Nella tranquilla città di Verona, in un accogliente appartamento affacciato sull’Adige, la vita di Anna e suo marito Marco scorreva placida, finché non irruppe il dramma orchestrato dalla suocera. La loro storia racconta come le buone intenzioni si siano trasformate in una prova di pazienza e legami familiari.
Dopo il matrimonio, Anna e Marco si sistemarono subito in una casa propria. I figli, ormai grandi, avevano costruito le loro famiglie, lasciando i due sposi soli in un ampio appartamento. Convinti che la solitudine della suocera, Luisa Fortini, fosse un peso troppo grande, la invitarono a vivere con loro.
“Non è una straniera,” diceva Anna al marito. “E poi ci darà una mano in casa.”
Luisa si lamentava spesso della tristezza che provava nella sua casa vuota, soprattutto di notte, quando il silenzio diventava insopportabile. Senza pensarci due volte, Anna aprì le porte della sua casa, certa che questo avrebbe rinsaldato la famiglia.
All’inizio, tutto filò liscio. La suocera si dedicò con entusiasmo alle faccende domestiche: insieme ad Anna, pulivano, cucinavano e si scambiavano ricette. Anna sentiva che il loro rapporto si fondava sulla comprensione e sul rispetto. Luisa sembrava grata, e in casa regnava l’armonia.
Con l’aiuto della suocera, Anna ebbe più tempo libero e riprese la sua passione: lavorare a maglia su commissione.
“Non è certo una fortuna, ma è un buon contributo per le spese di casa,” raccontava alle amiche, mostrando i suoi lavori.
Le aveva persino confezionato un paio di maglioni per la suocera, che li indossava con orgoglio, sfoggiandoli alle vicine. Per due anni, non ci furono litigi, e Anna iniziò a credere di aver trovato un equilibrio perfetto.
Ma, poco a poco, tutto cambiò. Anna notò che Luisa cominciò a sottrarsi astutamente ai suoi doveri domestici. Non si rifiutava apertamente, ma i piatti restavano sporchi, i pavimenti impolverati e la cena non pronta. Tornando dal lavoro, Anna passava le serate a sistemare tutto da sola.
“Cerco di organizzarmi,” sospirava Anna. “Vorrei fare tutto: casa e commesse. Ma con lei, tutto va a rotoli. I clienti si lamentano, non rispetto le scadenze.”
La sua passione, che le dava gioia e un piccolo reddito, era in pericolo. Anna non amava le faccende domestiche, ma ancor più la opprimeva il senso di colpa verso i clienti, quando non riusciva a consegnare in tempo. Il tempo per lavorare a maglia svaniva come la neve in primavera, e la stanchezza si accumulava come un peso insostenibile.
Anna decise di parlarne con la suocera. Con delicatezza, cercò di spiegarle che aveva bisogno del suo aiuto, come prima. Ma Luisa fece finta di non capire.
“Io faccio tutto!” si indignò. “Cosa vuoi di più?”
Anna propose di dividersi i compiti in modo chiaro: lei avrebbe fatto tutto in casa, per non dipendere dalla suocera. Invece della comprensione, ottenne solo risentimento. Luisa, come una bambina a cui fosse stato tolto un giocattolo, corse a lamentarsi con Marco.
“Anna mi tratta male!” si lamentava. “Io mi impegno, e lei non è mai contenta!”
Marco, senza approfondire, guardava la moglie con perplessità:
“Che ti prende? Perché sei così dura con mamma?”
Anna cercò di spiegare, ma la suocera aveva trasformato tutto in un gioco. A volte “si ammalava,” lamentandosi del cuore e della debolezza, per poi “guarire” miracolosamente quando le faceva comodo. Anna si sentiva in trappola: ogni volta che contava sul suo aiuto, la storia si ripeteva.
“Ho smesso di fare affidamento su di lei,” ammette Anna. “Organizzo tutto come se non ci fosse. Ma le commesse sono diminuite, i clienti se ne vanno. E questo danneggia tutti, perché i soldi del lavoro a maglia servivano per le spese.”
Stranamente, appena i guadagni iniziarono a calare, Luisa riprese a occuparsi delle faccende. I piatti luccicavano, i pavimenti splendevano, la cena era pronta. Anna iniziò a sospettare che la suocera manipolasse la situazione solo per attirare l’attenzione.
“Forse si sente sola?” riflette Anna. “Cerchiamo di starle vicino, passeggiamo al parco, andiamo a trovare parenti. Ma appena accetto una nuova commessa, lei ricomincia a ‘stare male’.”
Ora Anna si trova davanti a un bivio. La suocera sta aiutando di nuovo, e potrebbe accettare più lavori. Ma se la storia si ripetesse? Nuovi ritardi, clienti insoddisfatti, le rimproveri di Marco?
“Non so cosa fare,” sussurra Anna, guardando il maglione incompiuto. “Se rifiuto le commesse, perdiamo soldi. Ma se mi fido di lei e riprende i suoi giochi, non ce la farò.”
Cosa dovrebbe fare Anna? Perdonare le manipolazioni della suocera e rischiare? O prendere tutto in mano, sacrificando la sua passione? Forse sta esagerando, e Luisa ha davvero bisogno di cure? O è solo un gioco in cui Anna sarà sempre la perdente?