopo il matrimonio, io e Matteo abbiamo subito preso casa nostra. I figli sono cresciuti, hanno formato le loro famiglie, e siamo rimasti solo noi due in questo ampio appartamento. Pensando che la solitudine di mia suocera, Elena Fiorentini, fosse troppo dura da sopportare, l’abbiamo invitata a vivere con noi.

“Non è una straniera,” dicevo a Matteo. “E poi ci darà una mano in casa.”

Elena si lamentava spesso di sentirsi sola nel suo appartamento vuoto, soprattutto di notte, quando il silenzio diventava insopportabile. Senza pensarci troppo, ho aperto le porte di casa nostra, convinta che avrebbe unito la famiglia.

All’inizio, tutto sembrava andare bene. Mia suocera si era lanciata nelle faccende domestiche con entusiasmo: insieme pulivamo, cucinavamo, ci scambiavamo ricette. Mi sembrava che il nostro rapporto fosse costruito su rispetto e comprensione. Elena appariva grata, e in casa regnava l’armonia.

Grazie al suo aiuto, ho avuto finalmente più tempo libero. Così sono tornata alla mia passione: il lavoro a maglia su commissione.

“Non è che faccia milioni, ma è una bella aggiunta al budget familiare,” raccontavo alle amiche, mostrando i miei lavori.

Ho persino fatto due maglioni per Elena, che li indossava con orgoglio, vantandosene con le vicine. Per due anni, non c’erano stati conflitti, e credevo di aver trovato il perfetto equilibrio.

Poi, piano piano, tutto è cambiato. Ho iniziato a notare che mia suocera cominciava a sfuggire abilmente ai suoi doveri domestici. Non rifiutava apertamente, ma i piatti rimanevano sporchi, i pavimenti impolverati, e la cena non pronta. Io, tornando dal lavoro, passavo le serate a rimediare.

“Cerco di organizzarmi,” sospiravo. “Vorrei riuscire a fare tutto: la casa, le commissioni. Ma con Elena che non collabora, tutto va a rotoli. I clienti si arrabbiano, sforo le scadenze.”

La mia passione, che mi dava gioia e qualche soldo in più, era in pericolo. Odiavo le faccende, ma ancora peggio era il senso di colpa verso chi aspettava i miei lavori. Il tempo per la maglia svaniva come neve al sole, e la stanchezza si accumulava come un peso insostenibile.

Ho provato a parlarne con Elena, a spiegare con dolcezza che avevo bisogno del suo aiuto come prima. Ma lei ha fatto finta di non capire.

“Ma io faccio tutto!” si è offesa. “Cosa vuoi di più?”

Ho suggerito di dividere i compiti in modo chiaro: mi sarei occupata io di tutto, così non avrei dovuto dipendere da lei. Invece di comprensione, però, ho ricevuto risentimento. Elena, come una bambina a cui hanno tolto il giocattolo, è corsa da Matteo a lamentarsi.

“Anna mi tratta male!” singhiozzava. “Io mi sforzo, e lei non è mai contenta!”

Matteo, senza capire, mi guardava perplesso:

“Che ti prende? Perché la prendi con mia madre?”

Provavo a spiegare, ma Elena ha trasformato tutto in un gioco. A volte “si ammalava”, lamentandosi del cuore e della debolezza, per poi “guarire” miracolosamente quando le faceva comodo. Mi sentivo in trappola: ogni volta che contavo su di lei, la storia si ripeteva.

“Ho smesso di fare affidamento su di lei,” confesso. “Organizzo tutto come se non ci fosse. Ma ho meno commissioni, i clienti se ne vanno. E questo ci danneggia tutti, perché i soldi della maglia servivano per la famiglia.”

Stranamente, non appena i guadagni sono diminuiti, Elena ha ricominciato a occuparsi delle faccende. I piatti scintillavano, i pavimenti luccicavano, la cena era pronta. Ho iniziato a sospettare che mia suocera manipolasse la situazione solo per attirare l’attenzione.

“Forse si sente sola?” mi chiedo. “Cerchiamo di starle vicino, passeggiamo nel parco, andiamo a trovare amici. Ma appena accetto una nuova commissione, ecco che ricomincia a ‘stare male’.”

Ora sono a un bivio. Elena collabora di nuovo, e potrei accettare più lavori. Ma se tutto si ripetesse? Ancora ritardi, clienti insoddisfatti, le rimostranze di Matteo?

“Non so cosa fare,” sussurro, guardando il maglione incompiuto. “Se rinuncio alle commissioni, perdiamo soldi. Ma se mi fido di lei e ricomincia con i suoi giochi, non ce la farò.”

Che devo fare? Perdonare le sue manipolazioni e rischiare? O prendere tutto nelle mie mani, sacrificando la mia passione? Forse sto drammatizzando, e mia suocera ha davvero bisogno di cure? O è solo una partita in cui sarò sempre io a perdere?

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