«Suocera vuole vivere nel nostro appartamento e ci impone il suo “palazzo” decadente»

A volte mi chiedo: come fanno certe persone ad avere l’audacia di pretendere con tanta insistenza ciò che non è loro, nascondendosi dietro false premure e l’età che avanza? Mia suocera è l’esempio vivente di questo tipo di persona. Si chiama Giulia Moretti, ha sessantasette anni, e negli ultimi due anni ha coltivato un unico sogno: cacciare me e mio marito dal nostro bilocale a Milano per ficcarcisi lei, generosamente “regalandoci” in cambio la sua decadente casa di campagna nella provincia di Bergamo.

All’apparenza, una madre premurosa, una donna anziana stanca delle fatiche domestiche. Ma dietro quella maschera si nasconde un calcolo astuto. La casa che cerca di rifilarci, a dire il vero, andrebbe demolita da un pezzo. All’esterno, crepe nel muro, il tetto perde, gli infissi marciti. Dentro, freddo, muffa, pavimenti sconnessi e un persistente odore di umidità. Giulia non ha fatto lavori lì per anni, a parte curare qualche aiuola e potare un cespuglio di rosmarino—ecco tutta la sua gestione.

Quando viene a trovarci, appena varca la soglia esordisce:
—Che accogliente casa avete! Tutto così pulito, ordinato… Vorrei vivere anch’io così…
Poi, quasi per caso:
—Ma non vi viene voglia di trasferirvi? A me piacerebbe proprio un appartamentino come il vostro…

All’inizio stavo zitta. Poi ho cominciato a ridere scherzando. Ma ora mi tremano le mani solo al pensiero del suo sguardo, carico di falsa pietà: «Ah, sono vecchia, non ho più le forze… vivere in quella casa è difficile…» E allora? Nell’appartamento i pavimenti si lavano da soli? La polvere svanisce magicamente? Le ristrutturazioni si fanno senza fatica? Giulia crede davvero che un appartamento sia come un hotel con il servizio di pulizia incluso. Non capisce (o finge di non capire) che io e mio marito investiamo energie, soldi e tempo nella nostra casa. Che niente è “caduto dal cielo”, ma è frutto di lavoro e sacrifici.

Abbiamo provato a proporle una soluzione logica:
—Vendi la casa, aggiungi qualcosina e comprati un monolocale. Vivresti al caldo, senza pensieri, con tutti i comfort.
Ma no! Lei è convinta che la sua rovina valga come una residenza agreste di lusso—niente meno di trecentomila euro! Quando in realtà, a mio calcolo, non ne varrebbe più di centocinquantamila. E quei soldi non basterebbero neanche per un monolocale decente in città. Gliel’abbiamo detto chiaro e tondo. Ma è tutto inutile.

—Ma chi mai vorrebbe quella casa?! — ho cercato di spiegare.
—Ha un’anima! Lì è nato il vostro Matteo! Basta solo un po’ di ritocchi… — risponde lei.
Ritocchi… A una casa che cade a pezzi?!

E così, ancora, ancora e ancora… Ogni visita è la stessa storia:
—Il vostro appartamento è così bello! Non ci pensate, proprio per niente?

L’altro giorno mio marito ha perso la pazienza:
—Mamma, non ti regaleremo l’appartamento. E non ci trasferiremo nella tua casa. Smettila di illuderti.
Lei ha fatto il broncio, se n’è andata e da una settimana non ci chiama. Offesa. Perché mai suo figlio e sua nuora non vogliono “renderla felice” cedendole la casa in cui hanno messo cuore e anima?

Io sono stanca. Non capisco come si possa essere così sordi ai confini altrui. Io e mio marito siamo una giovane coppia. Lavoriamo, facciamo progetti, magari presto penseremo a un figlio. Dove lo cresceremmo? In una casa con la stufa a legna e le crepe sul soffitto? O dovremmo rimetterci ancora—ma questa volta in qualcosa che andrebbe buttato giù da tempo?

Quello che mi infastidisce non è tanto la sua proposta, ma il modo in cui la presenta. Come se fossimo noi gli egoisti. Come se il nostro appartamento fosse la sua salvezza, e noi dei mostri senza cuore che le negano il “paradiso”. Eppure tutto quello che chiediamo è di poter tenere ciò che abbiamo costruito.

Ora io e mio marito abbiamo deciso di evitare semplicemente l’argomento. Lei sa la nostra risposta. È definitiva. E se davvero le pesa vivere in quella casa—che venda e cerchi un alloggio in linea con le sue possibilità. Ma sotto il nostro tetto non ci vivrà. Perché la nostra casa non è un premio all’anzianità, né un tributo alla maternità. È la nostra casa. E non la cederemo a nessuno.

A volte, dire di no non è egoismo—è semplicemente amore per se stessi. E nessun ricatto affettivo dovrebbe costringerti a rinunciarci.

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