Suocera in silenzio da tre mesi: siamo andati in vacanza invece di darle soldi per i lavori

Mi chiamo Chiara. Io e mio marito, Luca, viviamo in un paesino vicino a Verona, abbiamo due bambini e solo da poco ci siamo liberati dal peso del mutuo. Invece di goderci questa agognata libertà, però, siamo finiti nel bel mezzo di un dramma familiare. Mia suocera, Rosanna Bianchi, non ci rivolge la parola da tre mesi, accusandoci di aver speso i soldi per una vacanza invece che per il suo “indispensabile” rifacimento del bagno. Il suo broncio pesa sulla nostra famiglia come una nuvola nera, mentre i parenti di mio marito ci tempestano di rimproveri. Non so come uscirne, ma sento che i nostri buoni motivi affondano in mezzo a queste accuse ingiuste.

La nostra vita non è mai stata una passeggiata. Io e Luca lavoriamo sodo: abbiamo una figlia, Beatrice, che va in prima media, e un figlio, Matteo, in terza elementare. Per anni il mutuo ci ha stretto come una morsa. Niente vacanze, al massimo una gita dai miei genitori in un paese vicino. Vivono in una casetta con un giardino dove i bambini adorano passare il tempo: pescano con il nonno, mangiano i dolci della nonna, raccolgono frutti. Queste fughe erano l’unica gioia per Beatrice e Matteo mentre noi lavoravamo per estinguere il mutuo. Di viaggi veri e propri non osavamo neanche sognare.

Quest’anno, per la prima volta dopo tanto tempo, abbiamo deciso di spezzare la routine. Il mutuo era finito e avevamo messo da parte qualche soldino. Ho proposto di andare a trovare mia cugina in Sardegna. Luca ha accettato subito: «Chiara, ce lo meritiamo davvero». Abbiamo fatto le valigie, preso i bambini e siamo partiti, senza immaginare che quella vacanza sarebbe diventata una guerra familiare. Eravamo così stufi di rinunciare a tutto che volevamo solo respirare aria di mare, sentire i bambini ridere in spiaggia, ritrovare un po’ di leggerezza.

Rosanna, la suocera, ha sempre fatto capire che con i nipotini non ci sarebbe mai stata. «Ho già cresciuto tre figli, ora voglio vivere per me stessa», ha dichiarato quando è nata Beatrice. Mio marito ha un fratello e una sorella, e lei, dopo aver tirato su tre pargoli, si sentiva in dovere di godersi la pensione. Abbiamo rispettato la sua scelta senza chiedere aiuto. I nipoti li vedeva ogni qualche mese: arrivava con le caramelle, stava un’oretta e poi spariva. Non la giudicavo—due figli sono già una faticaccia, figuriamoci tre—ma la sua distanza comunque feriva.

Quattro anni fa Rosanna è andata in pensione. «Finalmente posso vivere come mi pare!», annunciò trionfante. Le sue giornate si riempirono di piscina, gite con le amiche, teatro e weekend alle terme. Viveva alla grande… ma la pensione non bastava mai. I figli la aiutavano economicamente, anche se ognuno aveva le sue preoccupazioni. La sorella di Luca si rifiutava di darle soldi, lamentandosi delle sue difficoltà. Il fratello ogni tanto le mandava qualcosina. Noi, finché c’era il mutuo, la aiutavamo con le faccende: spesa, idraulico, commissioni. I soldi non li chiedeva, sapendo delle nostre rate.

Ma appena il mutuo è stato saldato, è partita con il discorso del bagno. «Questa casa ha bisogno di una rinfrescata! Via le piastrelle antiche, fuori quel lavandino orribile», tuonò. La sua casa era perfettamente vivibile, ma per lei il restauro doveva avvenire ogni cinque anni. E la nostra? Lì sì che serviva un rifacimento, visto che non lo toccavamo da quando l’avevamo comprata. Ma Rosanna non voleva ragioni: i suoi desideri erano prioritari, e si aspettava che fossimo noi a pagare.

Non le abbiamo detto della vacanza. Perché avremmo dovuto? Niente animali, niente piante, i bambini erano con noi. Non siamo abituati a render conto dei nostri piani. Ma al mare ci ha chiamato all’improvviso, chiedendo a Luca di correre da lei per un lavoretto. «Mamma, siamo in Sardegna, non posso», rispose lui. Lei, abituata alle nostre gite dai miei genitori, si stupì: «Quando tornate?» Al sentire “fra qualche settimana”, chiese a Luca di passare da lei nel weekend. «Mamma, non siamo dai suoceri, siamo al mare!», rise lui. «Capisco», rispose gelida, e riattaccò.

Tornati a casa, ci siamo trovati davanti alla sua ira. Il giorno stesso è piombata da noi: «Come vi è passato per la testa? Nemmeno un avviso!» Luca rimase interdetto: «Mamma, cosa dovevamo dirti? Era una vacanza. Tu non ci dici dove vai!» Lei esplose: «E i soldi per il mare da dove li avete tirati fuori, se per il mio bagno mancavano?» Luca perse la pazienza: «Io non mi intrometto nei tuoi weekend alle terme. Perché non possiamo permetterci una vacanza?» Lei sbuffò: «Ingrati!», e se ne andò sbattendo la porta.

Da allora, Rosanna non risponde alle chiamate, non apre la porta, non ha nemmeno augurato buon compleanno a Matteo. Fratello e sorella di Luca ci hanno sommerso di accuse. Soprattutto la cognata, che non la aiuta mai e non la invita mai, ma è convinta che tocca a noi finanziare i suoi capricci. «Egoisti! Avete ferito mamma!», strillava al telefono. Io sono furiosa. Perché dovremmo sacrificare la nostra felicità per i suoi capricci? I miei genitori ci danno ragione: «Avete fatto bene ad andare. È la vostra vita!»

Io e Luca non ci sentiamo in colpa. Non siamo obbligati a spendere tutto per lei: abbiamo figli, sogni nostri. Ma il suo risentimento e le critiche dei parenti ci avvelenano l’esistenza. Come farle capire che non può pretendere certi sacrifici? Qualcuno ci è passato? Come fare pace senza rinunciare alle nostre ragioni? Ho paura che questo litigio possa rovinare tutto, ma arrendiarmi non voglio. Davvero non meritiamo un po’ di felicità?

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