La suocera vuole di nuovo venirmi a trovare, ma questa volta ho detto di no. E non cambierò idea.
Pochi giorni fa mio marito ha ricominciato a insistere con la stessa vecchia storia—sua madre si sarebbe detta “morta di nostalgia” e farebbe di tutto per venire a trovarci. E lì qualcosa in me si è spezzato. La mia risposta è stata un secco “no”. Il suo unico soggiorno in sei anni di matrimonio mi è bastato e avanzato per giurarmi: mai più. Quella volta era arrivata senza preavviso, accompagnata dalla sorella, come un fulmine a ciel sereno. Allora avevo ancora trattenuto il fiato. Ora? Non succederà.
—Se vuoi vedere tua madre—prego, prendi nostra figlia e andate insieme da lei. Se preferisci, prenotale un hotel—non aprirò bocca. Ma in questa casa non metterà più piede.
Ma a quanto pare, mia suocera non vuole sentire né di hotel né tantomeno di riceverla a casa sua. No, lei vuole assolutamente entrare nel nostro appartamento. E io mi chiedo: perché questa ostinazione a sfondare una porta dove non è desiderata?
Mio marito è originario della Puglia. Ci siamo conosciuti all’università, a Milano. Prima del matrimonio divideva un monolocale con degli amici; dopo, si è trasferito da me. L’appartamento era stato comprato dai miei genitori dieci anni prima ed era intestato a me. È casa mia, ne rispondo io.
Sua madre, tra l’altro, non è certo una donna in difficoltà. Avrebbe potuto aiutare suo figlio a comprare una casa, ma invece ripete sempre: «E se vi separate? La moglie astuta se ne approfitterà! Meglio che resti da lei, più sicuro». A sua sorella, invece, la madre ha dato una mano. Barbara, seguendo il suo consiglio, ha addiritturasimulato un divorzio per ottenere un mutuo. Ora vive a Bologna, in maternità, mentre il suo “ex” paga le rate e gli alimenti. Tutti contenti.
Una volta, mia suocera ci propose persino di fare lo stesso—un finto divorzio. Le risposi gelida:
—Se divorziamo, sarà per sempre. Subito. Prendi le tue cose e vivi come ti pare, da solo.
Da quel giorno, l’argomento è chiuso. Non sono mai andata a casa sua—non ne avevo voglia. Ma tre anni fa è arrivata lei. Disse:
—Voglio vedere mia nipote almeno una volta. Con le foto non capisco proprio a chi somigli!
Accettai. Ma nessuno mi avvisò che sarebbe venuta con sua sorella. Volevano evidentemente fare un confronto approfondito. Il loro piano fallì—mia figlia è il ritratto di suo padre. Persino loro dovettero ammetterlo.
Preparai la stanza, sistemarono le valigie, giocarono con la bambina, ricevettero i regali. Poi, a tavola. Avevo tirato fuori il meglio: pollo arrosto, polpette, tre insalate, taglieri di salumi e formaggi, torta, frutta… Appena seduti, iniziò.
—Dove sono gli arancini? — chiese severa la suocera.
—Avete ancora fame? — risposi stupita.
—No, era solo per sapere…
Dopo cena, il bis:
—Mio figlio sa benissimo cosa mi piace. Non te l’ha detto, immagino?
Ricordai che mio marito mi aveva detto del loro culto per le frattaglie: fegato, rognoni, panzerotti ripieni. Io, invece, non sopporto l’odore del fegato crudo, figuriamoci cucinarlo.
Il giorno dopo uscirono per una passeggiata, e io cercai di “far contenta” la suocera—preparai rustici con prosciutto, formaggio e cavolo. Li portai in tavola.
—E quelli con le frattaglie? — sbuffò. —Lo sai che li adoro!
Spiegai che non sopportavo l’odore. Alzò gli occhi al cielo. A pranzo, nuova scenata:
—Che, il brodo senza animelle? Solo carne?! — disse con disgusto.
Persi la pazienza. Presi mia figlia e andai da mia madre. Tornai quella sera. Fu il primo vero litigio con mio marito.
Una settimana dopo, in videochiamata, sentii lei:
—Barbara è una brava ragazza. Mi accoglie sempre e cucina ciò che amo. Questa invece… niente calore, niente ospitalità.
Allora dissi a mio marito: «Si scordi di tornare qui. Varcherà quella porta, e tu volerai via con lei». E ora, dopo tre anni, ci riprova. Ma stavolta—mai. Casa mia è il mio castello. E chi non sa rispettare i confini, resterà fuori.