Suocera più vicina di una madre: l’amara verità della mia vita

La suocera più vicina della madre naturale: l’amara verità della mia vita

La storia di come una donna è diventata mia madre, mentre l’altra è rimasta solo un nome su un documento.

Mia madre naturale ha sempre dato più importanza al suo umore, ai suoi desideri, alla sua tranquillità. Io ero in secondo piano, come un’ombra, qualcosa di obbligatorio ma senza valore. Ora si arrabbia perché non corro da lei al primo richiamo, perché con un’altra donna – come la chiama – ho un legame più stretto che con colei che mi ha dato alla luce. Ma è stata lei a renderlo così.

Fin da piccola ho vissuto con una semplice regola: non disturbare la mamma. Così in casa regnava il silenzio, senza litigi. Lei era occupata con sé stessa, con le telenovele, le amiche, un’irritazione perenne. I compiti finivano con una sberla, le conversazioni con urla di fastidio.

— Santo cielo, non ho neanche un attimo di pace! Lasciami guardare la televisione! — gridava appena aprivo bocca.

Non venne mai a una recita scolastica. A ogni colloquio con i professori seguivano rimproveri. Mia nonna mi sosteneva, e persino il mio patrigno, un estraneo, mi dimostrava più affetto. Mi aiutava con i compiti, mi iscrisse in biblioteca, si interessava davvero alla mia vita. Gli volevo bene. E quando se ne andò, piansi più di mia madre. Lei, credo, non se ne accorse nemmeno.

Da quel momento, vissimo come estranee. Io per conto mio. Lei uguale. Sì, mi dava da mangiare, mi vestiva. Ma non chiedeva come stavo, non mi abbracciava, non era curiosa di me. Avrei potuto perdermi, ma l’istinto mi ha salvata.

Dopo il liceo, mia madre si rifiutò di pagarmi gli studi. Disse: se vuoi studiare, lavora. Lavorai tanto e duramente. Accettai qualsiasi impiego senza lamentarmi. In una di quelle aziende conobbi Marco, il mio futuro marito. Ci innamorammo, organizzammo un matrimonio semplice e andammo a vivere con i suoi genitori.

Fu allora che la mia vita cambiò.

Sua madre, Maria Grazia, non era solo una brava donna. Divenne per me una vera madre. Niente drammi, niente giudizi, niente rimproveri. Mi ascoltava, mi sosteneva, mi dava consigli solo se glieli chiedevo. Non si intrometteva, ma era sempre lì.

Per la prima volta sentii quel calore. Ecco, la famiglia. Non dovevo fingere, non temevo di sbagliare. Non mi sentivo più in difesa. E cominciai a chiamarla “mamma” spontaneamente.

A mia madre naturale telefonavo una volta a settimana, giusto perché non dicesse che mi ero dimenticata di lei. Ma ogni conversazione finiva con un “sei ingrata, mi hai abbandonato”. E riagganciavo con un nodo in gola.

— È solo gelosa — diceva Maria Grazia. — Ora hai una tua famiglia. Tua madre vuole ancora che tu viva la sua vita.

In dodici anni di matrimonio, abbiamo avuto due figli meravigliosi. Ora viviamo nel nostro appartamento, mentre i suoceri si sono trasferiti in campagna. I bambini adorano andare da loro. Di contro, non vogliono mai andare da mia madre. E io e mio marito ci rechiamo da lei solo per le feste, per dovere, non per affetto.

Si offende. Mi accusa. Dice che l’ho tradita. Ma so che una vera madre non è chi ti mette al mondo, ma chi ti ama. Maria Grazia è diventata quella per me. È presente. Mi sostiene. Gioisce dei miei successi e mi conforta nei fallimenti.

Non cerco vendetta contro mia madre. No. La aiuto, come è mio dovere. Spesa, medicine, bollette. Ma il mio cuore è chiuso per lei da tempo. Troppo dolore. Troppo disinteresse che lei chiamava “educazione”.

Forse qualcuno mi giudicherà. Ma questa è la mia verità. La mia vita. E mia suocera mi è più vicina di mia madre.

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