Quella guerra durava ormai da sei anni, fin dall’inizio del loro matrimonio. Olga e Artem avevano un figlio, il piccolo Massimo di quattro anni, ma nemmeno lui era riconosciuto dai suoceri. Non lo prendevano in braccio, non chiamavano per sapere come stesse il nipote. Olga non capiva cosa avesse fatto per meritarsi un trattamento del genere. Non aveva mai dato motivo di lamentarsi: non era stata sgarbata, non aveva polemizzato, cercava sempre di essere educata. Ma la ragione era più profonda: Artem aveva sposato lei, non la ragazza che la suocera sognava come nuora.
Quella ragazza si chiamava Alessandra. Lidia Ivanovna non smetteva di ripetere che era intelligente, bellissima, figlia di genitori benestanti. «Ecco chi sarebbe stata la vera moglie per mio figlio!» diceva, senza curarsi della presenza di Olga. I parenti di lui facevano eco: «Tu, Olga, non saresti nemmeno degna di stare accanto a lei». Olga, cresciuta in una famiglia semplice in un paesino vicino a Verona, si sentiva umiliata. Le sue modeste origini erano diventate per la suocera un pretesto per insulti senza fine.
Artem sembrava non accorgersi di quel trattamento. «Non farci caso» diceva, «sono solo capricci». Ma per Olga quelle parole suonavano come un tradimento. Come poteva non vedere che sua moglie veniva insultata apertamente? Ultimamente andava sempre più spesso dai genitori da solo, tornando a notte fonda. «Questioni di famiglia» borbottava, evitando il suo sguardo. Olga sentiva crescere un muro tra loro, e la sua pazienza si sgretolava giorno dopo giorno.
La famiglia di Artem non metteva piede nella loro casa, nonostante Olga li avesse più volte invitati, nel tentativo di costruire un rapporto. Non la felicitavano neanche per il compleanno—né con una chiamata, né con un messaggio. Alle feste di famiglia invitavano solo Artem, sottolineando: «Non è un posto per estranei». Olga, che non era mai stata accettata, si sentiva un’esclusa. Il cuore le si spezzava quando Massimo le chiedeva: «Perché la nonna non vuole giocare con me?» Non sapeva cosa rispondere, lo stringeva solo a sé, nascondendo le lacrime.
La situazione diventava insopportabile. Olga iniziava a pensare sempre più spesso al divorzio. Artem non la difendeva, non cercava di mettere i genitori al loro posto. Ubbidiva alla madre come se le sue parole fossero legge. Olga si sentiva sola nel suo stesso matrimonio, e quel dolore la consumava dentro. «Se non si schiererà dalla mia parte, non potrò continuare così» pensava, guardando Massimo che dormiva.
Il Capodanno fu l’ultima goccia. Decise: se Artem fosse andato di nuovo dai genitori, lasciandoli soli, avrebbe preso le sue cose e se ne sarebbe andata per sempre. «Non permetterò più che calpestino la mia dignità» ripeteva tra sé, ma in fondo sperava che il marito avrebbe scelto lei e Massimo.
La vigilia, Artem fu evasivo come al solito. «Non ho ancora deciso come festeggiare» borbottò, evitando il suo sguardo. Olga tacque, ma la sua determinazione cresceva. Immaginava già le valigie pronte, la partenza per la casa della sorella a Firenze, dove sarebbe stata accolta con affetto. Lì nessuno la guardava dall’alto in basso, nessuno la chiamava estranea.
La sera prima di Capodanno, Artem tornò tardi. «Mia madre non sta bene, domani devo andare da loro» disse, senza guardare la moglie. Olga sentì qualcosa spezzarsi dentro. «E noi?» chiese piano. «Massimo e io non contiamo di nuovo?» Artem non rispose, e quel silenzio fu la sua condanna.
Di notte, mentre il marito dormiva, Olga rimase in cucina a guardare le luci nataliere fuori dalla finestra. I suoi pensieri si confondevano, ma una cosa era chiara: non poteva più vivere in quell’inferno. La mattina, mentre Artem si preparava per andare dai genitori, lei mise in ordine le valigie. «Dove vai?» chiese lui, notando la borsa. «Me ne vado» rispose lei, guardandolo negli occhi. «Sono stanca di essere un’estranea nella tua famiglia. Se non sai difendere me e Massimo, lo farò io da sola.»
Artem impallidì. «Olga, aspetta, parliamone» iniziò, ma lei aveva già preso Massimo per mano e si dirigeva alla porta. «Hai fatto la tua scelta» disse prima di uscire. La porta si chiuse, lasciando solo silenzio.
Olga e Massimo partirono per Firenze. I primi tempi furono duri: il dolore per il tradimento del marito e l’indifferenza della sua famiglia non passava. Ma la sorella e i suoi parenti la circondarono di affetto, e piano piano Olga ricominciò a respirare. Trovò un nuovo lavoro, affittò un appartamento e iscrisse Massimo all’asilo. La vita si riorganizzava lentamente.
Dopo sei mesi, Artem arrivò da lei. «Avevo torto» disse, abbassando lo sguardo. «Mia madre mi opprimeva, e non ho avuto il coraggio di oppormi. Voglio tornare insieme.» Olga lo guardò, ma nel suo cuore non c’era più l’amore di prima. «Mi hai tradita» rispose piano. «Non posso più fidarmi di te.» Artem se ne andò, e lei, abbracciando Massimo, capì che aveva fatto la scelta giusta. La sua nuova vita era difficile, ma non c’era più posto per l’umiliazione. Per la prima volta da anni, si sentiva libera.