«Suocera insiste a trasferirsi da noi, mentre offre il suo “palazzo” fatiscente»

A volte mi chiedo: come fanno certe persone ad avere la faccia tosta di pretendere con tanta insistenza ciò che è altrui, mascherando tutto con falsa premura ed età avanzata? Mia suocera è l’esempio vivente di questo tipo di persona. Si chiama Rosaria Lombardi, ha sessantasette anni, e negli ultimi due anni sta coltivando un unico sogno: cacciare me e mio marito dal nostro bilocale a Bologna e infilarsi lei stessa al nostro posto, offrendoci in cambio il suo fatiscente casolare a Castel San Pietro Terme.

All’apparenza, è una madre premurosa, una donna anziana, stanca dalla routine. Ma dietro quella maschera si nasconde un calcolo astuto. La casa che ci propina, a dirla tutta, dovrebbe essere già stata demolita. Fuori ci sono crepe nelle fondamenta, il tetto perde, le finestre sono marcite. Dentro fa freddo, c’è muffa, pavimenti sconnessi e un odore di umidità. Rosaria non ha fatto manutenzione per anni, a parte curare qualche aiuola e potare un cespuglio di ribes—ecco tutta la sua “gestione”.

Quando viene a trovarci, comincia subito dalla porta:
—Che accogliente casa la vostra! Tutto pulito, ordinato… Anch’io vorrei vivere così…
Poi, come per caso:
—Ma non ci pensate a trasferirvi? Io potrei prendermi questo appartamentino…

All’inizio tacevo. Poi ho iniziato a difendermi con battute leggere. Ma ora mi tremano le gambe al solo sguardo carico di falsa pietà: «Ah, sono vecchia, non ho più le forze… vivere in quella casa è faticoso…» E allora? Nell’appartamento i pavimenti si lavano da soli? La polvere svanisce? I muri si ridipingono magicamente? Rosaria crede davvero che un appartamento sia come un hotel con servizio di pulizia giornaliero. Non capisce (o fa finta di non capire) che io e mio marito ci abbiamo messo energie, soldi, tempo. Che nulla è “caduto dal cielo”, ma è frutto di sacrifici continui.

Abbiamo proposto una soluzione logica:
—Vendi la casa, aggiungi qualcosa e comprati un monolocale. Vivresti al caldo, senza orto, con tutti i comfort.
Ma no! Lei è convinta che la sua rovina valga come una villa di lusso—niente meno di trecentomila euro! In realtà, secondo me, a malapena arriva a metà. E quei soldi non basterebbero neanche per un bilocale decente in città. Gliel’abbiamo detto chiaro. Ma è come parlare al vento.

—Ma chi mai comprerebbe quella casa?! — ho cercato di spiegarle.
—Ha un’anima! Lì è nato il tuo Luca! Basta solo “sistemarla” un po’, — risponde lei.
Sistemare… Una casa che ti cade addosso?!

E così, ogni volta, ogni visita, è sempre la stessa storia:
—Nella vostra casa si sta così bene! Non ci ripensate?

Recentemente mio marito ha perso la pazienza:
—Mamma, non ti daremo l’appartamento. E non ci trasferiremo nella tua casa. Smettila di sperarlo.
Lei ha fatto il broncio, se n’è andata e da una settimana non chiama. Offesa. Perché, dice, suo figlio e sua nuora non vogliono “renderla felice” cedendole la casa in cui hanno messo anima e cuore?

Io sono stanca. Non capisco come si possa essere così sordi ai confini degli altri. Noi siamo una giovane coppia. Lavoriamo, facciamo progetti, forse presto vorremo anche dei figli. Dove li cresceremmo? In una casa con la stufa e crepe sul soffitto? O dovremmo investire ancora in qualcosa che andrebbe abbattuto?

Quello che mi infastidisce non è tanto la sua proposta, ma come la presenta. Come se fossimo noi gli egoisti. Come se il nostro appartamento fosse la sua salvezza, e noi dei mostri senza cuore che la escludono dal “paradiso”. Eppure, chiediamo solo di tenerci ciò che abbiamo costruito.

Ora io e mio marito evitiamo semplicemente l’argomento. Lei conosce la nostra risposta. È definitiva. Se davvero la casa le pesa tanto, venda e cerchi un appartamento alla sua portata. Ma sotto il nostro tetto non ci starà mai. Perché la nostra casa non è un premio per l’età avanzata, né un tributo alla maternità. È la nostra casa. E non la cederemo a nessuno.

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