La suocera che non conosceva limiti — e come è andata a finire
Arianna tornava a casa tardi — il lavoro si era prolungato, la testa le martellava e il petto le doleva per la stanchezza. Quello che non sapeva era che l’aspettava un’altra ondata di insulti e tensioni. Appena varcata la porta, riconobbe subito la voce, ormai fastidiosa, provenire dalla cucina:
— Oh, finalmente! — sbottò acidamente Raffaella, la suocera di Arianna. — È buio da ore, e tu arrivi solo adesso. Questo è il tuo lavoro? Dimenticarti di tuo marito e della casa?
— C’era un progetto urgente, ho dovuto finirlo — spiegò Arianna con calma, togliendosi il cappotto di riflesso.
— Un progetto… e intanto mio figlio muore di fame — continuò a brontolare la suocera. — Il lavandino è pieno di piatti, la casa è impolverata, e sembri uno straccio. E questa sarebbe una moglie?
Arianna annuì stanca e andò a cambiarsi. Ma, tornando in cucina, si fermò di colpo sulla porta. Dalla stanza accanto sentiva Raffaella e Lorenzo parlare. Quello che udì la lasciò a bocca aperta.
— Sai, Lorenzino, la figlia della mia amica, Beatrice, è tutta un’altra cosa. Intelligente, di buona famiglia… e, tra parentesi, ha messo gli occhi su di te — diceva la suocera con tono insinuante. — E non le importa che tu sia già sposato. Dopotutto, non è per sempre…
Ad Arianna mancò il fiato. Il sangue le salì alle guance. Come osava dire una cosa del genere? Avrebbe voluto urlare, scagliarle qualcosa, ma si limitò a entrare in bagno per non esplodere.
Qualche minuto dopo uscì, reggendosi al muro. Lorenzo le corse incontro:
— Arianna, stai bene?
— Niente, solo un po’ di stress.
— Ecco, ora si ammala pure! — intervenne Raffaella. — Sicuramente lo fa per attirare l’attenzione.
Arianna non rispose, ma la mattina dopo stava peggio. Ambulanza, ospedale, esami. Un’ora dopo, disse a Lorenzo:
— Non è niente di grave. Solo che… sono incinta. Abbiamo bisogno di calma e un po’ più di dolcezza.
Lorenzo la strinse forte, gli occhi lucidi di felicità. Ma la gioia durò poco.
Tornata a casa, Arianna scoprì che Raffaella era ancora lì. E, peggio, non aveva intenzione di tacere.
— Sei sicuro che il bambino sia tuo? — chiese la suocera al figlio con freddezza, mentre Arianna era uscita un attimo.
— Mamma, sei seria? — sbottò lui, furioso.
— Esce sempre a tutte le ore! Non vedi che ti prende in giro?
Arianna, nell’ingresso, si bloccò. Non ne poteva più. Entrò in sala e disse con fermezza:
— Basta. Non mi giustificherò più né cercherò di compiacerti. Se questa è casa tua, me ne vado. Lorenzo, decidi: resti con me o rimani qui. Ma non permetterò più che mi umilino. Diventerò madre e voglio crescere mio figlio nell’amore, non nell’odio.
— Benissimo! Che se ne vada — commentò Raffaella con tono di vittoria.
Ma Lorenzo non si mosse. La fissò come se la vedesse per la prima volta.
— Credi che abbia sopportato tutto questo per te? No, mamma. Io amo Arianna. Di te, mi dispiace solo. Hai allontanato tutti. Quattro matrimoni falliti, e con nessuno sei riuscita a convivere. E ora vuoi darmi consigli? No. Me ne vado. Costruirò la mia famiglia con Arianna. Non intrometterti nella mia vita.
Si voltò e uscì dalla stanza:
— Arianna! Dov’è la nostra borsa da viaggio?
Passò un anno. In un nuovo quartiere, lungo il viale di un parco, camminavano in tre: Lorenzo, Arianna e il piccolo Leonardo, che dormiva beatamente nella carrozzina. Vivevano in un nuovo appartamento, comprato insieme, metà ciascuno. Era dura, ma erano felici.
— Fa freddo — osservò Lorenzo. — Torniamo a casa?
— È ora. Leonardo si sveglierà presto.
Ma in quel momento, Arianna notò qualcosa di strano. Qualcuno li seguiva, nascondendosi dietro gli alberi.
— Lorenzo, c’è qualcuno che ci pedina.
Lui si fermò di colpo:
— Mamma! Basta fare la spia!
Da dietro un albero uscì Raffaella. Arianna stentò a riconoscerla. Era diversa: curva, sciupata, lo sguardo spento.
— Io… scusate. Volevo solo vedere mio nipote. Anche solo un attimo…
— Potevi venire normalmente. Sai dove abitiamo — rispose Lorenzo, secco.
— Non potevo. Mi vergognavo. Ho capito tutto… perdonatemi. Avevo torto. Arianna… non era cattiveria. Credevo davvero che avresti rovinato la sua vita. Invece…
Arianna tacque. Nella mente le risuonavano ancora le parole del passato. Ma ora, davanti a lei, non c’era più la terribile suocera, ma una donna anziana che chiedeva perdono.
— Torniamo a casa. Se vuoi, puoi venire con noi. Se Lorenzo non ha obiezioni.
— Mamma, per me va bene. Ma sia chiaro: niente rimproveri, niente intromissioni.
— Lo giuro. Voglio solo vedervi ogni tanto. Leonardo. Tutti e due. Non mi serve altro…
Questa volta Arianna non serbò rancore. Camminarono insieme. Leonardo dormiva, e Raffaella, con un sorriso timido, spingeva la carrozzina. Il passato era ormai alle spalle.
Persino i cuori di ferro possono imparare ad amare.