A volte la vita prende una piega tale che il nemico in casa non è uno sconosciuto, ma una suocera dal sorriso affabile e un vassoio di polpette sospette. Mi chiamo Giulia, sono sposata da due anni e, come si suol dire, tutto andava bene tra me e mio marito… finché sua madre non ha iniziato a “riscaldare il nostro focolare” troppo spesso. E con una tale insistenza che persino il postino passava di meno rispetto a lei.
Ero in cucina a sistemare la dispensa, quando improvvisamente il campanello suona. Apro la porta. Chi altro se non Maria Rosa, la mia suocera?
“Giulietta, buongiorno! Ho preparato delle polpette! Di tonno freschissimo!” esclama trionfante, porgendomi un contenitore di plastica.
Sospirai. Io e mio marito odiavamo il pesce fin da bambini. A me lo propinavano all’asilo fino alla nausea, mentre lui, figlio di un pescatore, in adolescenza sognava branzini e orate persino nei incubi. Glielo avevamo detto. Più volte. Ma la suocera sembrava farlo apposta a ignorarci.
“Maria Rosa, noi non mangiamo pesce… Lo sa bene.”
“Ma non si butta via niente! Magari avete ospiti a cui offrirle!” rispondeva, come al solito.
Ma il problema non erano solo quelle maledette polpette. Veniva sempre più spesso. Senza avvisare. Senza bussare. Entrava come se fosse casa sua e iniziava le sue “ispezioni”:
“Oh, questo che formaggio è? Non l’ho mai assaggiato, me ne taglio un pezzetto. E prendo un po’ di salame, tanto poi vai a fare la spesa. Ah, vi ho portato del pesce, bisogna condividere, no?”
Con ogni visita, la sua avidità cresceva. Finché un giorno non si presentò non da sola, ma con un’amica. Senza avvisare. Senza chiedere.
“Siamo passate dal medico e abbiamo pensato di fermarci a scaldarci un attimo. Ci offri un caffè?”
Mentre io restavo impietrita sulla soglia, Maria Rosa frugava già nel frigo, estraendo marmellata, formaggio, biscotti, mentre l’amica si accomodava comodamente a tavola.
Mi sentivo un’estranea nella mia stessa casa. Mio marito alzava solo le spalle: “Mamma è così, è buona”. Buona? Io l’avevo vista infilarsi un’anguria sotto il cappotto. Non era più aiuto, né affetto: era un’invasione sfacciata.
E così preparai un piano. Dolce, ma efficace. Il giorno dopo chiamai la mia amica Silvia, comprammo i sushi più piccanti che trovammo e, senza preavviso, ci presentammo da Maria Rosa.
“Buongiorno! Passavamo di qui e abbiamo pensato di farvi visita! Vi abbiamo portato del sushi, assaggiatelo!” dissi sorridendo, porgendole il vassoio.
La suocera sbiancò. Odiava il sushi. L’aveva provato una volta e da allora lo chiamava “topi crudi col riso”.
“Accomodatevi pure, io intanto do un’occhiata a cosa c’è di buono da mangiare,” dissi, dirigendomi verso il suo frigo.
Tirai fuori lasagne, insalata russa, una crostata, tutto sul tavolo. Silvia rideva già senza freni.
“Maria Rosa, non è che vi dispiace, no? Vi ho portato il sushi, è giusto contraccambiare!” aggiunsi con falsa innocenza.
Maria Rosa rimase come pietrificata. Senza parole. Si vedeva che aveva capito. Capito com’è quando qualcuno si comporta da padrone in casa tua senza permesso.
Me ne andai, ringraziando per l’”accoglienza calorosa”, e promettendo di tornare presto.
Da allora tutto cambiò. Ora Maria Rosa chiama prima di venire, le visite sono rare e discrete. Ha persino iniziato a portare cose che ci piacciono davvero. E niente più pesce. A volte, con le persone, non serve litigare. Basta far loro guardare nello specchio.