Tatiana scopre per caso l’infedeltà di suo marito

Giulia scoprì linfedeltà del marito per caso, come spesso accade alle mogli, le ultime a sapere. Solo più tardi capì il significato degli sguardi strani dei colleghi e dei sussurri alle sue spalle. Tutti in ufficio sapevano che la sua cara amica, Lucia, aveva una relazione con suo marito, Matteo. Eppure, nulla nel comportamento di Matteo aveva mai insospettito Giulia.

Lo scoprì quella sera, tornando a casa allimprovviso. Giulia lavorava da anni come medico allospedale di Milano. Quel giorno avrebbe dovuto fare il turno di notte, ma la giovane collega, Francesca, le chiese un favore: «Giulia, potremmo scambiarci i turni? Io lavoro stasera e tu prenderai il mio posto sabato, se non hai altri impegni. Mia sorella si sposa e il matrimonio è sabato». Giulia accettò. Francesca era una ragazza gentile e disponibile, e un matrimonio era una buona ragione.

Quella sera, Giulia rientrò a casa, felice di fare una sorpresa al marito. Ma fu lei a riceverne una. Appena varcata la porta, sentì delle voci provenire dalla camera: quella di Matteo e unaltra che riconobbe subito, ma che non si aspettava in quel momento o in quelle circostanze. Era la voce della sua migliore amica, Lucia. Le parole che udì non lasciarono dubbi sulla natura della loro relazione.

Giulia uscì di casa in silenzio, così come era entrata. Passò la notte in ospedale, senza dormire. Come avrebbe fatto a guardare in faccia i colleghi? Sapevano tutto, mentre lei era stata accecata dallamore per Matteo, donandogli fiducia cieca. Lui era diventato il centro della sua vita, al punto da rinunciare al suo sogno di diventare madre, ogni volta che Matteo diceva di non essere pronto, che bisognava aspettare e godersi la vita. Ora Giulia capiva che lui non vedeva un futuro nella loro famiglia.

Quella notte, prese lunica decisione possibile. Scrisse una richiesta di congedo e poi di dimissioni, tornò a casa, raccolse le sue cose mentre Matteo era al lavoro, e corse alla stazione. Aveva ereditato una piccola casa di campagna dalla nonna e pensò che nessuno lavrebbe mai cercata lì.

In stazione, comprò una nuova SIM e gettò via la vecchia. Giulia tagliò ogni legame con la sua vita precedente e abbracciò la nuova.

Ventiquattrore dopo, scese dal treno in una stazione che conosceva bene. Lultima volta che cera stata risaliva a dieci anni prima, ai funerali della nonna. Tutto sembrava immutato: tranquillo e deserto. «Proprio quello che mi serve adesso», pensò. Raggiunse la casa della nonna dopo un breve passaggio in macchina con un vicino e venti minuti a piedi. Il giardino era così invaso da rovi che faticò ad arrivare alla porta.

Ci vollero settimane per sistemare la casa e il giardino. Non ce lavrebbe mai fatta da sola, ma i vicini, che ricordavano con affetto sua nonna, Anna, maestra per oltre quarantanni, le offrirono un aiuto prezioso. Giulia rimase colpita dallaccoglienza così calorosa e si mostrò riconoscente.

Presto si sparse la voce che nel villaggio cera un medico. Una mattina, una vicina, Maria, arrivò di corsa da Giulia, spaventata: «Giulia, scusami, ma oggi non posso aiutarti. La mia bimba ha mangiato qualcosa che non va, ha unindigestione». «Andiamo a vedere», disse Giulia, prendendo la sua borsa medica.

La piccola Sofia aveva unintossicazione alimentare. Giulia le diede le cure necessarie e spiegò a Maria come prevenirla in futuro. «Grazie mille, Giulia», disse Maria commossa. «Sei la nostra dottoressa adesso. Lospedale più vicino è a sessanta chilometri. Avevamo un infermiere, ma se nè andato e nessuno lha mai sostituito».

Da allora, i paesani iniziarono a rivolgersi a Giulia per ogni necessità medica. Non poteva rifiutare, dopo essere stata accolta e aiutata così bene dai nuovi vicini.

La notizia delle sue capacità raggiunse le autorità locali, che le offrirono un posto al centro medico del distretto. «No, rimango qui», rispose ferma Giulia. «Ma se mi affidate lambulatorio del villaggio, accetto volentieri».

Le autorità furono lusingate che una dottoressa di Milano con la sua esperienza volesse stabilirsi in un modesto ambulatorio, ma Giulia non cedette. Pochi mesi dopo, lambulatorio riaprì e lei riprese le visite.

Una sera, qualcuno bussò alla sua porta a tarda ora, cosa che non la stupì, sapendo che la malattia non rispetta gli orari. Aprì a un uomo che non conosceva. «Dottoressa Giulia», disse lui. «Vengo da Lago Nero, a quindici chilometri. Mia figlia sta molto male. Allinizio pensavo a un semplice raffreddore, ma la febbre non scende da tre giorni. La prego, venga a visitarla».

Giulia preparò in fretta la borsa, ascoltando luomo descrivere i sintomi della figlia. Arrivati a destinazione, trovò una bambina pallida e a letto, che respirava a fatica. Dopo averla visitata, Giulia dichiarò: «La situazione è grave. Deve essere ricoverata». Luomo scosse la testa: «Vivo solo con lei. Sua madre è morta poco dopo la sua nascita. È tutto ciò che ho… Non posso perderla». «Ma lospedale è attrezzato per curare una bambina così malata. Qui non ho i farmaci adatti».

«Mi dica cosa serve, lo troverò. Ma non la porti in ospedale, la prego. Cè una farmacia di turno, posso andarci, ma non ho nessuno che le stia accanto mentre sono via».

Giulia capì quanto fosse disperato. Lo osservò meglio: era alto, magro, con bei capelli castani e occhi verdi scuri pieni di determinazione. «Resterò con sua figlia», disse Giulia. «Come si chiama?» «Aurora», rispose lui dolcemente. «E io sono Luca. Grazie infinite, dottoressa».

Luca partì con la ricetta di Giulia. La febbre di Aurora non scendeva, si agitava e chiamava suo padre. Giulia la prese in braccio, cullandola e canticchiando una ninna nanna finché non si calmò un po.

Ore dopo, Luca tornò con tutto il necessario. Giulia somministrò le medicine e disse stanCon gli anni, Giulia trovò in quel piccolo villaggio non solo una nuova professione, ma anche l’amore e la famiglia che aveva sempre desiderato, vivendo finalmente in pace con se stessa e con il suo passato.

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