Tardi di sera al supermercato: Storie e incontri sotto le luci al neon

A tarda notte al supermercato.

Una sera tardi, nel supermercato della città, Beatrice era seduta alla cassa, con le lacrime agli occhi, stremata dalla fatica, dallingiustizia e dalla solitudine. La notte in bianco aveva contribuito al suo malumore. Il suo vicino di casa, Luigi, noto ubriacone, stava facendo di nuovo baccano dallaltra parte del muro con i suoi amici di sbornia. Neanche la polizia riusciva più a calmarlo.

Beatrice si asciugò le lacrime e guardò intorno a sé. Un giovane affascinante, con un cappotto alla moda, si avvicinava alla sua cassa. Da un mese, quel bel ragazzo alto e bruno veniva al suo banco per pagare una pizza e un succo di frutta. “Probabilmente un solitario,” pensò. “Qualcuno avrà fortuna con un tipo così bello.”

Il cliente, con la pizza in mano, le sorrise e le porse una banconota da cinquanta euro, ma poi si corresse: “Vado a prendere degli spicci, per non disturbarla.” Pagò e uscì.

Mancava unora alla chiusura del supermercato. I pochi clienti infilavano i prodotti nei carrelli senza entusiasmo. Sbadigliando senza volerlo, Beatrice maledì in silenzio il vicino Luigi, che proprio in quel momento entrò, scarmigliato e pieno di lividi, con due bottiglie di vodka di lusso in mano. Con un sorriso beffardo, le porse un biglietto da cinquanta euro, nuovo di zecca. “Questa notte si farà la festa fino allalba,” pensò Beatrice, irritata.

“Luigi, hai derubato qualcuno?” Gli occhi birichini del vicino lampeggiarono tra i lividi. “Perché avrei dovuto rubarlo?”

Per abitudine, Beatrice controllò il biglietto alla luce, passandoci sopra le dita, ma allimprovviso “Aspetta, Luigi, cè qualcosa che non va devo controllare.” Inserì la banconota nel rilevatore e sussurrò: “Dove lhai preso? Questo biglietto è falso!”

Luigi si irrigidì come in una foto per il passaporto, stringendo le bottiglie al petto, ripensando a una preghiera dimenticata. Allimprovviso, posò in fretta lalcol sul bancone. “Controlla anche questi,” disse con speranza, porgendole altri due biglietti da cinquanta euro. “Anche questi sono falsi. Sono obbligata a chiamare la polizia!”

“Beatrice, ti giuro, li ho trovati davanti al negozio, qualcuno ha perso il portafoglio e ho preso i soldi. Non denunciarmi” supplicò lubriacone.

La cassiera godeva della sua paura, pronta a confessare lo scherzo: i biglietti erano autentici. Ma il vicino, prendendo tremila euro, si precipitò verso il cestino per disfarsi delle prove. Luigi strappò con soddisfazione i biglietti e se ne andò.

Beatrice rimase di sasso. Che cosa aveva fatto? Ma dopotutto, se lo meritava!

“Mi scusi,” disse il cliente abituale. “Ho comprato una pizza poco fa”
“Mi ricordo,” sospettò Beatrice, “senza resto.”
“Ma non è questo ha capito, ho perso il portafoglio salendo in macchina. Che testa vuota.”
“Cera molto denaro?” chiese Beatrice, pensando a Luigi.
“Non importa il denaro. Avevo annotato frettolosamente un numero di telefono importante su un biglietto. Se per caso qualcuno lo trova, può tenersi i soldi, ma mi copi il numero. Ecco il mio biglietto da visita.”
“Daccordo,” annuì Beatrice.

Lumore di Beatrice era cupo. Fino alla fine del turno, pensò a come aiutare lappassionato di pizza. Alla fine, afferrò un sacchetto e corse al cestino per svuotarlo.

A casa, indossando i guanti, cercò i pezzi dei biglietti strappati, maledicendosi per quello stupido scherzo.

“E lui, che testa vuota probabilmente è il numero di una donna,” pensò Beatrice con invidia, gli occhi arrossati dalle lacrime. Il numero fu trovato su due frammenti.

“Ma come farglielo avere? Non posso chiamare dal mio telefono, potrebbe richiamare. Cosa gli dico? Parlare dei biglietti falsi?”

Tirò fuori il biglietto da visita: Alessandro Romano, telefono aziendale e personale. Doveva chiamarlo, ma da un altro numero, o mandargli solo un messaggio. Forse poteva chiedere alla vecchia vicina il telefono? E se Alessandro richiamava e lei non capiva nulla, ma ricordava che Beatrice era passata? Cosa avrebbe pensato? Che ero io, la cassiera Beatrice, a trovare i soldi e tenerli, ma comunque a inviare il numero?

Allimprovviso le venne unidea: poteva chiedere il telefono al portiere, che poi non lavrebbe riconosciuta facilmente. E se invece ci riusciva meglio non rischiare. Beatrice si avviò verso larmadio

Poco dopo, una figura impacciata uscì dal palazzo, indossando un cappotto, una giacca di pelo, due sciarpe un foulard e un berretto. Chi avrebbe mai potuto riconoscerla? La figura si allontanò da casa sua, confondendo le tracce e guardandosi intorno Eccola, allangolo, la figura della discrezioneun asiatico perfetto per il suo piano.

Avvicinandosi al portiere, Beatrice sussurrò: “Tenga, devo fare una chiamata, il telefono è scarico.” Mostrò cinque euro. Il portiere le porse il telefono senza dire nulla. Beatrice inviò subito il numero della misteriosa donna ad Alessandro. Sollevata, ringraziò con cautela e tornò a casa.

Alessandro non riusciva a dormire. Non pensava ai soldi, ma riviveva un incontro della giornata, ricordando il momento in cui, diretto a un bar, aveva sentito: “Ehi, Ale!” Dalla porta aperta di un autobus affollato, aveva visto il suo amico Vittorio. Cinque anni senza vederlo. “Vado alla stazione. Richiamami!” Lamico aveva gridato dei numeri. Non trovando il telefono, dimenticato in ufficio, aveva annotato il numero su un biglietto, immaginando già con piacere la chiamata a Vittorio nella sua vita da single. Ma le cose non erano andate come previsto.

Per distrarsi, si concentrò su un pensiero piacevole. La cassiera Beatrice, ecco chi occupava i suoi pensieri da un mese. Ricordava i suoi capelli mossi, gli occhi azzurri come il cielo, il sorriso accogliente Era ora di conoscerla meglio. La solitudine cominciava a pesare.

Allimprovviso, ricevette una notifica di messaggio. Cera solo un numero. Di chi poteva essere? Poi capì: era quello di Vittorio! Il giorno dopo avrebbe chiamato. Se il numero era stato ritrovato, anche i soldi. Ora doveva ringraziare chi lo aveva inviato.

“Buongiorno. Grazie mille. Tenga pure i soldi, è un regalo.”

Una voce maschile, un po straniera, rispose: “REGALO? Io non capisco. Sono il portiere.” E riattaccò.

Non importava chi avesse mandato il messaggio. Il giorno dopo avrebbe condiviso la notizia con Beatrice. Ieri sera sembrava così triste, aveva avuto compassione.

Con lidea di avere finalmente una scusa per parlare con Beatrice, Alessandro si addormentò con un sorriso.

Beatrice pianse gran parte della notte, commiserandosi per la sua vita disordinata, sentendosi in pena per il povero Luigi e per lirraggiungibile Alessandro, quel distratto

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