«Papà è vero?» la voce della figlia maggiore, Ginevra, si spezzava.
«Di che cosa?» rispose lui a bassa voce, senza osare incrociare i suoi occhi.
«Che te ne vai da noi e che quella donna aspetta un figlio da te».
Nel salotto calò un silenzio pesante. La madre, Anna, fissava il vuoto; gli occhi rossi di lacrime. Le due sorelle minori, Alessia e Mirella, si stringevano luna allaltra, cercando un appiglio nella paura.
«Sì», alla fine disse Giovanni, sospirando. «È vero. La mia vita deve andare avanti».
«Andare avanti? Con chi? Con una ragazzina della mia età? Con colei che ci umilia e deride la mamma? Come puoi farlo, papà, dopo ventidue anni di matrimonio? Dopo tutto quello che ha fatto per te?»
Lui abbassò il capo, vergognandosi, ma non abbastanza da fermarsi. Lorenzo, la giovane amante, lo avvolgeva con la sua giovinezza e i complimenti. Aveva venticinque anni, quasi quelli di sua figlia. Grossa, spavalda, rumorosa non temeva di proclamare a tutti:
«Io sono il suo futuro. Voi siete solo il passato. Fate i conti con la realtà».
Anna non rispose. Taceva, perché il cuore non aveva più forze per lottare. Dopo tutti quegli anni di amore, di notti insonni, dopo avergli dato tutto, lui se ne andò, lasciandola con il dolore e tre figli.
Passarono diversi mesi. La tensione non fece che crescere. Ginevra, che vedeva Lorenzo offendere continuamente la madre, non poté più trattenersi:
«Sei nessuno! E non sarai mai parte della nostra famiglia!»
Lorenzo alzò la voce, afferrò il telefono e cominciò a girare video, minacciando di farlo scandalizzare.
Qualche settimana dopo arrivò la citazione in tribunale: il padre aveva citato in giudizio la propria figlia per danno morale alla sua amante.
«Come hai potuto, papà?» sussurrò Ginevra, in aula, gli occhi pieni di lacrime. «Sono tua figlia ti ho sempre ammirato, mi sono vantata di te e ora mi tradisci così?»
«Dovevi rispettare Lorenzo», rispose freddo Giovanni, tenendo la mano della sua amante.
Anna sedeva ai margini, mordendosi le labbra finché non sanguinavano. Le sorelle più piccole piangevano in silenzio. Quella fu lultima volta che la videro come padre.
Accecato dal desiderio e da una falsata giovinezza, aveva perso non solo la famiglia, ma sé stesso.
Le figlie rimasero con la madre. Cresciute troppo in fretta, impararono dal proprio dolore che la vera famiglia non è sempre quella di sangue.
Gli anni passarono. Anna rimase dignitosa, anche nella solitudine. Le ragazze si fecero vita propria.
Lorenzo se ne andò. Quando ebbe strappato tutto da lui i soldi, la casa, le energie lo lasciò a mani vuote, con un bambino piccolo e senza anima.
Una sera, tornò, ormai grigio, stanco, lo sguardo di chi ha perso tutto. Sulla soglia lo attendevano le figlie. Lo fissarono a lungo, in silenzio. Nei loro occhi ribolliva la domanda a cui lui non trovò risposta:
«Come hai potuto tradirci, papà? Come hai potuto mettere un estraneo al di sopra di noi? Come hai potuto distruggere ciò che avevamo?»
Lui non rispose, solo chinò il capo. Nel silenzio tra loro rimase solo ciò che non muore: il dolore e il rimpianto tardivo.






